Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

IL CONTUTO TEATRO A NAPOLIL'AffORESCRIVE Stefano De Matteis Se Manlio Santanelli non riesce a uscire dalla tentazione eduardiana della commedia, e anche dalle trappole che questi aveva seminato, lo stesso ostacolo è stato forse superato dalla generazione teatrale successiva composta soprattutto da attori protagonisti e solisti, autori anche dei propri testi, ritornando a quella figura abituale per Napoli dell'attore che scrive. Queste voci hanno la crudezza e la violenza della vita vissuta, le passioni dell'omosessualità, la cupezza dei vicoli chiusi e dei bassi: usano Viviani come riferimento e componente per riagganciarsi alla ricchezza sei-settecentesca della lingua del Cunto de li cunti, o della Posillichiata di Pompeo Sarnelli di cui sono eredi soprattutto per le capacità affabulatorie e narrative. Questi riferimenti servono anche per costruire narrazione senza psicologia, crudele e cinica, ricca di tinte forti e cupe. È stato Annibale Ruccello a intraprendere questa strada, tra i primi ad affermarsi a livellonazionale - è purtroppo scomparso in un tragico incidente lo scorso anno - prima con sp.ettacoli che si costruiva addosso e in cui mescolava l'interesse per la cultura popolare ereditato da De Simone, il kitsch e il divismo, le canzonette e le storie da rotocalco, per arrivare, nella stagione 1985-86al testo forse più rappresentativo, un Ferdinando spostato nella provincia napoletana, allontanato al tempo dei Borboni, dove protagonista è il linguaggio. La lingua per Ruccello - come per Moscato, secondo autore della nuova levagià ricca di testi spettacolie messe in scene - è un'invenzione che a tutto dà un nome, tutto descrive e illumina, mostra e sottolinea, esalta e abbrutisce, traducendo in parole e corpo, memoria e esperienza, sentimenti e sensazioni. Ferdinando, di cui Ruccello è stato inteprete e regista con una straordinaria Isa Danieli, apre con il lungo monologo di una donna immobilizzata a letto che di tutto parla e racconta, tutto finge di sapere e tutto inventa, così come immaginaria è la sua malattia. La parola è la malattia. La storia ricalca i toni del Gattopardo, si svolge nel chiuso della decadenza di una famiglia, dentro la morbosa ferocia che tiene uniti i suoi componenti. A distruggere definitivamente questo mondo arriva Ferdinando, simbolicamente un Piemonte che vince i Borboni e che parla un dialetto 20 ripulito e composto alla Eduardo. Finché il testo seguela storia e non dà spiegazioninarrative, lasciando al linguaggio il territorio completo dell'invenzione teatrale, disegna un bellissimo primo tempo; perde di forza quando alla libertà di invenzione si sostituisce il bisogno di far tornare i conti del racconto ricadendo in una struttura di commedia chiusa e oppressiva e, a confronto col primo tempo, riduttiva. Dello stesso periodo è Mamma, che ci è stata riproposta da Marina Confalone.Il travesti di Ruccello si traduce al femminile, e i quattro ritratti di donne diventano quattro campioni sociali, figure reali che il mimetismo dell'attrice rende ancora più credibili. L'attrice, che ne cura anche la regia, ha ripulito il testo dei popolarismi desimoniani di cui era zeppo, elaborando anche una perfetta colonna sonora che sottolinea ancora di più situazioni e caratteri. Si parte da lontano, da una donna anziana, una nonna, una vecchia che affabula storie giocando su arcano e contemporaneo: racconto da focolare domestico con fughe rabelaisiane che fanno anche dei peti un gioco di personaggi fantastico e irreale, sempre più riportato alla favola. Il secondo ritratto è quello di una donna pazza e disperata che si ribella comicamente alle suore di cui è ospite, infarcendo discorsi in cui si comincia a risentire del linguaggio dei mass media, tanto che ne risulta un calo linguistico rispetto al testo precedente, nel desiderio di un divismo popolare che continuamente tira in ballo gli eroi del teleschermo. Da queste due zone "aperte", si passa al chiuso della casa e della famiglia, luogo in cui l'italiano non vienepiù "citato", poiché rientra a pieno diritto nella lingua domestica seppure con qualche storpiatura. Questo lavoro, ha di mi,ra Eduardo e ne riattualizza le situazioni, prendendo come riferimento il litigio tra mamma e figlia all'inizio del secondo tempo di Napoli milionaria, con la madre che scopre essere la figlia incinta. Solo che qui si finisce in tragedia e il carattere della madre ribalta il modello iniziale, in un'alternanza di comico e di tragico dove anche la tragedia può essere finzione, atteggiamento della napoletanità smentito dalla verità del gesto della figlia. Con l'ultimo ritratto siamo nell'oggi, nel kitsch della televisione vissuta come modello di comportamento quotidiano, dove ormai tutto è omologato e dove Napoli è come Milano o Cosenza e i figli si chiamano secondo le mode Samanta, Debora o Gianluca (verrà pubblicato nel prossimo numero di "Linea d'ombra", assieme a un testo di Moscato). A questa ripresa diretta delqu che corre sul filo della macchietta, Confalone dà tutte le sfumaturedi UD vazione minuta e puntuale: dopo le verità" di Eduardo e il napoletano to di Cecchi, Marina Confalone ha sato mimeticamente questi testi per il gioco tra interprete e maschera che metta di sintetizzare ed evidenziare, del testo, un'abilità propria dell' riempire le storie che racconta di ticolari e di tante altre storie, in u di dilatazione polifonica. La ricchezza della lingua neglia poletani (attualmente l'unica riserva nale di autori) mescola e collega ar attualità, religiosità e quotidianità . li laicismo di Ruccello si trasforma m Moscato in senso di cerimonia perd sacrificio per l'impossibile ritorno: in: lingua è decantata, lirica, è_ lame~to nate, è speranza di riconquista di_un do che non può più essere. Occ~, "un attraversamento a più livelli gue napoletane", che come tutto~- tro, vede Napoli come luogo d~ll . nario composto di molte faccee di .. tificazionie idee difficilmentecon vorando per particolari e sovrap . fuori da norme stabilite, in luoghi nati, in terre di nessuno. In Moseat o il riferimento a un Rimbaud filtrato net. L'esperienza viva è esi~it~ 5 ~ dall'attore che mostra esempi di. ne, tipi che si ribellano prima di tu

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