REALTÀEVISIONE UNAPICCOLASTORIAAFRICANA Olive Schreiner In Sudafrica, nella seconda metà del secolo scorso, una donna bianca comincia a scrivere, un po' per necessità e un po' per gioco. Proviene da una famiglia povera, è autodidatta e fa la governante per vivere; alcuni de{ suoi datori di lavoro la trattano bene, altri la pagano poco e la sfruttano - ma fra le ristrettezze, non solo materiali, della sua condizione di vita, lei riesce a trovare un suo spazio personale, scrivendo racconti nei ritagli di tempo o inventando favole per i bambini. È questo il background da cui proviene Olive Schreiner, ed è su questo tipo d'esperienza che s'innesta la sua produzione letteraria, nella quale spicca l'ormai noto Storia di una fattoria africana (1883), romanzo che ha avuto il merito di rendere famosa la sua autrice e di dare inizio alla tradizione letteraria sudafricana. Altri scrittori, prima della Schreiner, avevano ambientato i loro romanzi in Sudafrica, ma nessuno aveva mai assunto un punto di vista "interno" alla colonia, una prospettiva ideologica che non fosse condizionata dai miti della politica imperialista inglese. Il racconto d'avventura e l'esotismo di altre opere dello stesso periodo non compaiono nella scrittura di questa sudafricana, la quale esperimenta in modo disincantato la vita dura della terra in cui è nata, e sceglie di rappresentar/a con una narrazione semplice e realistica che può a volte suonare "datata" o "vittoriana" a/l'orecchio del lettore moderno, ma che ha segnato i ritmi e le tematiche per molti scrittori delle generazioni a lei successive, fino a oggi. Le donne tendono sempre a scrivere del loro mondo, di ciò che vivono in prima persona; per la Schreiner ciò significa parlare del Sudafrica - la storia tormentata, i conflitti insanabili - e della sua non facile esperienza di donna, vittoriana e femminista allo stesso tempo. La produzione letteraria si costruisce attorno a questi due grandi punti di riferimento, e prende la forma di romanzi, racconti, saggi politici storici e femministi. Questi scritti, apparsi più o meno un secolo fa, hanno continuato a esserepubblicati in Sudafrica, Inghilterra e America, comparendo anche in altri paesi e oggi in Italia, forse in congiunzione con la sconcertante attualità del problema sudafricano e con la nascita di un nuovo interesse per le letterature dei paesi di lingua inglese. La collana di narrativa africana e caraibica. "il lato dell'ombra" delle Edizioni Lavoro diretta da Itala Vivan, che si assume il compito di colmare le lacune esistenti nella nostra cultura a riguardo di letterature considerate "minori", sta per pubblicare una selezione dei racconti più emblematici di Olive Schreiner, che apparirà entro l'anno con il titolo Milleottocentonovantanove. La raccolta, il cui nome deriva da un racconto lungo sul conflitto anglo-boero, a/terna.pagine di vita e storia sudafricana a momenti tutti europei riguardanti l'esperienza femminile alle soglie del Novecento, quando il limite fra la realtà e la visione di un futuro diverso veniva vissuto sulla pelle e combattuto giorno per giorno. È la carica visionaria della scrittrice a colpire in questi rac42 conti, insieme alla sua lucidità nel giudicare il presente e alla capacità di vedere oltre, di sognare un Sudafrica di uomini liberi e una donna finalmente libera dalle catene del passato. Il breve racconto qui riportato è un 'anticipazione dell'atmosfera dimessa e affascinante della raccolta, della sua ambientazione spoglia ed essenziale in un Sudafrica che non è la terra favolosa dei cercatori d'oro, ma che si identifica invece con il deserto del karoo, con l'esistenza faticosa di boeri, ottentotti e boscimani. Annalisa Oboe La piccola Jannita sedeva sola vicino a un'euforbia e il sole le batteva sulla testa. Davanti e dietro a lei si stendeva la pianura del karoo, coperta di sabbia rossa e di spinosi cespugli nani, con qua e là un'euforbia, simile a un fascio di bacchette verde pallido legate insieme. Nemmeno un albero in vista, se non sulle rive del fiume che però era lontano. Attorno a lei brucavano le caprette d'angora che stava pascolando - cosette carine, specialmente quelle piccole con serici riccioli bianchi che sfioravano il suolo. Ma Jannita, là seduta, piangeva. Credo che se un angelo del cielo raccogliesse tutte le lacrime che sono state sparse, le più amare sarebbero quelle dei bambini. Ben presto si sentì così stanca, e il sole era così caldo, che appoggiò il capo contro l'euforbia e si addormentò. Fece un sogno bellissimo. Sognò che quando tornava alla fattoria quella sera, le pareti erano ricoperte di viti e rose e che i kraa/s non erano fatti di pietra rossa, ma di alberi di lillà in fiore. Il vecchio boero grasso le sorrideva, e il bastone che teneva di traverso sul cancello, per far saltare le capre, era uno stelo di giglio con sette fiori all'estremità. A casa, la padrona le dava per cena un roaster-cake intero, che la figlia aveva decorato con una rosa, e il genero della padrona diceva "grazie!" quando lei gli sfilava gli stivali e non la prendeva a calci. Era un bel sogno. Mentre così sognava, uno dei capretti venne a leccarle una guancia, a causa del sale lasciato dalle sue lacrime ormai asciutte. E nel sogno lei non era più una povéra bambina a contratto che viveva con i boeri: era suo padre che la baciava. Diceva che si era solo addormentato, quel giorno quando giacque sotto il rovo - non era morto per davvero. Le accarezzò i capelli e disse che si erano fatti lunghi e lisci come la seta, e aggiunse che ora sarebbero tornati in Danimarca. Le chiese perché era scalza e che cos'erano quei segni sulla schiena. Poi le fece appoggiare il capo sulla sua spalla, la sollevò e la portò via, via! Lei rideva - sentiva il suo viso contro la barba scura e le sue braccia forti. Mentre lei stava lì a sognare, con le formiche che le correvano sui piedi nudi e i riccioli scuri sparsi nella sabbia, un ottentotto venne verso di lei. Indossava un paio di cenciosi calzoni gialli, una camicia sporca e una giacca strappata. Aveva un fazzoletto rosso attorno al capo e su questo un cappello di feltro. Il naso era schiacciato, gli occhi come fessure e la
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