Linea d'ombra - anno VI - n. 26 - aprile 1988

CONFRONTI OPERAI 11 IN SE" Francesco Ciaf aloni Il libro di Gad Lerner Operai si legge di corsa. Lo legge d'un fiato anche, e soprattutto, chi molti dei molti, forse troppi, nomi citati li conosce di persona. Lo legge e, almeno per una buona metà, lo trova un buon lavoro e, se si aspetta un buon servizio giornalistico, non ne resta deluso. Non ci troverà molte novità; piuttosto delle conferme, delle aggiunte, delle varianti. Ma siccome in un documentario così non contano i propositi, contano i risultati, si può ben dire che il risultato c'è. C'è la leggerezza, nel senso in cui per Italo Calvino era una virtù. Il libro ha avuto l'onore (si può dire?) di essere citato da Ardito, neosegretario provinciale del Pci di Torino, all'inizio della conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori comunisti. Con scandalo dei comunisti, naturalmente. Un vecchio leader operaio degli anni '70, non tanto vecchio in effetti, più giovane di me in ogni caso, debitamente "napuli" e in questo caso proprio napoletano e non genericamente meridionale, mi ha detto: "Interessante! Ci sono almeno tre cose con cui sono proprio d'accordo! Poi ci sono anche quelle con cui non sono d'accordo; ma di questitempi tre è molto!" Non si tratta di uno di quelli citati e neppure di quelli intervistati. Non sono in grado di dire se il numero dei consensi sia di origine cinematografica (ed etnica) o se vada preso alla lettera. In tutti e due i casi, è molto. Il libro è la riproposta, la riscoperta, la constatazione, caso per caso, per via indiretta e diretta, della differenza sociale, delle classi sociali come "dura scansione delle opportunità di vita", della esistenza degli operai come dolore, fatica, sforzo, che per molti hanno portato a un malsicuro benessere per i figli, per altri alla espulsione. È anche la scoperta della grande varietà culturale, associativa, ideale degli operai, pure così simili tra loro da risultare indistinti (e indistinti li vede l'autore, oggi più di ieri). Della varia e sorprendente identità collettiva degli operai, l'autore ci propone numerosi esempi. Le differenze politiche e di comportamento degli anni duri (si tratta di nomi classici:Mario Gheddo dal lato dei cattolici, Aldo Surdo, Giovanni Longo dal lato dei comunisti, dei "distruttori": e che uno potesse chiamare "distruttore" Emilio Pugno, certo tornitore provetto, ma anche gran capopopolo e non privo di aggressività, passi; ma l'idea che Giovanni Longo sia stato considerato un distruttore è uno scandalo). Il caso di un intero paese lucano, Monteverde, trasferito a Cambiano a lavorare nelle fabbriche e a coltivare la terra. I donatori di sangue dell' Avis, la maggiore associazione di Mirafiori, più grande di qualsiasi sindacato. L'associazionismo sportivo aziendale. Le differenze di carico familiare, di successo nelle strategie di lavoro e di vita. Le differenze geografiche: quelli del sud che lavorano al sud, a Termoli, a Grottaminarda, e quelli del sud che lavorano al nord, e i veneti che lavorano ad occidente, e i piemontesi che lavorano a Torino. E dietro o sotto a tutte le differenze, la realtà quotidiana, ineliminabile, spesso doppia, della fatica. Per alcuni è rimasta proprio fatica bestiale; per altri è diventata sorveglianza, ritmo, attenzione, può essere diminuita per qualche anno, può essere aumentata di nuovo, magari meno penosa, può aggiungersi alla distruttiva e ineliminabile compagnia della malattia o dell'invalidità, ma è lì che ti toglie tempo e identità, che ti cancella la faccia; perché è proprio solo fatica e non espressione di te, per la maggior parte dei casi, forse inevitabilmente, neppure un poco. Malgrado questi meriti, che non sono pochi, il libro per una parte può anche deludere. Intendo dire che se uno si aspetta di leggere La strada per Wigan Pier (Orwell) o un Ritorno a Wigan Pier, resterà deluso. E ha diritto di esserlo in parte proprio perché l'autore è uno bravo. Cercherò di chiarire quali sono, o mi Disegno di Pietro Splca per la copertino di Operai (part.). IL CONTISTO sembrano, i limiti. Monteverde, il paese lucano, è un po' iperrealista. E iperrealista è anche la gita A vis. Capisco che, in un certo senso, è proprio così. Ma sotto i lustrini non si indovina niente; e si dovrebbe. Si può fare. Questi mondi che si separano quando si rincontrano, e non fanno più parte dello stesso tempo, come potrebbe accadere a viaggiatori molto, molto veloci. Producono tanta antropologia da riempire un trattato. Che il libro non voleva essere. Ma un libro documentario cos'è se non antropologia più la leggerezza? Magari quelli partiti per diventare ricchi si ritrovano i più poveri, e quelli restati per deferenza si ritrovano a comandare. E così a Cambiano acanto al metalmezzadro che cresce c'è una vecchia compagna che non si sposa, che muore. C'è la caduta del gusto e dei mestieri. Nel libro qualche volta gli uomini sono manichini, senza cognizione del dolore. Poi c'è il tempo, che manca. La ricerca sul doppio lavoro è degli anni '70. L'associazionismo Fiat non è mai morto, neppure nel 1969 L' Avis non l'ha inventata Arisio. La classe per sé si fa sempre non proprio insieme ma in parte insieme, in parte sopra, in parte contro la classe in sé. Anche negli anni del movimento. E peraltro anche quando il movimento non c'è, non tutte le idee generali spariscono. Intendo dire che, come giustamente dice sempre Marchetto, citato dall'autore, l'operaio massa non c'è mai stato (lui conosceva due Massa, di cognome, ed erano gli unici operai Massa che potesse distinguere). La discontinuità politica è grande, il mutamento sociale è stato grande, 15

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