LEBUTTANE Aurelio Grimaldi I fiori Una volta a Rosi le regalarono dei fiori. Era un mazzo di fiori colorati, non lo so come si chiamano: somigliano alle margherite ma non lo sono, ed erano gialli rossi e di tanti altri colori, anche blu. Poi il fioraio ci aveva messo delle foglie in basso ed erano . molto belli, anche se di sicuro non è che costavano molto. Però noi non l'abbiamo visto il signore che gliel'aveva dati. Qualcuna di noi disse che se li era comprati lei, per farceli vedere a noi altre e fll{ci la raggia. Invece glieli aveva regalati per davvero. Quando Rosi ce li fece vedere rideva tutta. - Avete visto? A me mi hanno regalato i fiori! - e noi la prendevamo in giro lo stesso. Con Liuccia si stava pure afferrando perché quella gli aveva detto che se li era comprati lei e non glieli aveva regalati nessuno. Rosi si era offesa: "Va a farti fottere". "Mandaci a tua madre", quella gli aveva tirato una pietra e poi siamo intervenute noi. L'abbiamo presa in giro però si vedeva che pure a noi ci sarebbe piaciuto se ci regalavano i fiori. lo lo faccio da tanti anni, e ai primi tempi ero giovane e bella. Ma non ci ho pensato mai che mi potevano regalare i fiori. Difatti non me li hanno regalati mai. E Rosi non è nemmeno tanto meritale, ogni tanto tratta male le persone; io gliel'ho chiesto: "Raccontaci chi è questo signore che ti ha regalato i fiori", forse la vuole sposare. E lei ci ha raccontato che non l'aveva visto mai. Che però doveva essere uno ricco, anche se aveva la macchina che non era lunghissima. L'aveva tenuta per un'ora; alla fine si era fermato davanti al fioraio di Villa Sperlinga e aveva comprato i fiori. Lei, dentro la macchina, avva pensato che erano per chissà chi, per la moglie, o chi lo sa. Lui torna e fa: - Tenga ... Tenga ... Sono per lei. - Lei ci era rimasta di pietra; poi gli disse: - No, grazie, non si disturbi. - E lui: - Tenga, tenga. - E così lei se li era presi, ed era tutta commossa e io dico che si voleva mettere a piangere. Forse la voleva sposare, o forse non era di Palermo e veniva da lassopra. Perché lei aspettava che tornasse e invece non si è visto più. E noi ora la chiamiamo "Tengatenga", e certe volte lei si incazza come una bestia; certe volte invece sta zitta. Io poi ho pensato che pure io volevo dei fiori. Una volta, a uno che mi pareva gentile e importante, gli ho detto se mi regalava dei fiori, e lui mi ha detto che però li scalava dal prezzo. Forse scherzava però a me mi parse serio. E allora gli ho detto: - Lasci stare.- Quando ci penso, penso che è stata tutta colpa della Tengatenga perché è stata lei a mettercelo in testa, perché io prima non ci pensavo se volevo i fiori. Una sera la Betti è venuta con i fiori e ci disse che glieli aveva regalati un cliente. Ma noi non gli abbiamo dato conto, se li era comprati lei. Mio padre Io sono stata rovinata da mio padre. Non lo sa nessuno, te lo sto dicendo solo a te. Non è che non lo sa nessuno. Qui lo sanno tutti. Ma quelle che lo sanno sono persone come me, che queste cose gli sono successe pure a loro. A casa mia eravamo nove più mio padre, più mia madre, più Gioacchino, il figlio di mia sorella che s'era sposata con quel figli'arrusa di Santino, che se n'era andato a lavorare in Australia. Io ero la quarta, e terza femmina, e a mio padre ci volevo bene come a un padre anche se in casa non ci stava mai e ci dava lignate. Però a me quasi mai. A mio fratello Salvo, il più grande, lo ammazzava. A noi femmine ogni tanto. Con noi femmi-· ne, a darci lignate, era mia madre, che ce le dava col ligno e col nerbo, e a me mi diceva che ero troppo lagnusa, che non volevo lavorare,e che non mi avrebbero sposato manco i cani. Ora glielo vorrei dire: sei contenta? Che mi dicevi che non mi avrebbero presa manco i cani. Ora glielo vorrei dire: sei contenta? Io avevo 12 anni, ero signorinella già da un po' di mesi, proprio giusto non me lo ricordo. lo dico pure che mia sorella più grande, Lia, era più bella di me, e l'avrebbe potuto fare con lei. · Ma forse l'aveva fatto pure con lei. Ci ho pensato per tanti anni ma non gliel'ho saputo chiedere mai. Mia madre non c'era, io non mi ricordo bene le cose perché fu un po' brutto. Ma poi ci pensai così continuamente che, come andarono veramente le cose non mi è rimasto preciso in mente. Lui mi disse: - Vieni qua - e io entrai nella loro stanza dove di notte dormivano anche i miei quattro fratelli più piccoli. lo pure ci avevo dormito da bambina, c'erano tutti i letti. Aveva le mutande e la maglietta. Mi disse che ci faceva male la gamba, che gliela dovevo massaggiare con una pomata. La pomata ce l'aveva per davvero. Io non ci pensavo, lo sapevo bene come si ficcava però ti giuro che non ci pensavo, forse ero un po' bambina, o un po' scimunitina, però non ci pensavo nemmeno nella vita. Non pensavo mai: "Vulissi ficcare", non mi veniva. Mia sorella aveva quel fidanzato di Santino e lei lo diceva sempre che voleva ficcare con lui, che doveva essere troppo bello, e che se ne sarebbe fuiuta con lui. E io pensavo che ero piccola, per questo non capivo queste cose. Poi lei se ne scappò con Santino, le nacque Gioacchino, e quello se ne andò in Australia senza mandare più una lira e solo una lettera all'anno. 39
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