DISCUSSIONI/MASI .. .spostare le questioni sul piano della morale e della psicologia, evitando un'indagine fondata sull'economia e sulla politica, è funzionale all'autodifesa dei sindacalisti quali professionisti che mi sembra il fine del libro di Manghi, e anche la sua fondamentale debolezza. vendita della sua forza-lavoro.) E quest'ultimo non è più, in alcun modo, "il ricco... spesso ... 'ozioso' " (p.50): la sua figura è l'imprenditore, che oggi si continua e si perfeziona nel manager. L'indistinzione fra il servo e il salariato e fra il signore aristocratico (3) e l'imprenditore borghese è di derivazione cattolica, e ne discendono numerose implicazioni - valide all'interno del pensiero cattolico tradizionale, ma insensate per i marxisti e anche per quei cattolici che hanno adottato le categorie marxiste nell'analisi economico-sociale. Ad essa si aggiunge poi l'idea che "l'esperienza sindacale", cioè la sindacalizzazione dei lavoratori e infine il movimento operaio, abbia inizio più o meno negli anni sessanta (4). Per di più un movimento operaio, come abbiamo visto, con caratteristiche premoderne. La doppia sfasatura temporale oscura la differenza di fondo fra i modi di produzione preindustriale (premoderno) e industriale (moderno), mentre attenua, fino a cancellarla, la continuità fra gli anni sessantasettanta e l'oggi, e cioè fra due fasi diverse di un sistema immutato neisuoi fondamenti; non solo, ma all'interno del quale proprio negli anni sessanta si opera quella svolta che conduce alla condizione presente. Queste sfasature, pur derivando dalle distorsioni del vissuto soggettivo (5) - quelle di un appartenente alla generazione degli anni sessanta, di formazione cattolica - sono funzionali alla difesa, oggi, degli interessi dei sindacalisti come categoria, al di là della perdita del ruolo tradizionale. Fra i cambiamenti verificatisi fra gli anni sessanta-settanta e oggi, Manghi sottolinea l'arricchimento dei lavoratori, la loro "entrata nella città", il venir meno dei valori di uguaglianza e solidarietà. È evidente che simili cambiamenti - siano essi realtà o aspetti fenomenici di altro - sono occorsi principalmente dal periodo (non breve) precedente gli anni sessanta ad oggi. Bassi salari, "esclusione dalla città", uguaglianza, solidarietà, fraternità fra i lavoratori si riscontrano nel corso di un secolo e mezzo di movimento operaio e si attenuano proprio a partire dagli anni sessanta. Ma si tratta di fenomeni di ordine diverso, non assimilabili; e quindi è bene esaminarli uno per uno. Cominciamo dalla "ricchezza". Quella che Manghi chiama con questo nome, se riferita all'intera nostra società credo si possa meglio definire accelerazione dell'aumento della produttività del lavoro grazie a nuove tecnologie, per un verso; e riassetto della divisione del reddito complessivo mondiale, per l'altro. Per quanto riguarda il primo aspetto, Manghi sa troppo bene che l'aumento relativo di salari e stipendi ha subito un'accelerazione da metà anni sessanta (6), mentre negli ultimi dieci anni la quota del reddito complessivo riservata ai lavoratori dipendenti è mediamente diminuita (più fortemente in alcuni settori sociali intermedi); insomma la ricchezza relativa dei lavoratori da ultimo è diminuita e non aumentata. (Mi sembra superfluo aggiungere che di ricchezza e di povertà è lecito discorrere solo in termini relativi, quando perfiqo i bisogni elementari non si definiscono in termini assoluti.) Per quanto riguarda il secondo aspetto, non mi soffermerò sullo sfruttamento esercitato globalmente dal Nord sul Sud del mondo, nelle nuove forme di colobizzazione non coloniale, e sulla promozione dell'Italia a paese del Nord sfruttatore, sia pure a livello parzialmente subalterno. (È la promozione che non era riuscita a ottenere col colonialismo straccione dell'era fascista.) Se poi tutto questo si traduce per un certo numero di operai nella parvenza falsa e nella falsa coscienza dell'arricchimento all'interno del loro paese, accompagnata dal rifiuto di riconoscersi sfruttatori di altri, oltre frontiera, è cosa che riguarda la psicologia di massa e le tecniche complesse della mistificazione (ivi inclusa l'automistificazione). (7) Quanto ali' "entrata nella città", confesso che mi sembra un discorso ideologizzante di basso livello. È legato alla tesi degli "ultimi": ma proprio chi chiedeva giustizia e uguaglianza per gli "ultimi" non poteva non includervi in primo luogo (ancor più di chi promuoveva la lotta di classe) giustizia e uguaglianza nei diritti civili e politici, e quindi riconoscimento della piena cittadinanza. Se poi l'entrata nella città è qualcosa di diverso dal miglioramento delle condizioni materiali di vita congiunto alla pienezza dei diritti civili e politici, mi sfugge di che cosa possa trattarsi. "Il popolo ... non voleva cambiare la città, semplicemente intendeva entrarci." Se questo significa "il popolo non voleva fare la rivoluzione, semplicemente intendeva migliorare le proprie condizioni di vita materiale e di partecipazione sociale", l'affermazione è senz'altro corretta. Con l'aggiunta che il popolo vuole sempre questa seconda cosa, e arriva alla rivoluzione solo . quando gli sono precluse tutte le strade per ottenerla pacificamente. Se si intende, in più, che oggi non ci troviamo in una situazione rivoluzionaria, mi sembra un'ovvietà; mi pareva un'ovvietà anche negli anni sessanta, e ancor più nei settanta. Ed eccoci alla questione della caduta dei valori, che da qualche tempo sembra dominare il campo. Non voglio ripetere in proposito quanto ho già accennato di recente su questa rivista. Osserverò solo che, in questo caso, spostare le questioni sul piano della morale e della psicologia, evitando un'indagine fondata sull'economia e sulla politica, è funzionale all'autodifesa comunque dei sindacalisti quali professionisti - che mi sembra il fine di questo libro, e anche la sua fondamentale debolezza. " ... mentre l'essere burocrati e professionisti non desta alcun problema nella cultura precedente, diventa inammissibile trasgressione nei movimenti orientati sull'uguaglianza" (p.37). Che pasticcio! Sono messe insieme due categorie del tutto diverse: burocrati e professionisti. Poi si omette di dire che nel passato i burocrati non destavano alcun problema finché non si incontrava la loro presenza in sedi non proprie (diverse per esempio, dalla pubblica amministrazione): nella specie, non nei sindacati. Da un lato, dunque, si tende a equiparare l'attività sindacale e qualunque altra attività professionale. Dall'altro lato, 7
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==