STORII/BRINDISI E neanche del nostro cuore si sarebbe saziata. Era la nostra bocca che voleva. L'aria cominciò a rinfrescarsi. Al segnale di Pentische, ci arrampicammo sul gelso; e fu proprio come salire su un antico, altissimo letto preparato per la notte delle nozze. Iniziò lo sfregio delicato della Sposa. Fu un vero arrembaggio. Non erano ciliege; non potevamo farcene un bottino. Bisognava masticare la Sposa nel suo letto. L'aria si riempì di grida che aspettano ancora di rinvenire come un vaso greco, una luna déll'assedio di Troia, l'anello di un bambino assiro. Scendemmo dal gelso che c'era ancora qualche ombra di luce, fatti a sangue dolceamaro della Sposa, e via, di corsa, alla fontana di San Michele, a piegarci sotto l'acqua, a lavarci quelle ferite d'amore. E attorno, il sole, pallido di chissà quale passione, era ormai preda dolcissima della notte. La matta Viveva con un fratello, più anziano di lei e cieco. Erano forestieri. Abitavano una stanza a pianterreno, in via Rosica. La casa aveva una finestra, ma loro non si affacciavano mai. Un cieco che si sporge a una finestra, a un balcone, è un'immagine romanzesca, magica e crudele. Ma neanche lei vi si affacciò mai. Sulla porta, invece, quella donna insignificante e irraggiungibile, usciva spesso, ma solo per alzarsi la gonna fino alla pancia e per voltarsi, un attimo dopo, lasciando scoperte le gambe appassite, le chiappe flosce e tristi. In quel modo sfidava i vicini, i passanti, imprecando in una lingua sconosciuta, un dialetto senza carne né ossa, spogliato anch'esso di qualsiasi ombra di giovinezza. Certe volte accompagnavo il fratello dal tabaccaio. E il vecchio, al ritorno, cercava le mie mani e le riempiva di caramelle alla menta (che io non sopportavo). Non ricordo come si chiamassero, ma lui, strada facendo, mi raccontava storie belle come i nostri nomi di donna. Qualche volta, d'estate, la finestra misteriosa si spalancava e rimaneva aperta per un'intera serata. La notizia di quell'evento si spargeva rapidamente, come la perfidia di Joan Bennett in Strada scarlatta, e subito prendevamo d'assalto quel davanzale, spiando, a turno, in quella stanza fatta cinema, Signore diletto. Mancava soltanto il ronzio della pellicola ... Discorrevano fino a tardi. Lei era sempre eccitata; il vecchio tentava di acquietarla, ma non si capiva mai quale fosse la pena da acquietare. E noi eravamo troppo intenti ad abbordare quella dolce puttana di finestra per metterci a indovinare. Fratello e sorella ci apparivano come figure tenui e invulnerabili di un fumetto colorato e notturno. La loro casa ci sembrava infinitamente più cieca del vecchio; non mi era difficile immaginare la cecità dei letti, quella dell'acqua che 48 Sud anni Cinquanta, In due foto di Fosco Maralnl. bevevano, del pane, la cecità dei piatti... E sicuramente cieca doveva essere anche la Morte, là dentro, che non li trovava. Ma un giorno la Morte sentì, a tastoni, la donna. Si spalancò la porta e potemmo dare uno sguardo alla casa: ai bambini era concesso di avvicinarsi ai morti e di baciarli. Alcuni di noi, infatti, si piegarono su di lei sfiorando con le labbra la sua fronte; altri rimasero accanto alla soglia e nei giorni che seguirono si fecero raccontare quel bacio. La matta teneva una coroncina del rosario tra le mani, orribile quanto il Cristo allungato sulla sua pancia appiattita. l\l-a non faceva paura neanche adesso, così nera, sul letto rimpicciolito, giallo, come non avesse aspettato, anche lui, che di morire. Quando sentì il nostro bisbiglio, il fratello sorrise al pensiero che quella sventurata potesse avere dei bambini attorno almeno da morta. E allora, un po' per gratitudine, e anche forse per prolungare la nostra visita, si mise a raccontare una storia che c'incantò al punto che un paio di noi si misero a sedere accanto al camino, sul pavimento di mattoni rossi, e nel bel mezzo del racconto, prima uno, poi l'altro, reclinarono la testa sul letto della morta. E siccome in quella casa nessuno piangeva, la storia andò avanti tranquilla fino a tardi. Quando ci vennero a chiamare, il vecchio stava ancora raccontando. Uscimmo nella sera col nostro carico di rimpianto stellato. Cinema Ali' Ariston davano La notte del demonio di Jacques Tourneur, e allora ci ricordammo del Bacio della pantera : se Dio esisteva, doveva essere per forza in bianco e nero, e mostrare, come uno sfregio regale, sulle labbra, la malinconia di Simone Simon. Il biglietto costava centoventi lire. Stavo mangiando patate e uova quella mattina quando sentii fischiare nel vicolo. Era Camillo che mi annunciava la continuazione di quel Bacio. Sarebbe venuto anche Antonio Frankin. Ci volevano trecentosessanta lire. Camillo se ne andò a lavorare: faceva l'apprendista meccanico. La domenica prima eravamo andati a far visita alla "zia", che aveva ancora un po' di vecchie ragazze. Al centro della casa (era la prima volta che ci entravo) c'era un bugigattolo con dentro il letto degli affari d'amore. La coperta era quella delle caserme; il lenzuolo, aggiustato maternamente, senza una piega. La vecchia stava a cesso e cantava Luna rossa tenendo la porta socchiusa. Appena le sfuggiva un verso, riprendeva a chiacchierare con le sue "figlie", e da là dentro impartiva ordini, dava consigli. E di là ci salutò e ci chiamò un attimo per carezzarci. Le latrine di San Michele erano una bisca, a mezzogiorno, e un santuario di sfoghi gentili. I pisciatoi ti aprivano
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