Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

ILCONTUTO RIVISTE DOPOLA"CRISTIANITÀ" Mario Cuminetti "Oltre 'questa' cristianità"; "C'era una volta Dio: i volti, le maschere, il silenzio di Dio"; "Radicalità di una fede povera oggi: oltre le certezze delle chiese e dei credenti": sono alcuni titoli di numeri monografici di "Esodo", quaderni trimestrali di un gruppo di cristiani (cattolici) di Venezia. È una rivista nata alla fine degli anni Settanta ad opera di persone che, attraverso percorsi diversi (dai cristiani per il socialismo, ai preti operai fino a membri di comunità di base e a persone militanti in associazioni ufficiali dell'Azione Cattolica), oggi sono accÒmunate nella ricerca di modi nuovi di vivere la fede. Anche questo è un fenomeno da sottolineare: scomposizione e ricomposizione di gruppi, pur con rapporti meno rigidi (leggi: "ideologici") rispetto al passato; una collaborazione che nasce più che da militanza in un medesimo movimento, come avveniva negli anni '70, da ricerca e sentire comuni che lasciano sussistere le differenze. Nel numero 23 di "Linea d'ombra", ho segnalato un comune denominatore fra le diveFSepubblicazioni critiche dei cattolici italiani; denominatore che intravvedevo nel modo nuovo ("laico") di declinare fede e "fedeltà al mondo". Oggi vorrei sottolineare un'altra affinità fra tutte queste pubblicazioni: la ricerca sul come "annunciare" il Regno, il volto del "Diverso", del Dio assente eppur presente. I titoli ricordati dei numeri di "Esodo", mi sembrano esemplari. Essi esprimono bene la direzione di questa ricerca che parte dalla coscienza dei modi estremamente diversi attraverso cui si pensa e pratica la fede cristiana oggi, fino a quella, sempre più lucida, dello scarto insuperabile fra annucio e sua storicizzazione. Che è poi, in fondo, il ricupero degli aspetti più positivi non solo della tradizione protestante, ma, soprattutto, dell'origine ebraica della fede in Colui di cui non si può neppure pronunciare il nome. Come scrive A. Gallas (n. 3/1987 di "Esodo") "il venir meno dell'ovvietà dell'esser cristiani trascina con sé anche l'ovvietà di questo raccordo tra l'evangelo e le esigenze comuni della vita sociale". Ed è per questo che sono riproposte continuamente le domande di fondo, originarie del cristianesimo: quale conversione? quale regno? quale attesa escatologica? Non è un caso che fra i numeri monografici della rivista "Servitium", edita da un gruppo che ruota attorno alla comu16 nità di Fontanelle dove risiede P. Turoldo, l'anno scorso uno fosse dedicato a "La fede alla prova della modernità" e un altro alla ''Trasmissione della fede''. Tema quest'ultimo sviluppato anche da "Esodo" e centrale nelle pubblicazioni dell'editrice "Tempi di fraternità", di cui parlerò più avanti, e, in genere, in tutte le pubblicazioni che qui ci interessano. Un ripensamento che si pone dopo il tempo della "cristianità", la cui fine non significa, per questi gruppi, fine del Cristianesimo. Una differenza che laici e clericali uniti da comuni, anche se opposti, dogmi non riescono (o non vogliono) capire, per cui parlano di fine del cristianesimo o di rinuncia a verità fondamentali. Logico che proprio per queste posizioni, le varie pubblicazioni siano contrarie a quei pasticci, sempre voluti da laici e clericali alleati, che sono il rinnovo del concordato e la continuazione dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di stato. Il ripensamento dell'immagine di Dio - "partiti da un Dio onnipotente, Signore del Cielo e della terra, totalità e quindi verità assoluta, siamo arrivati a un Dio Altro per eccellenza e quindi relativo, che si fa servo dell'uomo e accetta sulla croce il fallimento del suo dono. La terra promessa non ci è stata ancora mostrata e di Colui che crediamo cammini con noi sappiamo con certezza storica una cosa sola, che fu un vinto" - porta a un ridimensionamento della stessa chiesa e di tutti gli orientamenti ideologici, teologici e disciplinari di quanti hanno ruoli guida nella chiesa. Queste ultime citazioni sono tratte dal mensile "Il foglio" (n. 129/ ott. 1985; sol ripensamento di Dio si possono anche vederç i bei volumi di Filippo Gentiloni: Abramo Disegno di Pierino Zanisi. contro Ulisse, Claudiana 1985, e Non nominare invano, La locusta 1987), una delle più vecchie pubblicazioni dell'area critica cattolica. Opera di un gruppo di cristiani di Torino prosegue da anni, con una posizione assai personale e con lucidità rara, una ricerca di nuovi sentieri per ripensare e vivere la fede e, insieme, continua a incalzare criticamente - e sovente duramente: "Woytila a Roma e altrove: Come ti rimbambisco la chiesa", è il titolo d'apertura del n. 145 - la stessa comunità di Torino. Gli interventi sulla vita di Torino, le annotazioni assai fini sulle scelte politiche, sociali e culturali, testimoniano un quadro nuovo e libero", su cui qui evidentemente non posso dilungarmi, ma che credo utile segnalare in quanto esemplare. Limitandomi agli accenni sul tema del "ripensamento" sia teorico che pratico della fede, restando sempre a Torino non si può dimenticare un altro mensile: "Tempi di fraternità". Nato pochi anni dopo "Il foglio", è emanazione della Comunità di base del Piemonte. Nasce cioè da un gruppo più definito, più organizzato sul piano ecclesiale, con tematiche direttamente legate ai problemi delle "comunità cristiane". Al giornale si affianca anche una casa editrice con una produzione riguardante quasi esclusivamente i problemi della vita ecclesialedelle comunità: dalla catechesi dei bambini fino a problemi più generali. In particolareè da segnalare, come nota caratteristica, la grande attenzione al dato biblico, le riletture dei diversi libri della Scrittura, lo sforzo costante, non meccanico né ingenuo, di riattualizzazione della storia biblica. Centrale, come si può facilmente capire, resta lo sforzo di ripensare una fede che vuol viveresenzagli appoggi istituzionalipropri della cristianità, che vuol essere povera in tutti i sensi, contare, cioè, solo sulla forza di quella Parola che è per la vita e non per la morte. Alcuni anni or sono "Il foglio" pubblicò integralmente la Leggenda del Grande Inquisitore. "Ci sono tre forze", scriveva Dostoevskij, "soltanto tre forze sulla terra, capaci di vincere e catturare per sempre la coscienza di questi impotenti ribelli, per la loro stessa felicità: e queste forze sono il miracolo, il mistero e l'autorità. Tu hai rifiutato la prima e la seconda e la terza, e sei stato il primo a darne l'esempio". Ma facendo ciò, ricordava ancora il grande russo, "tu stesso hai posto i fondamenti per la distruzione del tuo proprio regno". È per questo che laici e clericali "ortodossi" parlano di fine del cristianesimo confondendolo con la cristianità. A loro, come al grande inquisitore, non c'è risposta: le vie sono troppo diverse, anzi contradditorie.

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