Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

CONFRONTI UNTENEROMACELLAIO Mario Barenghi Noto fino a non molti anni or sono solo a un'eletta cerchia di intenditori e di specialisti (primo fra tutti il compianto AngeloMaria Ripellino, che lo presentò ai lettori italiani già nel lontano 1968)Bohumil Hrabal si di- . rebbe oggi uno degli scrittori stranieri più attentamente seguiti e - se l'espressione non suonasse riduttiva - più in voga. Nel corso del 1987 sono stati pubblicati quattro suoi ' libri. Due erano già stati editi in passato, rispettivamente da Longanesi e da Einaudi: Vuoi vederePragad'oro? (Guanda, pp. 222, L. 20.000) e Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare (Einaudi, pp. 143, L. 10.000); e due sono nuovi: La tonsura (1976; trad. di Giuseppe Dierna, e/o, pp. 154, L. 18.000) e Una solitudine troppo rumorosa (1981; trad. di SergioCorduas, Einaudi, pp. 118, L. 14.000). Se a questi volumi aggiungiamo gli altri due apparsi di recente presso e/o (Ho servito il re d'Inghilterra, 1986, e Treni strettamente sorvegliati, 1982)otteniamo un'immagine di autore abbastanza pre- . cisa e definita, tale da consentire una prima · considerazione d'insieme. . Diciamo subito che Hrabal è assoluta- . mente degno dell'interesse che gli editori italiani gli riservano. Il successo, o quel tanto di successoche ha ottenuto fin qui, se l'è meritato largamente; e speriamo che altro e più vasto gliene arrida in futuro. Ma proprio perché Hrabal è uno degli scrittori più notevoli proposti in questi anni al pubblico italiano, proprio perché è auspicabile che la sua opera sia acquisita in maniera non superficiale e non effimera dalla nostra cultura letteraria, occorre cominciare a metterne in luce, accanto alle virtù, i limiti. Del resto, se spesso accade che qualità e difetti nascano da una medesima sorgente, o siano comunque inestricabilmenteconnessi, in autori come Hrabal si direbbe coincidano senz'al- . tro, tanto vigoroso e compatto è il suo temperamento, tanto decisoe riconoscibileil suo stile. Ecco, forse questo è il primo punto che conviene sottolineare: la riconoscibilità dello stile di Hrabal. Il lettore che si sia accostato anche solo ad alcuni fra i titoli ricordati sopra si sarà presto familiarizzato con il suo modo di raccontare: con quell'inconfondibile sua scrittura ebbra, torrentizia, travolgente, con la sua paratassi vertiginosa e materica, tutta cose e fatti, e pure capace di scarti bruschi, di improvvise scosse elettriche, di accensioni visionarie. La concitata eloquenza dei personaggi che narrano, umile ma mai dimessa, e a volte ispirata ai modi di una dottissima popolarità, draga dal continuum dell'esistere un'incalzante successione di eventi e di pensieri, forse banali in origine, ma immediatamente trasfigurati da una luce di volta in volta fantastica, giocosa, tragica, grottesca. La presenza di una voce è sempre il dato più vivo alla coscienza del lettore di Hrabal. O se si preferisce, la pagina di Hrabal vive innanzi tutto di questo prorompente e palpitante impulso all'affabulazione: capacedi trasporre con la stessa naturalezza l'impressione di una catastrofe storica sul piano di un particolare o di un aneddoto, e informazioni o esperienze occasionali su inopinati orizzonti apocalittici. Così, per intenderci, la crudeltà degli invasori nazisti colta nelle mute sofferenze dei vitelli martirizzati nel chiuso dei convogli provenienti dal fronte russo (Trèni strettamente sorvegliati, pp. 48-49) o il remoto, grandioso scenario della guerra combattuta fra i surmolotti nelle fogne di Praga (Una solitudine troppo rumorosa, pp. 21-23).Due modi di fondere realtà e simbolo; o forse, a ben vedere, uno solo. In Hrabal manca infatti una vera distinzione fra i livelli della realtà; o se esiste, è qualcosa che conta meno di quel che si.possa leggere nello sguardo di una creatura che soffre - come dimostrano gli occhi attoniti del topo snidato nel deposito della carta da macero, dove l'operaio Hanta, a dispetto della sua ammirazione per Kant, vede "qualche cosa di più che il cielo stellato sopra di me, di più che la legge morale dentro di me" (ivi, p. 49). Una dialettica storia collettiva / vicendeprivate, socialità / individualità, immediatezza empirica / astrazione, mondo delle cose I mondo del linguaggio è dunque a rigore esclusa. Il fascino della pagina di Hrabal, d'altro canto, consiste proprio nella formidabile energia rappresentativa che la esclude: nell'inesausta icasticità oratoria che accumula e addensa percezioni e fantasmi senza concedersi il tempo di riflettere. Potrebbe riuscire utile a questo punto invocare una distinzione di genere. Prima che narratore Hrabal è stato, e probabilmente è, poeta: anche nei racconti più distesi accade che l'impronta poetica prevalga nettamente sull'intenzione costruttiva. I romanzi di Hrabal appaiono strutturati come sequenze di episodi o di quadri (come raccomandano le esigenze dell'umorismo non solo letterario, e diciamo pure lo Svejk di Hasck, ma nemmeno Kafka curava poi tanto gli intrecci), infilzati da molteplici Leitmotive e rifusi nel torrente flusso linguistico di cui IL CONTISTO sopra si diceva. I capitoli si succedono così come lunghe lasse epico-liriche, scandite da riprese di sapore formulaico: "Fate bene attenzione a quello che vi racconto" (Ho servito il re d'Inghilterra), "Da trentacinque anni lavoro alla carta vecchia", o simili( Una solitudine troppo rumorosa). Ma una spiegazione appropriata della peculiarità della scrittura hrabaliana deve porsi in primo luogo in termini di visione del mondo. Ora, alla base dell'arte di Hrabal sta un atteggiamento radicalmente vitalistico verso la realtà: cioè un fortissimo senso della materialità delle creature e delle cose, associato a un'intuizione dell'identità profonda e dell'incessante metamorfosi di tutto ciò che esiste. Da ciò consegue l'intensità carnale di tante pagine: la celebrazione a un tempo gioiosa e dolente della vita sensibile, dove la differenza fra "senso" e "sentimento" si appiattisce fin quasi ad annullarsi; la rabelaisiana contiguità di riso e pianto; l'inevitabilità .dellaviolenza, che non giustifica, ma anzi rende più drammatica e penosa la presenza nella storia di ingiustizie e sopraffazioni. Le implicazioni religiose di questo modo di pensare il mondo sono particolarmente evidenti negli ultimi libri di Hrabal tradotti in italiano. In una delle sequenze più memorabili di Una solitudine troppo rumorosa il protagonista Hanta, rievocando la scomparsa della madre, si sofferma paradossalmente più sulle esequie e sulla sorte dei miseri resti che sull'immagine della persona viva. Lo zio, a cui Hanta porta l'urna dopo la cremazione, pesa le ceneri e calcola che ci sarebbero dovuti essere"cinque etti di mamma in più"; e tempo dopo li userà per concimare le rape (che a lei piacevano tanto), mentre agli occhi di Hanta l'immagine delle ossa triturate si sovrappone ossessivamente a quella dei libri dei classicisotto le venti atmosfere della pressa meccanica. L'episodio, insieme patetico e grottesco, sfocia in una citazione rivelatrice dal Talmud: siamo come olive, soltanto quando veniamo schiacciati esprimiamo il megliodi noi. Nessuna sorpresa allora che alla fine del libro lo stesso Hanta si faccia stritolare dalla pressa, in un'espiazione sacrificaleche è anche ricongiungimento con un grembo materno. I temi della circolarità dell'essere e del1'identità di caduta e di ascesa (che in Una solitudine troppo rumorosa conoscono anche accenti vagamente sapienziali nel confronto tra Gesù Cristo e Laotzi) tramano anche il racconto lungo La tonsura, dove peraltro regna un'atmosfera decisamente più lievee ilare. Protagonista e trasparente ava17

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