alto, di mettersi a faccia al muro. Io rimasi fermo al mio posto. Un poliziotto m'afferrò per un braccio e mi spinse contro il muro. Ci perquisirono tutti, palpandoci da sotto le ascelle fino alle caviglie. Quindi chiesero a ognuno il passaporto. - Non ce l'ho - dissi io. - Ho la patente. - La patente? Tu guidi in Italia? - E dove devo guidare? - Ma sei italiano? Mi veniva voglia di gridargli, con voce profonda, gutturale, "No, no, sono negro, sono arabo, sono ebreo, sono di tutte le razze, come te!" - Fai vedere la patente. Gli feci vedere anche quel pezzo di giornale sgualcito e sbiadito dove si parlava di me, del mio libro. - Sono uno scrittore - gli dissi pateticamente. - Va be', va be'. Ma lei che ci fa qua? - Pioveva, mi sono riparato - risposi vigliaccamente. E ancora più vigliaccamente tirai fuori quel tesserino dei Pubblicisti per cui s'appartiene, sia pure da poveri sottufficiali, al magnifico Ordine dei Giornalisti. E il poliziotto, subito: - Dotto', a quest'ora di notte, per questi quartieri è assai pericoloso. Si faccia accompagnare almeno da un fotografo. "Ecco", mi dicevo in macchina, ritornando umiliato a casa, "così difendiamo il nostro ultimo respiro; la nostra agonia. Ci illudiamo di sopravviveredifendendo il nostro benessere da ogni minima minaccia. Tutta questa enorme ricchezza sotto cui finiremo schiacciati,sepolti, bianchi e immobili per sempre". STORIE/BIRRINI I BIANCHI Andrea Berrini Scena uno. In fondo alla penisola, affacciato sul golfo più a nord e sulle tre isolette della barriera corallina, c'è lo yacht club. Yacht club vuol dire che ci tengono le barche a vela (solo quelle piccole: che vuoi farci qui, con una barca grossa, tanto non puoi andare da nessuna parte non ci sono altri yacht club lungo la costa). La vita del club è disciplinata da una commissione di baronetti inglesi, che si incarica di decidere sull'eventuale ammissione di nuovi membri. Non ci sono regole che impediscano l'ammissione dei neri al club: il governo protesterebbe. Ma nessun nero è membro del club. Una volta un diplomatico scandinavo ci ha invitato l'ambasciatore del Ghana: la cosa non si è più ripetuta. Mi sono sempre chiesto cosa succederebbe se·gli Stati Uniti nominassero un ambasciatore nero anche qui. Scena due. Gianni è agronomo. Lavora al Ministero del- !' Agricoltura di questo paese. Ha il computer: lo usa per fare una programmazione della produzione agricola in una certa regione. Gli piace questo lavoro, ed è il secondo contratto che firma con la Fao, è già stato in un paese del Sahel che gli piaceva molto, e alla scadenza di quest'incarico sceglierà un'altro paese africano. È progressista e di idee aperte, quando discutiamo con altri italiani lui prende le difese di questo paese, e qualcuno mi ha detto, anche Gianni è terzomondista come te. Un giorno siamo seduti al bar e viene a prendermi un amico di qua. Gianni si meraviglia moltissimo: frequenti degli africani? Mi meraviglio io: perché, tu no? Mi 37
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