ILCONTESTO Ora, lo capirebbe anche un bambino, un pianismo così non può che portare lontano da Beethoven: anche se suona Beethoven. Ma questo è importante: dove porta quel pianismo è dove siamo noi. Ed è proprio questo viaggio, da Beethoven al qui e ora, che consuma l'interpretazione, se non è pura riesumazione e archeologia: e quel viaggio è l'emozione che essa regala all'ascoltatore. Pogorelich la regala, come pochi altri: perché il suo è un pianismo che graffia i nervi, che tormenta la mente, che non lascia in pace, che violenta qualsiasi abitudine e accelera patologicamente il pulsare dell'attenzione. In quella sua sistematica esasperazione di tutto, cristallizza una nuova spettacolarità che fa rima col moderno: ci crepita dentro tutta una storia di terremoti che è la nostra. Perfezione, nevrosi e intelligenza: è l'epifania di una nuova retorica. Non la sbandiera il solo Pogorelich. Gavrilov, tanto per fare nomi, è un altro che strappa via dal consolatorio rito della musica colta come paradiso perduto e tranquillizzante: c'è in lui un . po' di accademismo in più e una punta di spregiudicatezza in meno, ma l'ansia è la stessa, e la violenza e il piacere fisico della sonorità inaspettata e del ritmo ossessivo. Senti Gavrilov suonare Schumann e fai fatica a capire chi dei due è più pazzo. Questo pianismo nevrastenico (eppur controllato fino al millimetro da un dominio tecnico eccezionale) è naturalmente il contraltare a decenni di pianismo di intrattenimento, consacrato a una tranquillizzante tradizione del passato. Con maggiore o minor genio legioni di pianisti, da Magaloff a Benedetti Michelangeli, ripropongono un certo approccio al passato che è cura museale, devoto rito di consacrazione di una realtà polverizzata da secoli. È una cerimonia, ovviamente, che ha il suo fascino: e i suoi grandi sacerdoti. Ma rimanerci abbarbicati con ostinata ottusità è ridicolo. La paura del moderno, che in mille forme contraddistingue il pubblico della musica colta, riverbera anche in questa paura di mettersi in sintonia con chi rompe gli argini della pura esegesi conservativa. Si ha talmente terrore di Pogorelich che si finisce per spellarsi le mani per Campanella: siamo all'assurdo. C'è da pensare che solo un radicale ricambio generazionale del pubblico possa riuscire a cambiare un po' l'aria, qui dentro. O sarà sempre più noia, magari di classe, sofisticatissima, unica, irripetibile: ma noia. * * * 22 CONFRONTI ILMISTERODIAGATHA Roberta Mozzanti Ho letto il saggio•di Barbara Lanati, Frammenti di un sogno. Hawthorne, Me/ville e il romanzo americano, (Feltrinelli 1987,pp. 229, L. 30.000) in una situazione insolita per me, rioercatricedi letteratura angloamericana in un istituto universitario: un'occasione di vacanza esotica, lontana - per distanza geografica e culturale - dalle biblioteche, aule e scrivanie in cui avrei normalmente consumato la lettura. Per via di questo spaesamento, forse, il rapporto con il testo è stato particolare: qualche settimana prima della partenza avevo preoccupazioni squisitamente ''accademiche'' nei confronti del giudizioche avrei dovuto darne, anche perché Barbara Lanati ha scelto di misurarsi con due mostri sacri della letteratura americana e con un intreccio di rapporti fra i più complessie affascinanti in quest'ambito. A partire dalla relazionefra Hawthome e Melville, dal!' "amicizia particolare di due uomini del tutto diversi: chiuso, riflessivo, reticente il primo, estroverso, entusiasta, irrequieto il secondo" (p.19), Lanati prosegue poi temerariamente lungo le connessioni e le cesure fra vita e scrittura, fra nove/ e romance, fra Vecchio e Nuovo Mondo. Scelta temeraria, perché su questi nodi la storia della cultura, la sociologia, la letteratura e oggi anche la psicopatologia della vita quotidiana si sono soffermate e hanno pronunciato i loro ormai innumerevoli giudizi. Mi ero subito chiesta, perciò, se fosse possibile scrivere ancora qualcosa di nuovo, che seguisse insolite tracce, che facesse viaggiare i lettori lungo rotte originali nello spazio - ormai così fitto di messaggi e giudizi - fra noi e l'America. Partendo per il mio realeviaggio ·esotico, diretta a Oriente piuttosto che a Occidente, ho infilato nello zaino il libro di Lanati con la sensazioneche fosse troppo "pesante" per il viaggio che avevo intenzione di fare. Sono stata smentita, sorpresa fin dalle prime pagine: e ho consumato il suo saggio così come avrei letto un romanzo. Perché Lanati riescea impiegare, in un'indagine sulla Jetteratura, i moduli stilisticie gli espedientidelle stesse forme romanzesche su cui la sua critica lavora: scrivendo così un saggio che è anche romance di passioni e sentimenti, romanzo d'avventura, racconto a suspence svolto intorno alla figura fantasmatica di un romanzo mai scritto. Qualche anno fa, Lanati aveva analizzato la prosa di E.A. Poe con procedimenti metodologici e risultati originali e fruttuosi: al centro dell'indagine aveva posto i corpi femminili In alto: Herman Melvllle. In basso: Nathanlel Hawthorne.
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