Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

sarebbe passata la ferrovia, le cui azioni il barone aveva interesse a valorizzare. Non credo. Penso che fosse un b.rav'uomo, niente di più. Concesse a ogni famiglia un lotto di terra, una casa di legno, macchinari agricoli, animali. Shabtai Zvi e Natan de Gaza erano ancora con noi. Ebbero una casa, sebbene al fattore del barone non piacesse l'idea di vederli entrambi sotto lo stesso tetto. "Abbiamo bisogno di famiglie" disse in modo perentorio, "e non di gente strana". Shabtai Zvi lo guardò. Era tale la forza di quello sguardo che ci lasciò paralizzati. Il fattore del barone rabbrividì, si accomiatò e se ne andò di gran carriera. Noi ci mettemmo all'opera. Com'era dura la vita di campagna! Abbattere gli alberi. Arare. Seminare ... Le nostre mani si riempivano di calli e sanguinavano. Per mesi non vedemmo Shabtai Zvi. Se ne stava chiuso in casa. Aveva probabilmente finito i quattrini, perché Natan de Gaza andava in giro per il paese chiedendo vestiti e cibo. Annunciava che presto Shabtai Zvi sarebbe risorto e avrebbe portato buone nuove e tutta la popolazione. "Ma che cosa faceva?" gli chiedevamo. Cosa faceva? Studiava. Studiava la Cabala, il capolavoro del misticismo ebraico: il Libro della Creazione, il Libro della Gloria, il Libro dello Splendore. L'occultismo. La metempsicosi. La demonologia. Il potere dei nomi (i nomi possono scongiurare i demoni; chi conosce il potere dei nomi può camminare sull'acqua senza bagnarsi i piedi; per non parlare della forza del nome segreto, ineffabile e impronunciabile di Dio). La scienza misteriosa delle lettere e dei numeri (le lettere sono numeri e i numeri sono lettere; i numeri hanno poteri magici; le lettere sono i gradini della sapienza). In quel mentre il brigante Chico Diabo fa la sua comparsa a Barao Franck. Viene dalla frontiera con i suoi feroci seguaci. Fugge dagli "Abas Largas" e si nasconde nelle vicinanze della colonia. E depreda, e distrugge, e corrompe. Uccide sogghignando i nostri tori, strappa loro i testicoli e se li mangia leggermente abbrustoliti. E minaccia di ucciderci tutti se lo denunciamo alle autorità. Come se questa disgrazia non bastasse, viene giù una grandine che rade al suolo le piantagioni di grano. Siamo in preda alla più cupa disperazione, quando riappare Shabtai Zvi. È trasfigurato. Il digiuno gli ha devastato il corpo robusto, le spalle scoscese. La barba ora, stranamente brizzolata, gli arriva a metà busto. La santità lo avvolge, gli illumina lo sguardo. Percorre lentamente fino in fondo la strada principale ... Noi abbandoniamo i nostri attrezzi, usciamo dalle nostre case, lo seguiamo. Shabtai Zvi ci parla in piedi da un monticello di terra. "Il castigo divino si abbatte su di voi!" Si riferiva a Chico Diabo e alla grandine. Ci eravamo attirati l'ira di Dio. E cosa potevamo fare per espiare i nostri ffORII/SCUAR peccati? "Dobbiamo abbandonare tutto: le case; la coltivazione dei campi; la scuola; la sinagoga; noi stessi costruiremo una nave - lo scafo con il legno delle nostre case, le vele con gli scialli che usiamo per le preghiere. Attraverseremo il mare. Arriveremo in Palestina, a Eretz Israel; e lì, nell'antica e santa città di Sfat, costruiremo un grande tempio". "E aspetteremo lì l'arrivo del Messia?" chiese qualcuno con voce tremante. "Il Messia è già arrivato!" gridò Natan de Gaza. "Il Messia è qui! Il Messia è il nostro Shabtai Zvi!" Shàbtai Zvi aprì il mantello in cui era avvolto. Indietreggiammo atterriti. Il suo corpo nudo era pieno di cicatrici; sul ventre una cintura tempestata di chiodi con le punte che affondavano nella carne. Da quel giorno non lavorammo più. Che la grandine distruggesse pure le piantagioni. Che Chico Diabo rubasse gli animali, perché noi ce ne andavamo via. Felici, abbattevamo le case. Le donne cucivano i panni per fare le vele della nave. I bambini coglievano i frutti selvatici per le conserve. Natan de Gaza, secondo quanto diceva, raccoglieva fondi per sobillare i potentati turchi che dominavano la Terra Santa. "Che cosa succede agli ebrei?" si chiedevano gli abitanti della regione. Erano così turbati che chiesero a Don Batistella di informarsi. Il sacerdote venne a trovarci; sapeva delle nostre difficoltà, era disposto ad aiutarci. "Non abbiamo bisogno, padre", rispondemmo con tutta sincerità. "Il nostro Messia è arrivato; lui ci libererà, ci farà felici". "Il Messia?" il sacerdote era esterrefatto. "Il Messia è già passato sulla terra. È stato Nostro Signore Gesù Cristo che ha trasformato l'acqua in vino ed è morto sulla croce per i nostri peccati". "Taci , padre!" gridò Sarita. "Il Messia è Shabtai Zvi!" Sarita, figlia adottiva del grasso Leib Rubin, aveva perso i genitori in un pogrom. Da allora era rimasta con la mente un po' scossa. Seguiva ovunque Shabtai Zvi, convinta com'era di essere la sposa serbata per l'Unto del Signore. E con nostra sorpresa Shabtai Zvi la accettò, si sposarono il giorno in cui finimmo lo scafo della nave. L'imbarcazione riuscì bene; volevamo portarla al mare, come Bento Gonçalves aveva trasportato la sua nave, su un grande carro trainato dai buoi. Buoi che erano già pochi. Chico Diabo ora si faceva vivo tutte le settimane e si portava via due o tre capi per volta. Alcuni parlavano di affrontare i briganti. Shabtai Zvi non approvava l'idea. "Il nostro regno è al di là del mare. E Dio veglia su di noi. Lui provvederà". Infatti Chico Diabo scomparve. Per due settimane lavorammo in pace e ultimammo i preparativi per la partenza. Allora, un sabato mattina, un cavaliere entrò al galoppo in paese. Era Gumercindo, luogotenente di Chico Diabo. "Chico Diabo è ammalato!" gridò senza scendere dal cavallo. "Sta molto male. Il dottore non riesce a trovare una 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==