STORII/PAOLUCCI MANCINILLI prima, con una lunga dolcezza poi. "Vorrei non dovesse mai finire", le disse. "Sono qui, non può finire." "Vorrei rimanere in te, sempre, non provare l'ansia di perderti. Ogni volta ti perdo." "È una sensazione falsa." "Può darsi, ma questo incrina la mia felicità." "Forse la rende più grande, ogni volta si rinnova." Nel buio insieme a parlare, quante volte, sempre dopo. Mai il sonno aveva seguito il loro rapporto sessuale, rarissime · volte avevano dormito insieme: quell'ultimo Natale era stata una occasione particolare. Marcello si era svegliato per primo, nel silenzio del giorno festivo il sole, attraverso le imposte chiuse, era stato l'unica testimonianza del sopraggiungere del giorno. Nella scarsa luce i lineamenti di Laura si erano definiti lentamente. Con il trascorrere dei minuti il suo desiderio era cresciuto, l'aumentare dell'intensità della luce concretizzava la presenza di Laura. · Le si era delicatamente avvicinato prendendola dolcemente tra le braccia, la svegliò facendo l'amore. "Buon Natale, amore mio", le parole di Laura quando socchiuse le ciglia al suo sorriso. La luce della lampada sulla scrivania era diventata l'unica luminosità, fuori, le rondini erano andate a ripararsi nei loro ricoveri notturni e il silenzio era sceso con il buio. Un inizio di primavera violento. L'inverno era scomparso all'improvviso, con Laura. Impreparato, Marcello, era uscito al mattino con cappotto e cappello, poi aveva lasciato tutto in ufficio, non era voluto ritornare con quegli strascichi invernali. Tutta la natura si era data tacitamente appuntamento e tutto era primaverile. Lungo Valle Giulia aveva camminato liberamente, sotto il sole caldo, verso Villa Borghese. Nell'ampio viale, che conduceva al giardino zoologico, si era liberato anche della giacca, gettandosela su di una spalla, superflua. Sui rami nodosi degli alberi centinaia di gemme, spuntate silenziosamente all'alba; nella stessa alba in cui hanno viaggiato gli uccelli dei quali il canto stordisce l'udito disabituato. Sulla piazzola assolata, davanti al giardino, c'è un'impressione estiva, non c'è angolo che ospiti traccia d'ombra. C'è odore di caldo, di essenze forti sprigionate dal calore che investe ogni cosa. Laura ancora nei pensieri come una certezza. Dieci giorni fa camminavamo vicini, allacciati, sotto il suo piccolo, insufficiente ombrello, nell'odore di un temporale. Il grigiore del cielo, dei palazzi, di ogni cosa lo sguardo potesse raggiungere, annientava la sensibilità ottica. Il rumore ritmico dell'acqua sui marciapiedi era monotono, aveva spento la curiosità dell'udito. Quell'odore freddo e netto mi rimase dentro mentre il calore e i profumi di Laura mi avvolsero più tardi, quando nel suo letto facemmo l'amore. La memoria precisa di una giornata e di noi due insieme, un ultimo strascico dell'inverno agonizzante, l'ultimo incontro con Laura. Ora entrambi irreali, onirici. Dovevamo vederci nel pomeriggio, ero fermo alla piazzetta a godere le emozioni che le avrei trasmesso. "Boni ragazzì. .. uno pe' volta ... no?!. .. Tu che voj?" "A me cioccolato, nocciola e panna." "Si, ecco... Fermi! non spingete." La ressa di una scolaresca intorno al camioncino del gelatafo, anche del ritorno di quella consuetudine doveva ricordarsi di raccontare a Laura. I ragazzetti, eccitati dalla giornata diversa, si affollavano addosso all'uomo di mezza età, pingue, reso scortese dai grami guadagni invernali. Loro, i giovani acquirenti, entusiasti per il primo gelato della stagione, gli facevano ressa intorno. Negli occhi ancora le fauci dei leoni e il progetto di una spedizione di caccia in Africa, sui capelli lucidi e fini il sole caldo del mezzogiorno. La telefonata di Laura mi raggiunse nel mio appartamento: "Marcello, sono io." La sua voce era seria, ma questo lo ricordai soltanto più tardi. "Ciao amore, dove sei?" "A casa." "A che ora passo a prenderti? ... È una giornata bellissima, non possiamo perdere un minuto." Laura non rispose. Proseguii: "Io non ho ancora mangiato. Se vuoi potremmo andare a pranzo insieme... c'è un'aria che mi fa sembrare sprecato ogni secondo che rimango chiuso in casa ... " Aspettai una sua risposta. "Marcello io ti lascio. Non mi è più possibile portare avanti la nostra relazione." Se fosse stato un grigio giorno invernale avrei faticato meno a capire le sue parole. Invece dovevo scendere dal sole, uscire dall'aria tiepida perché le sue parole raggiungessero il mio cervello. "Non è più possibile. Lascia che tutto finisca senza strascichi inutili." Laura parlava interpretando il mio silenzio, le parole che non riuscivo a dire. Sono seduto dietro la scrivania a iniziare la nuova esperienza con la memoria. Sono i ricordi recenti che si confondono con le immagini casualmente ricomparse dagli anni più lontani. Frammenti apparentemente slegati che si sgomitano tra le carte, il portapenne, il telefono, i raggi di sole il cui riverbero mi fa socchiudere le palpebre. • Sono uscito da casa sua che era già buio, aveva smesso di piovere, ma sui marciapiedi bagnati le luci della città, riflesse, erano colori vivaci, moltiplicati per appagare i sensi. Mi sono chiuso nel tenue calore del mio cappotto, le mani in tasca, esponendo solo il viso all'umido freddo sono andato via. Dieci giorni. Il sole sta lentamente seguendo l'arco del suo cammino, scenderà e si inclinerà privandomi di parte della sua luce, regalandomi in cambio i colori saturi del pomeriggio. Amo quest'ora, mi piace abbandonarmi al circostante, negarmi qualsiasi azione possa distrarmi da ciò che accade naturalmente. D'inverno, soprattutto, la durata di questo tempo pomeridiano è estremamente contratta, l'emozione è più intensa perché tutto è concentrato nello spazio di un paio d'ore. Subito dopo si manifesta la sera: i colori si smorzano, i rumori del passaggio alla notte si annullano prima di moltiplicarsi nel caos del traffico serale. Ma prima, nelle ore subito seguenti il mezzogiorno, io vivo i momenti più intensi della mia vita interiore. Mi piace camminare per strade e incroci di vie cromaticamente saturi, tra palazzi dalle facciate silenziose, mute eccetto che per trasmettermi la sensibilità particolare delle loro tinteggiature. Sotto un cielo teso, in un azzurro intenso, porto me stesso a godere di piaceri 76
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