incomunicati, lasciando che un orgasmo crescente abbia luogo davanti all'ocra dell'intonaco di un edificio ministeriale. Ho sognato di essere sola in una grande piazza deserta. Sotto un sole accecante, senza nessuna ombra intorno. Tutto il mio corpo era rivestito di bianco ed era come una gelatina: molle, senza consistenza. Non riuscivo a dominarmi, mi dilatavo spargendomi sul lastricato dei sanpietrini della piazza, sempre sotto quel sole atroce. Ero la piazza stessa e pativo, impotente, quella luce violenta. Non potevo gridare e la sofferenza restava dentro di me, crescendo. Ero tutta la piazza ... e dopo, al di là, cosa sarei stata? Sotto il calore ancora mi espandevo, risalendo lungo i muri dei palazzi, riempendo di me ogni fessura, ogni screpolatura dell'intonaco, disperdendomi, sentendomi parte di ogni cosa, ma privata di me stessa. Da un angolo all'altro, cercando di arrivare al di là della piazza, di poter vedere l'intorno, capire ... è iniziato il processo inverso, contemporaneamente lento e rapidissimo: io precipitavo lungo le facciate dei palazzi liberando di me ogni persiana, ogni stucco, senza potermi in alcun modo frenare. Ad ogni centimetro che il mio corpo cedeva pativo l'annientamento della morte. Come se un'esplosione interna attirasse le parti in me s~essa,verso un centro che pativa ogni ritorno come una mutilazione. Nel silenzio creato dalla solitudine colma di luce il mio corpo si restringeva, liberando di me le pietre della piazza, retratto oltre la misura normale, la mia corporeità senza forme definite era menomata e la mia fine si approssimava senza alcuna pausa, senza avere il tempo di poter pensare. Davanti allo sguardo cieco delle finestre dei palazzi, sempre grandi e lontani, nello spazio sempre piu ampio. Una goccia soltanto di me stessa: in essa il mio pensiero, le mie emozioni. Le mie sensazioni altro più non erano che l'angoscia, il patimento per la fine imminente ... e il cielo, il sole dilatato, la luce bianca sopra di me... Finivo senza finire. Vivevo la mia morte. Morivo continuando ad essere in quella piazza immensa, muta." Le accarezzai dolcemente la fronte, liberandola dai capelli scomposti; la tensione si manifestava sulla sua pelle in fitte rughe, i suoi occhi inquieti seguivano i miei gesti. Dissi: "Hai soltanto provato a immedesimarti nei miei pensieri, quella piazza silenziosa è il mio sogno ad occhi aperti, nella sua aria tesa e rarefatta io mi rifugio. L'ho costruita pietra per pietra, portandovi i palazzi catturati nelle mie passeggiate. In quel silenzio sono raccolti gli orgasmi che ho avuto scoprendo ogni sua componente e portandovela da luoghi diversi." Accanto a lei la mutazione era continua, mai ero pago di lei, .mai conscio di averla completamente posseduta, presa. La mia attenzione, il mio desiderio di conquista erano sempre tesi al compimento. Dopo ore di amore, lasciando il suo letto caldo, tornando a casa, la desideravo di nuovo. Placare la mia angoscia nel suo corpo, annullando il tempo, la separazione, l'ansia abbandonica, non è stato possibile. "Se il cielo si estende infinito, se nulla lo contrasta, lo frantuma, collocandolo entro spazi limitati, la distesa azzurra perde il suo fascino. È quel triangolo, che ne percepisco attraverso le pareti di quei palazzi, ad emozionarmi." Laura mi rispondeva con un sorriso dolce, senza parlare. In questi giorni evito con cura le passeggiate, mi sono interdetto tre quarti della città: ogni strada può diventare l'inizio di un percorso verso di lei. Mi sono chiuso in casa, anche nel buio della mia camera c'è il silenzio che avevo diviso con lei. STORII/PAOLUCCI MANCINELLI Le strade sono deserte, le piazze, ove il sole si riversa torrido, come nel sogno di Laura sono senza ombre. Sotto il cielo bianco percorro marciapiedi molli, prossimi alla liquefazione, su di ogni cosa il calore ribolle, lievita producendo contorni, come miraggi. Cammino senza guardare, lascio che la mia ombra porti,. per pochi istanti, sollievo a luoghi riarsi. In piazza le botteghe del mercato rionale sono chiuse, soltanto il chiosco di un verdumaio è aperto, ma .non c'è nessuno. Il proprietario, vedendomi avvicinare al suo banchetto, esce dal bar all'angolo. Mi allontano veloce imponendomi il percorso più lungo, mentre il sudore mi scivola lungo la schiena e l'aria mi scende polverosa nella gola secca. Sono sotto le persiane chiuse del suo appartamento, il fresco silenzioso, celato al loro al di là, mi è interdetto: il lungo corridoio, la penombra quieta del salotto, la luce che filtra tenue, oltre la persiana, attraverso le tende vaporose, per posarsi delicatamente sul letto intatto. È .il 16 agosto, un mercoledì di mezza estate, una torrida e implacabile estate. Laura è morta lunedì, nel primo pomeriggio. Alle sette di sera mi ha telefonato un amico comune, supponeva sapessi, voleva essermi vicino: ha dovuto dirmi tutto. Nel cervello di Laura, in pochi mesi, si era sviluppato un cancro. Laura sapeva. ' Aveva avuto il terrore di impazzire, poi aveva capito. Entrando in ospedale mi aveva allontanato da lei. Dal centro della piazza, dove la mia ombra si annulla, privandomi della possibilità di essere concretamente, rimango per ore a guardare al di là delle persiane, a spiare l'aria che nelle stanze chiuse si conserva, la stessa che insieme abbiamo respirato. Consumo queste ore di veglia nell'angosciosa attesa di riviverle, più tardi, nella luce senza calore dei miei sogni ad occhi aperti. ABBONARSI È MEGLIO LINEA D'OMBRA è mensile l'abbonamento a 11 numeri è di L. 50.000 per l'Italia L. 70~000 per l'estero. tramite conto corrente postale n. 54140207 intestato a LINEA D'OMBRA Edizioni Via Gaffurio, 4 - 20124 Milano Ricordiamo a tutti coloro che si lamentano con noi per la difficoltà a reperire la rivista nelle edicole e librerie di alcune regioni o provincie, di insistere con gli edicolanti perché la chiedano alle Messaggerie Periodici e con i librai perché la chiedano alla P .D.E. È anche questo un modo di aiutarci, forse uno dei più efficaci. 77
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