della Lega delle Rag~zze Tedesche, lavoratore o lavoratrice, soldato o ausiliaria delle trasmissioni negli ultimi giorni del- . la guerra e fu vittima della demagogia fascista. Per questa generazione - così si può dire in tono elogiativo - col crollo del fascismo è in realtà crollato tutto il loro mondo, ma dopo un breve periodo di disillusione e di disorientamento si è gettato pieno di slancio eccetera. Nelle lunghe, vane discussioni notturne essi ci rimangono estranei. Durante la loro infanzia, infatti, i sacchetti pieni di panini erano appesi fuori della porta di casa. Facevano gite familiari con un vero e proprio padre. Nelle ore di scuola i giovani dovevano essere duri come l'acciaio Krupp, tenaci come il cuoio e veloci come levrieri. Le ragazze dovevano essere presto madri. Queste canzoni - perché la bandiera ci guida nell'eternità, la nostra bandiera è più della morte - le avevano cantate davvero, e ancora adesso conoscono tutte le strofe. Non potremo mai superare il muro di questi ricordi. Vivendo con loro, conduciamo due vite, la loro, narrata, e la nostra, vissuta, che non coincidono. La loro vita con un tumore maligno. Sì, i nostri pugni abbatteranno tutto ciò che ci si oppone. Hanno dovuto cantare questo. Finché hanno avuto diciassette anni. Ora sono i nostri direttori, i nostri presidenti, i nostri segretari di partito, i nostri professori, i nostri ufficiali in seconda, i nostri rinomati scrittori. Dopo la guerra sono stati i nostri insegnanti diciannovenni. Nelle loro giacche a ven- ; to, avute nella prigionia americana (da quella russa tornaSTORIE/SCHUBERT rono solo più tardi) si sentivano veramente innocenti. A diciassette anni erano ancora in guerra, d'accordo, però non avevano ucciso nessuno. Ora ricostruivano la patria con un nuovo futuro. Ri-co-stru-zio-ne, ri-co-stru-zio-ne, ri0 co-struzio-ne, ri-co-stru-zio-ne, Libera Gioventù Tedesca, ri-co-struzio-ne. E sotto la giacca a vento portavano la camicia blu e i pantaloni corti, anche quando avevano le gambe già belle grosse. Per noi erano: i più esperti, i più maturi, i più responsabili. Assennati fratelli e sorelle maggiori, di cui avremmo avuto così assoluto bisogno. Ma loro erano già adulti sin dall'inizio, si buttavano nella responsabilità e nella nuova fede. In mano loro noi diventammo gli allievi. Ancora oggi loro sono i grandi. E noi ce ne stiamo ai loro piedi. Effettivamente è un po' troppo semplificato. Questo non si può dire sul serio. Dimentichi tutti i compagni di strada. In tutte le generazioni si dimenticano i compagni di strada. Quelli che non sono stati avversari e quelli che non sono stati fedelissimi. E poi ce ne sono molti che dopo la guerra sono rimasti scettici, sebbene avessero solo diciassette anni. Tanti non si sono buttati a capofitto nella nuova fede. Comunque tutti gli equivoci ~erivano solo dall'uso del pronome noi. Io non mi ci sento coinvolta. Noi, no. Ma cosa volete, per voi tutte le porte sono aperte, impegnatevi un po', ce la dovete fare, sarebbe proprio bella. Non avete più bisogno di nessuno che vi apra le porte. Dovete solo allungare la mano. 25
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