Linea d'ombra - anno VI - n. 26 - aprile 1988

STORII/ORIMALDI menica mattina in un posto dove loro pregavano. Poi mi hanno detto se sapevo leggere e io gli ho detto di sì, invece quando leggo non capisco quasi niente. Una volta sul Giornale di Sicilia c'ero pure io perché era venuto uno scimunito tutto ubriaco che ci voleva ammazzare tutte con un coltello perché diceva che eravamo pulle schifiate. Noi l'abbiamo preso a colpi di lignu, poi venne la polizia e finimmo sul giornale. Ma io non ci capivo niente; però capivo il mio nome scritto e il giornale me l'ho serbato. Insomma, ci dissi che sapevo leggere e mi hanno lasciato due giornali. Costavano 400 lire tutt'e due, niente di meno, ma i soldi li hanno voluti tutti: "Ti regaleremo la qualunque ma i giornali no, perché devi essere tu a volerli". E la domenica mattina ci andai. Fu bellissimo. Loro mi presentarono a tutti gli altri, e tutti, senza sapere chi ero, mi trattavano benissimo come se eravamo compari. Pregammo e pregammo, e loro ripetevano sempre che Dio era in noi e che ci amava. Poi si alzò una di quelle due signore e davanti a tutti disse che io ero una nuova sorella, che lei aveva pregato iddio che accettassi l'invito di andarci, e ora voleva ringraziare iddio per questa grazia. Mi pareva che mentre diceva queste cose le veniva da piangere, e mi veniva da piangere anche a me. lo ho conosciuto mille persone.ma come questi testimoni di Geova non ne ho visti mai. Ora ci vado tutte le domeniche, ma il mercoledì no perché devo fare quelle altre cose. Mi hanno detto se voglio girare con loro a fare il bene al prossimo e a dire la parola di Dio. Io ci ho risposto che per ora non lo posso fare. Però lo faccio con le altre mie compagne, gli parlo del fatto che Dio ci ama. Ma quelle mi prendono in giro e mi chiamano "la Geova" per sfottere. Però ora, certe volte, mi ascoltano, e le parole che gli dico gli piacciono. A certune però non gli dico niente perché a quelle gli piace fare i peccati e gli piace il diavolo. Le mie sorelle di Geova non mi dicono che non lo devo fare più. Forse loro pensano che piano piano io non lo farò piu. Mi dicono se ho bisogno di cose da mangiare, da vestirmi, e una mi ha pure detto se volevo coricarmi a casa sua che mi dava una stanza. lo non lo so se lo farò per sempre. Ma per ora lo devo fare. Non mi posso mettere a fare un'altra vita, a farmi dare il pane dagli altri. Io voglio restare a casa mia senza dover chiedere niente a nessuno. E poi mi seccherei senza fare niente. Ma io quando non lo farò più ci andrò pure di mercoledì e intanto mi sto imparando bene hr-bibbia. Io ormai lo so che Dio mi pensa e mi vuole, altrimenti non mi avrebbe mandato queste due sante che anche se la prima volta le ho insultate mi vogliono bene più di una sorella. Io ormai, lo prego sempre e non lo bestemmio più e siamo diventati fratelli. 44 Ma io gliel'ho detto che non lo faccio per il paradiso, se lui vuole mi può pure mandare all'inferno con tutte le scarpe perché io non lo prego per questo. Una signora della notte Io sono Daniela, anche se di vero nome ero Lia, e lo faccio in un posto dietro corso Vittorio dove c'è il portone bianco. Di notte, dopo le due, facciamo i turni e non restiamo tutte perché vengono pochi signori. Io me ne vado da sola. Abito dall'altro lato di corso Vittorio verso via dei Candelai, e vicino a me ci abita Melina. Mentre cammino ci sono solo i gatti o i topi, e la gente dorme e sogna le sue cose belle. Io non faccio sogni brutti, non me li ricordo tanto bene. Non posso nemmeno dire che vorrei un figlio perché ce l'ho e sta con mia madre e una volta l'hanno preso a rubare e l'hanno chiuso in collegio; lui è scappato; ha 12anni e non lo possono arrestare. Io gli voglio bene. Ma la colpa è di mia madre. Un figlio lo vorrei, anche quattro, però non così; lo vorrei con una casa nuova, con mio marito che lavora e io no, e la sera mangiamo, ci guardiamo la televisione e poi andiamo a dormire. A farlo sempre come tocca a me non ci si prova più piacere, invece le vere mogli ci provano ancora piacere. Ma molte di loro, però, i mariti ci fanno le corna, e hanno il cuore più fradicio del mio. Io cammino per le strade vecchie e non ho nemmeno tanto sonno. Appena arrivo ammazzo gli scarafaggi in gabinetto perché ci sono le fogne sdirupate e io non pago l'acqua, e loro salgono dal lavandino. Mi mangio qualcosa e poi vado a dormire. Quando c'è la luna i vicoli vecchi li vedo benissimo; quando non c'è la luna li so a memoria lo stesso. Le altre mi dicono che io che ci ho un figlio mi spetterebbe la casa popolare; ma mi conviene stare a Ballarò, a due passi da dove faccio le mie cose, altrimenti ogni giorno dovrei scappare fino qua da chissà dove. Una volta mi è caduto questo bracciale in terra, non c'era la luna, e pensai: "Dio mio, ora come faccio", e invece l'ho trovato subito e ho pensato: "Dio mio ti ringrazio", e di notte, ogni tanto, penso a quando mi è successo questo fatto. Poi mi addormento e a mezzogiorno mi alzo e canto mentre mi lavo. E mi piace camminare quando è notte, per le stradine, mentre se mi sposavo mio marito non mi faceva uscire e non lo sapevo che cosa significava essere una signora della notte.

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