Linea d'ombra - anno VI - n. 26 - aprile 1988

ILCONTESTO CINEMA LAVORODI RICERCA O RICERCADI LAVORO? Gianni Volpi In un'intervista ripresa due numeri fa da questa rivista, J.G. Ballard esprime il timore che il futuro non sia che una sorta di "vasto, noioso quartiere residenziale dell'anima". Sui "Cahiers", Godard polemicamente sostiene che si sa forse fare una sequenza, ma non si sa pensare. Fantascienza e Godard sono certamente fra i numi tutelari ·delle nuove generazioni, ma le loro preoccupazioni non sembrano avere troppo seguito tra i giovani cineasti e videoasti presenti alla bella rassegna milanese "Filmaker", che resta la più utile a fornire una mappa articolata di questo fenomeno disperso in un'infinità di formati, mezzi, durate, modi di produzione, approcci, contaminazioni, sconfinamenti, in teoria inglobando tutto, cinema e televisione, teatro e arti visive, rock e pubblicità, fumetto e computer, in un gioco d'interferenze che in realtà risulta assai meno ricco e vitale di quanto fosse ipotizzabile. Da tempo esauritasi la forza d'urto costituita dalla novità, l'aria che tira è quella della gestione dell'esistente, di consolidamento delle posizioni (e spesso con atteggiamenti da gruppo chiuso, e non forza propositiva e aggregante), di difesa degli spazi che ciascuno è riuscito a conquistarsi nel cosiddetto "sistema di potere avanzato" alle cui forme e modalità logiche (di mercato, di gusti) i plù dotati o più disponibili hanno saputo rendersi adatti, ma soltanto per riaffermarle. C'è una professionalità tutta interna, specifica, ciascuno nel proprio settore di specializzazione,se si vuole, di ricerca ma di una ricerca asettica; c'è una certa abilità artigianale da esibire in continuazione, da replicare, da mettere (all'occasione) a profitto, in ogni caso svincolata da una "godardiana" passione, da una messa in discussione di se stessi e dei propri mezzi, da una riflessione sopra e sotto la comunicazione, per usare vecchie definizioni proprio di Godard che in questo campo, per radicalità e coscienza dei problemi al di là di narcisismi e schizofrenie, resta un maestro con tanti turiferari e pochi, veri allievi. C'è poca voglia di essere fuori schema (e fuori palinsesto), un'assenza di vere tensioni culturali che sole possono produrre qualcosa di "diverso" che è poi la ragion d'essere di quest'area, e del nostro interesse per essa. Specie nel video, un mezzo sino a poco 22 In alto: Cochi Pon:a:onl in Lo variabile Fe/sen di Paolo Rosa. In basso: sul set di Vivo gli sposi, Il registra Gianluca DI Re e l'operatore Luca Blga:a::a:I. tempo fa mitizzato nella sua carica liberatoria di energie espressive, di comunicazioni orizzontali, e invece perlopiù utilizzato in senso narcisistico, regna questo mondò "derealizzato", monoculturale Videostrisce, computer-grafica, _viagginella memoria, nel pensiero, nello spazio-tempo, performance multimediali, tridimensioni, videoinstallazioni, design, programmi-conversazione, videoclip, videoart, videoteatro (le due ultime, però, hanno dato anche prodotti interessanti, esempi: L'altro mondo di Theo1Eshetu, reinterpretazione visiva dei quadri di Massimo Li viadotti, e Finefine è il respiro di Cesare Ronconi, lavoro sulla voce del teatro della Valdoca; e non a caso, ché c'è assonanza con un materiale già elaborato, che ha di per sé un suo peso), ecc., ecc., una fascinazione totale, maniacale per le nuove tecnologie (e peggio ancora, sono suoni e immagini "arcaiche", di un'awtenticità turistica), poca invenzione, poche scoperte. Poche immagini "necessarie", se non forti, almeno curiose e vive. Che alcune fossero già viste - come il raffinato bianco e nero Immigrant di Fabrizio Laurenti, in cui si combinano cinefilia e memoria sociale, e una storia di immigrazione a New York si trasforma presto in una storia di vampirismo metropolitano - è ancora un segno dell'attuale impasse. Già pluripremiato è anch~ il video migliore Nome di battaglia: Bntno dì Bruno Bigoni. Visi parla di terrorismo senza puntare troppo in alto (la Grande Analisi), da una prospettiva personale, individuale ma non privata, intervistando la madre di un terrorista delle brigate Alasia, morto nell'82 cadendo dal settimo piano per sfuggire all'arresto. Bigoni ha il merito di trovare un personaggio femminile forte, ancora una madre, come nel suo precedente bellissimo Nothing, finalmente una persona adulta che ha delle esperienze (qui, tragiche) da raccontare, una sensibilità e; 1.1nacultura (da borghesia milanesenon sempre simpatica). E un dolore che si rifugia in materne giustificazioni, che si spinge a comunicazioni ultra terrene, addirittura registrate al magnetofono. È una testimonianza umana, tutta giocata sul dentro (familiare), con quello che in termini di sentimenti e emozioni comporta, cui fa però reagire materiali del fuori, immagini "sporche", lavorate, piovose, martellanti come un leit-motiv, che ad esso di continuo riportano. È questione di giusta distanza. Un piccolo film, ma con un suo linguaggio personale e un suo senso. A parte la rassegna parallela di lungometraggi di fiction che rientrano nell'ondata

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