anche in America: per citare solo qualche nome, oltre alla GlobeStyle, che ne evidenzia bene i tratti, si possono segnalare Earthworks, Cooking Vinyl, World Circuit, Rounder. N_on mancano esperienze precorritrici: come non considerare una valorosa antesignana per esempio la californiana Arhoolie Records, con il suo adorabile catalogo di apparenti stravaganze, che passa al setaccio le culture musicali delle minoranze etniche de-_ gli Stati Uniti, valorizzando duetti femminili tex-mex e chitarre hawaiane, orchestrine ceco-boere e musica yiddish del Lower East Side? Ma pur varcando la dimensione del1 'autoconsumo di specifiche comunità, una iniziativa come quella dell' Arhoolie era destinata a raccogliere, almeno fuori dagli Stati Uniti, il consenso di una cerchia limitata di appassionati. La sfida, spesso vinta, delle smaliziate etichette di world music è invece quella di sfondare nel mercato normale: alla loro curiosità a tutto campo può fare gioco ùn diffuso desiderio di novità che non trova molte occasioni di soddisfazione nel perdurante ristagno della scena musicale, contrassegnata dall'assenza di veri movimenti, e insieme l'incessante bisogno delle subculture giovanili di trovare inediti motivi di distinzione. Così alla GlobeStyle riesce di trasformare in un notevole successo commercil!le i canti ebraico-yemeniti interpretati dall'israeliana Ofra Haza (Yemenite Songs, ORB 006). Nori si pensi alla ricerca dello sfizio per lo sfizio, o almeno non solo a questo. Indubbiamente una spiccata inclinazione alla bizzarria serpeggia nella produzione delle etichette di world music, ma un album di eleAbdel Azb: El Mubarak (foto di Denls Lewls dal disco Globe Style). gant1ss1ma musica, a base di fisarmonica (una mania che accomuna la GlobeStyle alla Arhoolie), proveniente dal Lesotho, può apparire eccentrico soltanto a chi non sappia da che parte cominciare a cercare il Lesotho sul mappamondo (Puseletso Seema & Tau Ea Linare, He O Oe Oe, ORB 003). Ovvia la preocc~pazione che questo tipo di attenzione abbia come conseguenza che altri territori vergini siano fagocitati dall'industria. Tuttavia, quando è di vera e propria musica tradizionale che si tratta, in generale è con un certo tatto che le etichette di world music sottraggono al~angustia di circuiti specialistici musiche che qualsiasi discografico di buon senso avrebbe fino a poco tempo fa ritenuto invendibili e ne saggiano le potenzialità commerciali. D'altra parte mondi musicali come quello latino e africano sono stati da decenni investiti da processi di industrializzazione e di massificazione del prodotto, in gran parte a monte dell'interessamento europeo e americano. Il fenomeno algerino del pop-rai, oggi corteggiatissimo dalle etichette di world music, è un caso di naturale aggiornamento di un genere musicale, il rai, che ha più o meno cinquant'anni di storia. La sua accelerata internazionalizzazione, con l'uscita dall'ambito originario a cui le etichette di world music lo stanno portando, può condurlo a un precoce disfacimento come pure assicurargli i mezzi per svilupparsi. Certamente non disinteressata, piace, accanto alla valorizzazione di espressioni musicali tradizionali, la passione vitalistica che queste etichette nutrono per gli incroci di culture differenti e per la dialettica di tradizione appunto e di modernità: uno dei dati problematici cruciali nello sviluppo delle società contemporanee, di cui, non senza humour, viene ricordato l'aspetto di formidabile risorsa creativa. E piace anche l'atteggiamento che l'effetto sorpresa di musiche confezionate in copertine seducenti, come vuole in particolare la linea della GlobeStyle, può indurre nel consumatore: facendogli assaporare il gusto di uscire dai binari di viete abitudini di ascolto, provare un po' di piacere dell'ignoto e dell'imprevisto, lasciando perdere pregiudizi e classificazioni di genere. World music, per fortuna, vuol dire tutto e niente. Sicuramente non grandi dal primo all'ultimo, corredati da informazioni dettagliate, sulla musica e sul paese di provenien_za, con tanto di cartina geografica, i dischi che la GlobeStyle può annoverare nel proprio catalogo hanno ormai superato il numero di venti. Tra album di musica latina, ristamIL CONTESTO patì su licenza di un'etichetta specializzata (la Caiman Records di New York), nuovo folk urbano greco, ritmi da ballo delle Antille francesi e "etno-beat" tedescomaghrebino dei soliti Dissidenten, le scoperte più belle vengono dall'Africa. Nella propria serie la GlobeStyle ha sì inserito abbastanza scontatamente "diversi dischi di rumba èongolese, ma ha anche verificato che il continente non finisce con il Mali, il Senegal, la Nigeria, lo Zaire eccetera, insomma con i paesi da cui proviene la musica africana di corrente circolazione in occidente (con l'aggiunta, in anni più recenti, del Sudafrica, su cui insistono utilmente la Earthworks e la Rounder). Sul Madagascar la GlobeStyle ha compilato due ·splendide antologie, dedicate rispettivamente (Madagasikaraone e two, ORBD 012 e 013) alla musica tradizionale e popolare malgascia (anche qui abbondanza di fisarmoniche). Del Sudan fa invece conoscere la musica di straordinaria freschezza (chitarra e basso elettrico, violini, sax, fisarmonica e percussioni) di un grande artista, il•cantante Abdel Aziz El Mubarak (Abel Aziz El Mubarak, ORB 023), accompagnandole con preziose note di copertina: per esempio neppure l'ottimo e ricco volume di C-hris Stapleton e Chris May, African Ali Stars. The Pop Music of a Continent (Quarte Books, London-New York 1987), si occupa dellasituazione musicale sudlll}esee del Corno d 'Africa, dove pure delle cassette di personaggi come Mubarak o Mahmound Ahmed (del quale si ascolti lo stupendo Ere Mela Mela, Crammed Discs) si vendono centinaia di migliaia di copie. ERRATACORRIGE Nel numero 24 di "Linea d'Ombra" abbiamo pubblicato alle pagg. 17-18 un Incontro con Bohumil Hraba/ presentato da Umberto Stefani. Autori dell'intervista vanno considerati Sergio Volpe e Claudio Cessi Cinti, che ringraziano. ' La lettera a p. 25 del numero 25 (Riti di morte) è di Paolo Vineis (e non Vineri). 25
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