Linea d'ombra - anno VI - n. 26 - aprile 1988

IN CERCADI ASSOLUZIONE Sadegh Hedayat S offiava un vento infocato che buttava sui volti dei viaggiatori un misto di polvere e di sabbia surriscaldate. Sotto il sole che ardeva, sembrava che tutto stesse per fondersi. Vibrava solo, nell'aria, il tintinnio monotono dei campanacci di rame e di ferro che regolava il passo dei cammelli. Il collo degli animali oscillava. Dai musi infrognati e dalle pendule labbra, la scoritentezza che sentivano per la loro sorte era evidente. La carovana avanzava lentamente sollevando lungo la pista una nuvola di polvere. Il paesaggio era un deserto grigiastro, privo d'acqua e· vegetazione, con la sabbia che ondeggiava all'infinito in curve leggere che s'aggruppavano· a tratti in piccoli mucchi, da una parte e dall'altra parte della strada. Si facevano chilometri e chilometri senza che una sola palma modificasse il panorama. Famiglie di insetti si erano insediate nei rari punti in cui un po' d'acqua dormiva rannicchiata in un fosso. L'aria bruciava, fino a un punto in cui neppure si osa più respirare, come ci si trovasse dinnanzi alle porte dell'inferno. La carovana era in marcia da ormai trentasei giorni. Le bocche erano secche, i corpi doloranti, le tasche vuote. Il denaro dei viaggiatori era evaporato come neve al sole dell' Arabia. Ma poi il capo dei mulattieri era infine salito in cima alla "collina della salvezza", meritandosi la riconoscenza dei pellegrini; ed erano comparsi i minareti d'oro, mentre ognuno si diffondeva in benedizioni invocando i nomi del Profeta e dei suoi discendenti. Soltanto allora sembrò che una nuova vita nascesse nei corpi sfiniti. Galina Khanum e Aziz Aghiì, coi loro veli leggeri intrisi di polvere giallastra, erano state sbatacchiate in un carro sin da quando la carovana era passata da Ghazvin. Ogni giorno era sembrato lungo un anno. Aziz Aghiì era stremata e dolorante, ma tuttavia diceva a se stessa: "È bene così, poiché soffro per un pellegrinaggio". Un arabo scalzo, il volto nero e impudente ornato di un pizzetto, una spessa catena in mano, frustava i garretti insanguinati di un mulo. Di tanto in tanto si voltava a scrutare il volto dell'una o dell'altra donna. L'uomo che era venuto con loro, Mashdi Rameziìn Ali, era seduto con Hos~eyn Agha, il genero di Aziz, in un altro carro, e contava con cura il suo denaro. Galina Khanum, pallidissima, scostò la tenda che separava i due posti a sedere. Scosse la testa, rivolta ad Aziz: - Quando ho visto da lontano il minareto, la mia anima si è sentita sollevata. Povera Shiìbiìdji, il suo destino non ha voluto che arrivasse fin qui!. .. Aziz Agha si faceva vento con la mano coperta di tatuaggi: - Che Dio l'assolva da tutti i suoi peccati, rispose. Dite quel che volete, era una benefattrice. Ma come è accaduto che rimanesse paralizzata? - Litigava sempre col marito, e avevano finito per divorziare. Un giorno aveva mangiato condimenti a base di cipolla, e il male è venuto di lì: la mattina dopo metà del corpo 64 era paralizzata. Non servì nessuna cura, niente. Avevo deciso di portarla in pellegrinaggio, pensando che l'Imam potesse guarirla. - Le saranno certo state fatali le scosse della strada. - Ormai la sua anima è salita in cielo. Un pellegrino, lo sapete, è assolto nel momento in cui fa voto di partire, anche se muore lungo la strada. - Ogni volta che vedo le bare dei credenti portate in terra santa, tutto il mio corpo si mette a tremare. Adesso non mi resta che recarmi al sacro recinto, vicino al catafalco del .Santo, confessare i miei peccati, e poi comprare un sudario e morire. - La notte scorsa ho sognato Shabiìdjii. Che Dio vi protegga, nel segno c'eravate anche voi. Passeggiavamo in un grande giardino tutto verde. Un discendente del Profeta, coperto da uno scialle verde, da un turbante verde, da un caffetano verde, da sandali verdi, si avvicinò e disse: "Siate le benvenute, portate con voi la grazia". Poi, indicando col dito un grande edificio verde, ha aggiunto: "Andate a riposarvi". Ed è a questo punto che mi sono svegliata. - Che la sua felicità non abbia fine! L a carovana avanzava ora con grande frastuono. L'apriva un uomo che cantava: Si faccia avanti chi aspira a Kerbela, Si faccia avanti chi vuole accompagnarci. Un altro rispondeva: Felice colui che aspira a Kerbela Felice colui che vuole accompagnarci. Il primo cantò di nuovo: È a Kerbela che si riacquistano i sensi E sempre si sente il pianto di Zenobia. Il primo cantore, brandendo il suo stendardo, gridava: Che la lingua di chi non canta queste parole possa venir tagliata: Benedetto l'Amico di Dio, l'ultimo dei Profeti! Benedetti gli undici figli di Ali, genero del Profeta! Sia benedetto ciascuno di loro: Belli come la luna sono i loro volti! " E alla fine di ogni versetto i pellegrini benedicevano in coro il Profeta ~ la sua discendenza. Apparve ben presto un'imponente cupola dorata, circondata da minareti, e, in simmetria, un'altra cupola, questa azzurra, che si stagliava come una toppa nuova su un vestito accomodato alla meno peggio sullo sfondo di case in terra e paglia battute. Il sole stava per tramontare quando la carovana si infilò in una strada fiancheggiata da mura in rovina e da piccole botteghe. E lì c'era in massa gente d'ogni sorta: Arabi con in testa il fez snocciolavano frasi in cui l'idiozia e la furbizia gareggiavano fra loro; più in là, loschi individui dall'aspetto di truffatori, turbante in testa, barba e unghie all'hénné e cranio rasato, sgranavano rosari e si aggiravano in sandali, coperti soltanto da calzoni leggeri e carni-

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