appunto educare al funzionamento pratico della giustizia in Italia e alla conoscenza dei codici, suscitano in una platea passabilmente perbenista sentimenti che oscillano tra la pietà, la derisione e il sadismo. In Pretura finisce tutto. La bega di condominio, tra l'inquilino del sesto piano e quello del quinto che litigano perché uno fa chiasso e l'altro bagna i fiori e un terzo che se la gode e scrive sulla porta di uno degli altri due "Manila, scimmietta nera" (si scoprirà che Manila è la figlia di qualcuno). Il pestaggio tra moglie e marito, che, denunciato, non si presenta neppure (e lo spettacolo ci perde perché sarebbe bello far conoscere al nostro spettatore per bene la faccia del coniuge manesco). La ricettazione di quel tale napoletano che incontra un tipo in spiaggia e gli compra una Mercedes per tre milioni, così, per amicizia e stima. La falsa medicina del guaritore bolognese, che con la pranoterapia rimedia al mal di schiena di alcune signore, che testimoniano di star meglio, ma lui, il guaritore bolognese viene ugualmente condannato per invidia dei medici ufficiali. Altri casi umani seguiranno. Senza peraltro la sorpresa di un Perry Mason che possa· salvare il malcapitato e denunciato, che non può invece che contare sulla clemenza del giudice, invece duro e inclemente. I processi sono a senso unico, finiscono sempre con la condanna e possibilmente al massimo della pena. La giustizia di Un giorno in pretura non lascia scampo: perduta gente, chi entra non esce. Lo spettacolo cresce alle spalle di mediocri vicende, con un eccesso di sadismo, che sarà nel patrimonio genetico di ciascuno di noi, ma che la televisione pubblica potrebbe darsi l'obbligo di non solleticare. Perché non educano queste vicende? Perché non sono esemplari, ma soltanto comuni, perché non aggiungono nulla ai caratteri della società italiana. L'obiettivo fisso della tv non svela misteri (ci ha provato Corrado Augias persino con il mostro di Firenze, sollecitando le telefonate anonime di possibili testimoni e magari del mostro stesso per il massimo dell'audience) e non spiega. Solo si piega: ovviamente allo spettacolo. E nello spettacolo - state attenti - potreste infine anche voi, magari per un sorpasso maldestro. Potreste finirci, perché non siete potenti e la lv-verità evita i potenti, scoprendo la propria subalternità e un populismo che sa di sinistrismo e che risulta un po' reazionario: contro i poveri naturalmente, che davanti alla telecamera sono brutti, parlano male, si vestono peggio. MUSICA IL MISTERO DELLEVOCIBULGARE Marcello Lorrai Qualche consiglio per momenti in cui si sente il bisogno dell'ascolto come di un'esperienza non fungibile, e di musiche di grande carattere. Dischi che contengono musiche molto lontane tra loro dal punto di vista formale, delle motivazioni, della' provenienza geografica, eppure tanto vicine in una adeguatezza alla contemporaneità che non ha nulla del "nuovo" in senso banale, e che anzi proprio nella superiorità al dato esteriore dell'aggiornamento trova la forza di sfidare il tempo: si tratta di musiche almeno già ampiamente storicizzabili e per lo più addirittura con dirette radici ip tradizioni antichissime (non ha quindi molta importanza che non tutti i dischi siano di uscita recentissima). E inoltre, a collegare queste indicazioni in ordine sparso c'è forse ancora la percezione di un'estetica austera, che impronta queste musiche con un'essenzialità che ha qualcosa di catartico. Addirittura ascetico è il rigore di Pandit Pran Nath, erede e maestro dello stile indiano Kirana. Ragas of Morning and Night (Gramavision) raccoglie due raga dello sviluppo di circa venticinque minuti ciascuno, registrati a New Delhi nel febbraio 1968. Nelle note annesse all'album, La Monte Young e Marian Zazeela (due dei più illustri allievi americani di Pandit Pran Nath, che ha esercitato una vasta influenza nel mondo artistico, non solo musicale), ricordano la incorruttibile riluttanza di Pran Nath a compromessi con il gusto moderno, e osservano che nello stile Kirana la lenta sezione introduttiva è considerata della massima importanza: il profano sarà più che soddisfatto di trovare nella magra (si passi l'aggettivazione alla buona) vocalità di Pran Nath una suggestione unica e di riconoscervi una grande distanza dall'immagine più facile e corrente della musica indiana. Di un'altra bella tempra di incorruttibile, Ceci! Taylor, For Olim (Soul Note) documenta una serata berlinese dell'aprile dell'86. Non sarà forse l'episodio discografico più luminoso del superbo solismo del pianista neroamericano, ma For Olim affascina proprio per il momento di introversione in cui coglie Taylor, che in una lunga improvvisazione e in una serie di pezzi più brevi o brevissimi mette a profitto le risorse di un magnifico Bosendorfer, come l'eccellente qualità della registrazione consente di apprezzare. ILCONTESTO Chi associ musica afrocubana con· esuberanza ed enfasi, ascolti Bembé di Milton Cardona (American Clavé) e resterà sorpreso dalla compostezza della voce solista, del coro e delle percussioni che si ascoltano nell'album. I ritmi sono controllatissimi, il loro effetto è tutt'altro che epidermico, la sollecitazione che producono è piuttosto cerebrale. Se l'insieme appare di solennità ieratica, la sensazione è pertinente: Bembé presenta un esempio di Santeria, cerimonia di "venerazione dei santi" che ha la propria matrice nelle pratiche religiose dei popoli del- !' Africa occidentale, in particolare degli Yoruba della Nigeria e del Dahomey; pratiche che con la tratta degli schiavi sono arrivate a Cuba, dove si sono radicate nella cultura afroispanica in rapporto sincretistico (ma solo apparente, avverte l'estensore delle informazioni che accompagnano l'album) con il credo e il folclore cattolico. Dai Caraibi, in questo secolo la migrazione cubana le ha trapiantate a New York, dove sono state accolte da neri, bianchi, portoricani e latini di altra origine e dove prosperano nel cuore della metropoli: guida del rito, si noti che Cardona, devoto del culto, è un percussionista di spicco nel panorama della musica latina odierna, richiesto sia nell'ambito della salsa che dell'avantgarde musicalmente promiscua e intellettuale. "Hot Bulgar", ha intitolato con affettuosa irriverenza "New Musical Express" di qualche settimana fa una delle classifiche 21
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