ogni volta che si parla dell'Urss. Deve però trattarsi di una ridefinizione non ideologica e non astratta, che sappia calare anche il tema, certo non superato, della libertà nel concreto contesto storico che le è proprio, e che certo non è quello ottocentesco su cui ancora si continua, per malafede o per inadeguatezza, a far riferimento. Lo sforzo concettuale che è necessario per comprendere l'Urss odierna (e che può partire proprio dalla Russia di Gorbaciov poiché si tratta del fenomeno di gran lunga più importante, in prospettiva, di tutto questo decennio) è di rinnovare completamente l'approccio e il lessico dello scontro ormai consegnato alla storia tra liberalismo e marxismo. Non è certo un processo rapido né semplice: ma per aver luogo esso deve disporre di un habitat adeguato, e cioè di un atteggiamento mentale che sembra a prima vista di difficile reperimento. Il recupero, convinto e senza vergogna, di valori, ragionamenti, analisi che hanno fatto il loro tempo negli anni Cinquanta e Sessanta e che proprio alla fine di quei decenni furono messi fortemente in discussione, non è certo un segnale favorevole. La grandezza di Gorbaciov, la sua statura intellettuale e istituzionale, sta in gran parte nella consapevolezza della complessità dei problemi sul tappeto e nella sfida a tentare di risolverli anche quando sembrano apparire, a prima vista, irrisolubili. Il suo limite è nella realtà stessa, nel modo in cui può e vuole rispondere a questi problemi, nella dialettica che ha luogo tra il suo potere, quello altrui e le dinamiche sociali che sono in movimento. È questo approccio "realistico" ma al tempo stesso testardo e determinato a non abbandonare i Foto di Roberto Koch/ Contrasto/Grazia Neri. DISCUSSIONE/FLORU principi che permette con qualche ragione di trovare più in Lenin che in qualsiasi altro leader del passato un punto di riferimento al suo comportamento. Certo a Gorbaciov manca il carisma di artefice della rivoluzione che portava Vladimir Ilic ad essereconvinto, quasi sempre con ragione, di poter portare sulle sue posizioni tutto il partito; egli ha come avversario, al contrario, un coacervo di interessi ben consolidati e ramificati perlomeno nell'ultimo trentennio. Anche a prendere in esame solo le questioni e gli avvenimenti che i giornali occidentali riportano con maggiore evidenza, ci si rende conto di quanto sia facile una immediata risposta ideologica (fondata sul cliché concettuale del passato) e di come' possa essere invece anche intellettualmente entusiasmante e difficile affrontare in tutta la complessa e sfaccettata realtà quello che avviene. Lo scontro etniconazionale tra armeni e azeri, per esempio, ha tante valenze (culturali, religiose, storiche, giuridiche, di controllo dell'ordine pubblico e di salvaguardia fisica della gente, di rispètto del diritto e delle aspettative maturate, di logiche maggioritarie, centralistiche, autonomistiche) che nessuno, onestamente, potrebbe dirsi disposto a collegare insieme in modo soddisfacente. E son tutte valenze che in qualche modo, anche se con minore evidenza e drammaticità, fanno parte dei problemi delle società occidentali. E che dire poi dei temi economici (incentivi produttivi o egualitarismo salariale, autonomia gestionale e prospettive di licenziamenti, miglioramenti distributivi e fine dei prezzi politici e controllati, mobilità sociale e colonizzazione delle terre nord-orientali) o di quelli politici (riabilitazioni e condanne, identità e rotture rispetto alla storia passata e recente, pluralismo e necessità di stroncare i nemici della riforma, coscienza collettiva e dirigismo, opinione pubblica e libertà di organizzazione anche per le tendenze più irrazionali e reazionarie, decisionismo e conformismo politico, corruzione e culto della personalità)? Che si riesca a parlare senza troppi dubbi e interrogativi su tutta questa schiera di questioni, e ci si entusiasmi per cose risapute e rifritte come i rapporti di Togliatti con Stalin, è un preoccupante segnale del più generale livello di comprensione della realtà che si sta affermando in questo scorcio finale di millennio. Problemi che la rivoluzione del '17 ha messo drammaticamente in evidenza e che sono rimasti irrisolti (la mancanza effettiva e l'improponibilità storica di un progetto razional-riformista, la necessaria dialettica tra decisionismo giacobino e comportamento "irrazionale" delle masse, il rapporto tra esigenze materiali e immediate e i grandi progetti di giustizia e trasformazione sociale) sono adesso intrecciati nella Russia di Gorbaciov con gran parte dei problemi tipici delle democrazie unidimensionali più o meno postindustrializzate. Capire l'Urss è quindi anche, in gran parte, capire noi stessi. Ma se manca, come sembra, una volontà di trasformazione, anche la comprensione non può allora che seguire pigramente gli schemi inutili ma consolidati che appartengono al passato. Il
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