AOU&TICHESI OCCUPANO DI BAMBINI Piero Arlorio I riferimenti di questo testo sono a: B. Bette/heim, Un genitore quasi perfetto, Feltrinelli 1987; J. Kagan, La natura del bambino, Einaudi 1988; A. Miller, La persecuzione del bambino, Boringhieri 1987. Gli adulti che si occupano di bambini sono sospetti. Un sospetto particolarissimo: tutti siamo stati bambini ed è probabile che abbiamo mille difficoltà di, o mille ragioni per non, contarla giusta. Siamo gli storici cristiani delle crociate. E un adulto si . può anche definire: uno che è passato al nemico. Volevo solo dire: riusciremo a ricordarci che ciò che diciamo e pensiamo dei bambini è sempre sospettabile? E a nutrire un altrettanto legittimo sospetto nei confronti di qualsiasi pedagogia futura che voglia presentarsi come scienza? Quando la faccenda riguarda i bambini la sospettabilità degli adulti riguarda la persona. Non siamo sospettabili come "teorici" né "scienziati"; ma persone sospette. Constatare che la pedagogia non è molto scientifica può anche essere fantasticare un modello di scienza inesistente. La scienza scientifica: un genere di fantasticheria adulta probabilmente frutto di una cattiva pedagogia un po' ottocentesca. D'altra parte sembra una schivata: il problema forse è non tanto quello della pedagogia, quanto quello di molti milioni di adulti che stanno convivendo con molti milioni di bambini. O meglio (o peggio): che li stanno educando. Gli esiti di questo trattamento mondiale dell'infanzia sono davanti agli occhi di tutti. La faccenda riguarda la nostra persona anche nel senso che ciascuno di questi molti milioni di bambini è sempre più una minaccia per la nostra persona adulta. Questo mondo invecchiato sembra anche malamente adultato. E per non essere troppo parziali dobbiamo riconoscere che ciascuno di questi molti milioni di adulti potrebbe anche essere una minaccia per la loro persona di bambini. Ho messo avanti questa dicotomia per mantenere promesse e premesse di sospetto: il sospetto verso gli adulti che confondono le posizioni, che credono di stare o poter essere quasi naturalmente dalla parte dei bambini; mentre mi sembra che l'adulto possa compiere quel passo fondamentale che consiste nel mettersi dalla parte dei bambini sempre con molta difficoltà. Una difficoltà "oggettiva". Nel senso che per i razionalizzatori che dietro i propri comportamenti vedono solo ragioni logiche e razionali è piuttosto impossibile con- - vivere coi bambini. La speranza è che anche gli adulti - razionalizzatori di necessità - non siano sempre tutti d'un pezzo nonostante gli slogan; ché anche i torroni si sbriciolano. Una sintesi probabilmente vera e un po' tranquillizzante DISCUSSIONI/ARLORIO sostiene che c'è molto amore/odio verso i bambini. Ma è la paura verso i bambini che mi fa più paura: perché non trovo un altro termine per fare il paio come nel caso dell'amore/odio: e quasi ricomporre la dicotomia adulto/bambino. È una paura orfana; forse quella cui si riferiva chi ha detto che gli adulti sono orfani. Se fossi un bambino mi piaçerebbe poter dire c'è molta paura/dispaura verso i bambini. Ma la "dispaura" non esiste nel nostro lessico inadatto a parlare col bambino: impaurito di esprimere le emozioni del bambino. Infatti adultagoghi e pedagogisti a ondate (storiche) ci fanno coraggio. Dicono: bisogna avere il coraggio di educarli. Un coraggio che la dice lunga in fatto di paure e fa molta paura. Al che in genere si commenta, da parte di certi adulti come potrei essere io: ma questa è la pedagogia nera! Poi in genere mi chiedo: ma esiste la. pedagogia bianca? A. Miller è tassativa in proposito. Dice: ogni tipo di pedagogia è pervaso dai precetti della pedagogia nera. Il mio atteggiamento pedagogico non si rivolge contro un determinato tipo d'educazione, bensì contro l'educazione in genere, anche quella antiautoritaria. Non posso attribuire al termine educazione alcun significato positivo. Intorno al 1468mi esprimevo in modo molto simile; molto simile a quello che moltissimi intorno a me pensavano. A cinquecentovent'anni di distanza preferirei esprimere il mio duplice antipedagogismo con altre parole. Circa in quella stessa epoca si parlava e riparlava di consigli: consigli di fabbrica ... repubblica dei consigli... come simbolo di democrazia. Un po' per celia e un po' per non morire si può dire che forse quelle speranze non si realizzarono anche per la difficoltà della gente di ricevere consigli. Ma per passare, se si dice ancora così, dalla politica alla pedagogia: nella repubblica di quest'ultima i consigli sono sospetti al pari di chi li ammannisce, per il semplice fatto che non esistono regole. E le stesse persone che chiedono consigli come regole suscitano il sospetto di non aver alcuna intenzione di risolvere personalmente un problema che riguarda e coinvolge sempre la per-. sona. Pòi c'è anche il fatto che la storia dei consigli è molto' spiritosa, tanto da meritare di essere oggetto di una fiaba per bambini: in genere chi ne avrebbe bisogno non è disposto ad accettarli, spesso proprio perché li invoca, sicché in ogni caso si potrebbero dare solo a coloro che non ne hanno bisogno. Se esistessero. · Per la seconda faccia del mio antipedagogismo, integro un po' Bettelheim: il genitore deve resistere all'impulso di cercare di costruire il figlio che lui vorrebbe avere (essere stato) ... il bambino ha bisogno della comprensione, sensibilità e aiuto dei suoi genitori (a conferma che non esistono regole e consigli se non genericissimi). Per finirla con la mia storia di educatore antiautoritario sottolineo quest'ultima affermazione; ho infatti la sensazione che alla mia antipedagogia non sia stata del tutto chiara sin dall'inizio (non so se anche alla vostra antipedagogia conserva qualcosa di plasmatorio ... ). Insomma: l'antipedagogia la definirei una pedagogia che non · 9
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