CONFRONTI DONNEDELFUTURO Marisa Caramella "Ecce ancilla Domini", pare abbia detto l'interessata al momento del concepimento, in uno dei più famosi casi di inseminazione innaturale, se non proprio artificiale, che la storia ricordi. Nel finale de Il racconto dell'ancella (Mondadori, pp.313, L. 24.000), l'ultimo romanzo di Margaret Atwood; veniamo a sapere che il titolo si rifà a uno dei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, ma nonostante questa precisazione resta evidente il riferimento biblico, volontario o involontario che sia. E non è l'unico, nel libro. Per illustrare il punto centrale del racconto, la Atwood fa ricorso all'antico mito di Rachele e Bilha, e se nel primo episodio, nell'Annunciazione, si tratta di inseminazione miracolosa e "controllata" da Dio in persona, nel seconqo l'espediente ideato da Rachele per dare un figlio a Giacobbe presenta caratteristiche e fini meno spirituali e più utilitaristici. Viene poi, a questo proposito, da ricordare un terzo episodio, del Vecchio Testamento, l'alleanza tra Noemi e Ruth, suocera e nuora, di tipo squisitamente politico, basata sulla reciproca convenienza, anche materiale, e su una solidarietà che permetterà all'anziana Noemi di "avere un figlio" tramite la giovane nuora, e che andrà oltre la nascita del bambino, facendo delle due donne altrettante figure emblematiche che il femminismo moderno cita spesso come esempio di rapporto vantaggioso tra donne. Nel racconto della Atwood: però, le protagoniste hanno ben altro tipo di relazione, e si trovano a vivere in un contesto sociale ben diverso. Siamo in un prossimo futuro, nello stato totalitario e teocratico di Galaad, sorto dalle ceneri della repubblica statunitense, dopo un periodo di degenerazione sociale ed ecologica seguito da un colpo di stato maschile che ha come scopo l'assoggettamento di tutte le donne e in particolare delle pochissime rimaste feconde in un ambiente ormai saturo di veleni. Le donne sono divise in categorie rigidamente controllate: mogli, riproduttrici, aguzzine e domestiche. Mancano, ufficialmente, le puttane, per ristabilire la stratificazione sociale a cui siamo abituate e che non ha niente di fantascientifico: ma, come si vedrà, esistono, anche se la loro presenza e funzione non è riconosciuta, anzi è assolutamente clandestina. Le ribelli, le piantagrane, le vecchie incapaci di lavorare finiscono nelle colonie In alto: Margaret Atwood; in basso: Patrlcia Hlghsmith. IL CONTESTO dell'impero o vengono messe a morte. Ovviamente da questo stato di immane oppressione non possono che scaturire meccanismi di rivalità, odio e sospetto tra le donne medesime. Soprattutto tra le mogli e le ancelle (le riproduttrici), costrette non solo a vivere insieme nella casa del maschio fortunato e potente (ahimé, soltanto a livello sociale e politico, il più delle volte), ma anche a far l'amore in tre. Se far l'amore si può chiamare l'atto asettico con cui il maschio ridotto allo stremo dalle stesse cause che hanno reso sterile la maggior parte delle donne, deve inseminare l'ancella che giace tra le braccia della moglie. Le pagine che descrivono questa pratica sono davvero agghiaccianti, e tra le più convincenti del romanzo, che per il resto abbonda di particolari dal significato metaforico più o meno interessante. La Atwood esagera con i messaggi infilati tra le righe del racconto, trasformando quella che poteva essere una metafora globale della situazione esistente in un elenco di soprusi organizzati infiorettati di riflessioni slegate e prive di un sostegno ideologico di fondo. Checché ne dicano i critici, per scrivere un 1984 al femminile, la scrittrice canadese avrebbe dovuto attingere a qualità visionarie e immaginative che non possiede. L'unico messaggio politico chiaro sembra essere quello, non nuovo, che repressione e soprusi non sempre generano rivolta, più spesso sono causa di divisione tra gli oppressi, o le oppresse, in questo caso. Esiste sì un movimento di liberazione clandestino, del quale però fanno parte anche gli uomini. E se da una parte a Galaad l'omosessualità maschile è punita con la morte, di quella femminile si fa parola solo come corollario della natura sadica delle "Zie", le aguzzine, le Kapò di stato. Non si pensa nemmeno di prospettarla non dico come soluzione politica, ma almeno come naturale sbocco sessuale di una situazione così totalmente repressiva. E l'atteggiamento contraddittorio delle donne che, anche quando oppresse in modo insopportabile dall'uomo, non riescono a identificare nel potere maschile il nemico e si lasciano fuorviare da considerazioni che con il politico hanno poco a che fare, evidenziato dalla Atwood, non viene però approfondito con sufficiente problematicità. La Atwood non è nuova a questo genere di scrittura, anche se è la prima volta che si cimenta con la fantascienza vera e propria. "Fantascientifici", grotteschi, eccessivi,emblematici, e, bisogna dirlo, alquanto irri13
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