STORII/SCHIAYO "Non c'era in Sicilia un ricordo veramente spaventoso della guerra. Non avevamo subito le prove peggiori, eppure si sentiva nell'aria l'oscuro terrore che quel mostro potesse tornare. '' dicevano la nostra partenza. Viaggiammo molto comodamente in prima classe. Erano con noi un senatore e sua moglie che, partecipando anch'essi al congresso, avevano assunto nei confronti di noi ragazzine, con molta semplicità, il ruolo di accompagnatori. L'ironia del destino (che non notai subito) volle che in quel viaggio mi trovassi seduta di fronte a un militare. Un colonnello, credo, che a differenza del senatore amava molto parlare ed istruire due ragazze inesperte che per la prima volta attraversavano lo stretto. E così in compagnia di quel colonnello in divisa, dai capelli lucidi e ben pettinati, uomo loquace e buon pedagogo, che sosteneva che la pace si conserva solo con le armi, viaggiammo verso il Congresso in cui si sarebbe parlato di disarmo. Ma l'entusiasmo e'ra tale che quell'incontro non sembrò in contraddizione con il nostro viaggio. Non lo disturbò. In fondo, la curiosità giovanile, l'avidità di conoscere giovanile è più saggia, si impossessa di tutto quello che incontra senza pregiudizi, o quasi, e di esso, dal momento che esiste, coglie, a volte giustamente, nel solo esistere la sua unica ragion d'essere. Firenze ci accolse in un modo che mi ritorna confuso nella mente. Ricordo, tuttavia, il primo impatto della mia idealità adolescenziale con questa città. Non so per quale motivo, ci fermammo nella sala di attesa. Erano le cinque, forse le sei del mattino, e forse gli adulti ci avevano detto di aspettar lì mentre si occupavano della parte organizzativa. A pochi passi da me una donna enorme, rossa in viso, alzal'ldo:il grosso sedere, fece rimbombare una sonora scorreggia. Sembrava piuttosto soddisfatta e per nulla intimidita dal fracasso da lei stessa prodotto, ma poi forse cogliendo il mio sguardo, tra meravigliato e disgustato, "Scusi,neh!" mi gridò. Ma quell'impro':'viso ritorno di buone maniere non sembrò troppo credibile. Mi pareva, anzi, che si burlasse ancora di più di me, con quella faccia paonazza, che forse preparava altre sorprese; Fu il primo sussulto scatologico della città. Non ero ancora molto consapevole di quello che sentivo, ma studiavo proprio quell'anno l'Inferno di Dante, e oscuramente quella scena brutale me lo ricordava. Non sapevo ancora che le stazioni delle città, le sale d'attesa di notte, al mattino presto, possono dare facilmente l'impressione di un cerchio di dannati. Fui sottratta abbastanza in fretta alla vista della scorreggiatrice ammicante. Fu solo un baleno, un attimo, ma insieme all'incontro col militare che aveva fede nelle armi, bastò a significarmi confusamente quanto la pace fosse uno stato non facile. Sembrava quasi la condizione di un altro mondo, come testimoniava del resto il sorriso beato della mia Protettrice palermitana, che me ne aveva affidato il messaggio per la città di Firenze. Ma non durò a lungo quella sensazione di mondo decaduto. In pochi minuti arrivammo ad un albergo, che a me sembrò bellissimo, e che sicuramente doveva esserlo. Un Hotel Ambasciatori mi risuona nella mente, ma potrebbe anche trattarsi di un inganno della memoria. Non fu un inganno, invece, l'accoglienza dei compìti inservienti, la folla dei convenuti, che mi sembrò bella e varia nella sua compostezza, nella semplicità quasi dimessa degli abiti del dopoguerra. Eravamo di nuovo entrati nel mondo della pace, che il sorriso beato della mia Protettrice palermitana mi aveva tante volte annunciato. Anzi, a Firenze, in mezzo a tutta quella folla dove spiccavano folte capigliature bianche, visi sconosciuti dallo sguardo grave e intelligente, mi sembrò che l'attività delle Amiche della Pace si riequilibrasse, 'perdendo quell'aria un po' troppo personale, quel sospetto di mania che laggiù circondava l'opera della mia Protettrice. Fui conquistata dall'idealità che mi sembrò di percepire in quell'assemblea così importante. Fu, dopo l'incontro alfa stazione centrale, una specie d'ingresso in un paradiso laico. Se mai può esistere. Come le biblioteche, concentrazione di idee in fitte pagine, mi davano in quella stessa epoca un ingenuo brivido di infinito, così la concentrazione di quei personaggi politici famosi in un solo luogo m'impressionò fortemente. Ma per spiegare meglio tutto questo devo tornare per un momento indietro, a Palermo. La mia Protettrice (che non aveva la tessera del P.C., ma non per questo era meno sospettata di pacifismo unilaterale, e cioè filosovietico) non appena si trovava in un terreno più amico, più sicuro, si metteva, col candore di una ragazzina, a manifestare tutta la sua simpatia, la sua ammirazione per Togliatti. In un caffè, dove andavamo a finire dopo le lezioni, uno dei più belli della città, prendevamo sempre un rabarbaro Zucca, allungato con seltz, ed una pasta. Tutto questo poco prima delle due del pomeriggio. Erano le sue abitudini, ed io mi adattavo, la cosa più importante essendo il piacere di stare con lei. Durante quella passeggiata, e poi nel bar, si creava un momento di strana sregolatezza: l'abolizione completa della figura dell'insegnante che offriva da bere qualcosa alla piccola collaboratrice che l'aiutava a coltivare la sua passione. Allora, si abbandonava alle confidenze politiche. Mi raccontava anedoti su De Gasperi, che ne rivelavano fa lentezza montantara, rispetto alla rapidità di Togliatti, alle sue repliche pronte e taglienti. Rideva per un poco beata, abbandonando il campo neutrale per darsi alla partigianeria: e non a quella della pace per una volta! Ora, a Firenze mi trovavo proprio tra gli ex Partigiani della Resistenza, che dopo la guerra avevano scelto di chiamarsi Partigiani della Pace. Dalla guerra alla pace il passaggio era stato sicuramente duro, cruento, ma quelle facce sorridevano fiduciose. La pace sembrava esser diventata il loro pensiero dominante. Anzi, sui loro volti sereni, amichevoli, sembrava uno stato acquisito. Una pace perpetua: questo sembrava di poter sperare. Conobbi Celeste Negarville in quell'occasione. Lo ricordo come un uomo alto, elegante, dai capelli grigi piuttosto ra53
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