LABALLATADELFALSOMESSIA Moacyr Scliar Moacyr Scliar, nato a Porto A/egre nello stato di Rio Grande do Sul il 23 marza del 1937, è un singolare narratore che eccelle nella forma del racconto breve. L'originalità di questa voce nell'ambito delle lettere brasiliane consiste, oltre che nella peculiarità dei temi trattati - l'emigrazione ebraica in Brasile e il confronto culturale fra diverse tradizioni -, ne/l'espediente narrativo legato ad un abile gioco in cui il reale si mescola con il fantastico, il sacro con la magia, il quotidiano con situazioni inusitate. Il suo esordio come scrittore, con il libro Històrias de médico em formaçao, nel 1962coincide con l'inizio della sua carriera di medico e da quel momento produzione letteraria e attività scientifica procedono su binari paralleli, tanto che alcuni suoi stravaganti e assurdi personaggi rimbalzano nella pagina da un reale contesto patologico. Alcuni dei testi di Scliar sono stati tradotti in Francia, in Germania e negli Stati Uniti, e in patria lo scrittore ha spesso ottenuto il riconoscimento della critica con importanti premi letterari. Un suo interessante e fortunato racconto pubblicato nel 1976 è La ballata del falso Messia che dà il titolo al libro omonimo e che successivamente è stato incluso in un'antologia dei testi pili significativi pubblicata a Sao Paulo nel 1984 a cura di Regina Zilbermann (Os melhores Contos, Globo/ Editor.a). Lo stile, convenzionalmente prossimo al surrealismo tragico, 'siavvale di una costante che è l'ironia, un 'ironia intensa e vibrante con cui Scliar ricompone le parabole della società contemporanea. Nelle descrizioni de/l'insensatezza umana egli alterna a una vena di innocenza infantile la crudezza tipica del neonaturalismo in una prospettiva non solo ironica, ma satirica e non di rado melodrammatica. Ricorrente, sia nei componimenti brevi che in quelli a pili ampio respiro, è il tema del viaggio che sottolinea l'inquietudine dell'uomo in quel suo andare e venire, in quel suo inappagabile desiderio di evasione. In un senso pili generale il viaggio rappresenta il ciclo vitale de/l'umanità, o piuttosto la natura ciclica della vita. I suoi personaggi per contro sono volutamente privi di identità, di individualità, sono psicologie abbozzate, tipi generici, modelli di azione o di comportamento e perciò spesso non hanno neppure un nome. Ci sono però delle eccezioni in cui l'identificazione degli eroi sovverte l'anonimato e questo avviene nelle vicende degli ebrei e nelle storie degli scrittori contenute in quel racconto lungo che si intitola Os Contistas. "Gli ebrei e gli scrittori hanno nomi e abitudini particolari che li differenziano dagli altri e consentono loro il recupero dell'individualità apparentemente limitata dalle trasformazioni della società contemporanea". La tematica religiosadegli ebrei si inserisce in un quadro socialepili ampio. L'autore spazia, cedendo afacili digressioni e afrequenti flashback, in un mondo estremamente complesso e spesso improbabile. Le immagini simboliche dell'universo di questo "gaucho" percorrono una vasta gamma di colori e sfumature, sicché dai toni pili tenui e ingenui irrompono le pennellate di sadismo e di masochismo o di humor sarcastico. La presenza de/l'assurdo, del fantastico, del paradosso, dei tabli sociali, della realtà convenzionale accanto ad altri tòpoi della sua narrativa non rivelano tuttavia le sue matrici culturali; benché si sia voluto affiancare il suo nome a quello di altri scrittori sudamericani, come ha scritto Wilson Martins, la sua "è una linea inesistente nella letteratura brasiliana" e forse anche in quella universale; è nota d'altronde la sua predilezione per l'insolito, per ciò che è fuori del comune, in una parola, per l'originalità. E anche quando l'originalità non sarebbe possibile per la banalità dei contenuti, Moacyr Sc/iar con straordinaria modalità espressiva ci rivela 52 l'altra faccia della realtà, delle persone e degli avvenimenti. Amina Di Munno Sta per versare del vino nel bicchiere. Le sue mani ora sono piene di rughe e tremano. Ma mi impressionano ancora queste mani grandi eforti. Le paragono alle mie, dalle dita corte e grosse, e ammetto che non l'ho mai capito né lo capirò mai. Lo incontrai per la prima volta a bordo dello Zemlia. In quella vecchia nave, noi ebrei lasciavamo la Russia; temevamo i pogroms. Ci ammiccavano con la promessa dell' America e lì andavamo, compressi nella terza classe. Piangevamo e vomitavamo in quel lontano 1906. Quando imbarcammo loro erano già sulla nave. Shabtai Zvi e Natan de Gaza. Noi li evitavamo. Sapevamo che erano ebrei, ma noi russi siamo diffidenti. Non abbiamo simpatia per chi è ancora più orientale di noi. E Shabtai Zvi era di Smirne, nell'Asia Minore - si capiva dal colore della sua pelle bruna e dagli occhi scuri. Il capitano ci raccontò che apparteneva a una famiglia molto ricca. Infatti lui e Natan de Gaza occupavano l'unica cabina decente della nave. Perché dunque andavano in America? Perché fuggivano? Domande senza risposta. Natan de Gaza, un uomo piccolo e bruno, attirava in modo particolare la nostra attenzione. Non avevamo mai visto un ebreo della Palestina, di Eretz Israel - una terra che per molti di noi esisteva solo nei sogni. Natan, che era un grande oratore, parlava a un pubblico attento delle dolci colline della Galilea, del lago di Kineret, della storica città di Gaza dove lui era nato e di cui Sansone aveva abbattuto le porte. Quando era·ubriaco però malediceva la terra natale: "Pietre e sabbia, cammelli, arabi ladri. .. ". Lungo le Canarie Shabtai Zvi lo sorprese a maledire Eretz Israel. Gliene suonò tante da lasciarlo sanguinante riverso per terra; quando Natan osò protestare lo demolì con un ultimo calcio. Dopo questo episodio rimase per giorni chiuso in cabina senza parlare con nessuno. Quando passavamo da lì sentivamo gemiti... e sospiri... e dolci canzoni. Una mattina all'alba fummo svegliati dalle grida dei marinai. Ci precipitammo in coperta e Shabtai Zvi era lì che nuotava nel mare gelido. Calarono una scialuppa e a fatica riuscirono a tirarlo fuori dall'acqua. Era completamente nudo e così passò tra di noi, a testa alta, senza guardarci - e andò a chiudersi in cabina. Natan de Gaza disse che il bagno era stato una penitenza, ma la nostra conclusione fu un'altra: "Il turco è pazzo". Arrivammo a Ilha das Flores, a Rio de Janeiro e di lì proseguimmo per Erexim, da dove ci trasportarono su due carri verso le nostre nuove dimore in una colonia che si chiamava Badio Franck, in omaggio al filantropo austriaco che aveva patrocinato la nostra venuta. Eravamo molto grati a quell'uomo che peraltro non abbiamo mai conosciuto. Alcuni dicevano che nelle terre in cui ci stavamo stabilendo, più tardi
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