Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

UNO,DUEETANTI INCONTRO C NTAHARBENJELLOUN a cura di Goffredo Fofi e Egi Volterrani Cominciamo dalla domanda più sciocca: perché scrivi in francese e non in arabo? È la domanda inevitabile, credo che mi perseguiterà fino alla morte! Ne capisco d'altronde la ragione: è legittimo chiedersi il perché di questa cosa bizzarra, di uno scrittore arabo che scrive in francese. Bene, per prima cosa bisogna ricordare al lettore che fino al 1956il Marocco era un protettorato francese e che l'insegnamento era a dominante francofona. Per quello che mi riguarda, sono bilingue, ma in rapporto alla scrittura sono molto più a mio agio con il francese che non con l'arabo ... e preferisco scrivere in francese, perché conosco meglio la lingua francese di quella araba. Questo non risolve, mi pare il problema della tua identità di scrittore, tanto più che il problema dell'identità si presenta come centrale nella tua opera e in particolare in Creatura di sabbia ... I miei due ultimi romanzi, Creatura di sabbia e La notte fatale sono due libri, credo, sull'identità e la differenza. A proposito dell'identità, nel mio libro L 'écrivain public, che è una sorta di narrazione autobiografica, un mio doppio racconta la mia storia. Già con quel libro la stampa francese ha messo in rilievo l'aspetto ambiguo, ambivalente di quest'identità. Diciamo che uno scrittore francese al 100%non deve certo porsi questo problema: è lì, scrive, ed è tutto. Ma penso anche che il nostro problema d'identità, di noi immigrati, di noi che partecipiamo di due culture, è anche la nostra fortuna, la nostra ricchezza, perché riusciamo, con tutti questi problemi, a fare dei libri. Ed è molto. C'è un fatto che, per esempio, l'estrema destra francese (estrema perché stupida) non arriverà mai a capire: è che la società multiculturale e multirazziale è una società più ricca e più bella. Purtroppo c'è sempre gente che ha freddo, l'estrema destra propaga il freddo e la chiusura. Anche parte della destra. C'è gente che ha paura, una paura che si può comprendere, che ha un senso perché questa gente vede che il proprio paese, dopo aver dominato per un secolo e forse più l'Algeria (130 anni, in questo caso), il Marocco, la Tunisia, parte dell'Africa, dopo essere stato una potenza coloniale, si ritrova oggi privo di questa potenza e però con quattro milioni di stranieri insediati in Francia, non certo per il piacere ma per lavorare, partecipando all'economia del paese. Ed ecco che questi quattro milioni di stranieri mettono al mondo dei figli, in Francia, e che questi bambini sono intelligenti, sono belli, sono vivaci, e sono anche francesi, ma partecipano di due culture. Ecco dunque la paura, perché c'è gente che ha l'impressione che qualcosa gli tolga la sua identità. Mentre quando oggi si guarda alla cultura francese, se essa è ricca è grazie ai diversi e molteplici apporti degli stranieri, da Picasso fino, magari, a un razzista come Ionesco, che rimane comunque un buon commediografo, passando per Beckett, Nathalie Sarraute, Henri Troyat che è di origine russa, Cioran che è romeno, eccetera eccetera. E anche gli arabi, a cominciare dal grande poeta libanese ora assai vecchio, Georges Schéhadé. La cultura francese oggi è fatta di francesi, naturalmente, ma anche molto di stranieri. E di qui la paura, che è anche una manifestazione normale. Pensate se l'Italia, domani, vedesse la sua cultura fatta in buona parte da scrittori etiopi ed eritrei che scrivono in italiano ... Invece di razionalizzaretutto questo, c'è gente che ha paura. La paura si spinge molto oltre, e la si ritrova in campo politico, per esempio presso Le Pen e i suoi commandos criminali, la si ritrova nel "Figaro Magazine" con i suoi intellettuali di destra alla Pauwels. È questo giornale ad essere stato l'elemento di mobilitazione del razzismo in Francia, l'anno scorso fecero una copertina con la Marianna, il simbolo della Francia, coperta da un chador, per dire che tra trent'anni non ci saranno più francesi! qualcosa di aberrante ... E c'è paura anche negli ambienti culturali ... un fenomeno semplice da capire. I tre o quattro grandi best-sellerdella letteratura francese del 1987, i libri che il pubblico ha più apprezzato - e comprato - sono le opere di una giornalista francofona, bensì di madre turca e di padre indiano, che ha scritto la storia della madre col titolo De lapart de laprincesse morte. Edito da Laffont, è un libro che è stato in testa ai best-seller per mesi e mesi (e adesso è al secondo posto, dopo il mio libro); di Aamin Maalouf, un libanese, Leone l'africano, duecentomila copie; e poi i miei due libri, che hanno fatto man bassa del mercato! Mettendo insieme le copie di Creature di sabbia e La nuit sacrée si arriva a mezzo milione di esemplari venduti. Uno scrittore francese a cui va male non può che avere paura ... D'altronde i libri francesi sono molto noiosi, molto "letterati", come se gli scrittori non avessero più molto da raccontare o non sapessero più farlo. Restano solo i grandi vecchi... Certo, Gracq, Simon ... ma sono persone di settanta, di ottanta anni! Tra i quaranta-cinquantenni c'è solo, che mi piaccia, Le Clézio... C'è dunque un problema di rapporti di forza. Il fatto che io abbia avuto il Goncourt non poteva piacere a tutti. Bisogna dire la verità, la stampa è stata formidabile, perfino "Paris-Match", perfino "France-Soir" erano contenti che venisse dato a me. Ci sono state solo tre reazioni negative. La prima, proprio prima del premio, di Angelo Rinaldi, che era tra i finalisti, e che dunque ha fatto qualcosa di poco corretto. Poi un articolo aggressivo, il giorno dopo la proclamazione del premio, di Dominique Jamès nel giornale di destra "Le quotidien de Paris", che riprendeva peraltro la tesi di Rinaldi, secondo la quale io non sarei un vero romanziere. E c'è stato infine il caso di "Minute", che mi accusa di plagio - e adesso c'è un processo - in rapporto a una sceneggiatura che non ho mai letto che tratta di un argomento simile. Le reazioni positivesono state infinitamente più numerose. Me ne accorgo quando mi chiamano a firmare il libro nelle librerie, e il pubblico, parlo del pubblico francese, è sinceramente contento che sia stato il mio libro a vincere. 29

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