Linea d'ombra - anno VI - n. 25 - marzo 1988

11MONDOSA1VATO DAI RAGAZZINI. NOTAINTROOUff'IVA Elsa Morante Non ci è capitato di veder ricordato nei tantissimi articoli sul '68 in voga di questi tempi, Il mondo salvato dai ragazzini tra i libri che, usciti in quell'anno, meglio ne interpretavano alcuni caratteri di fondo che valgono peraltro anche oltre quel- /' anno e quel movimento. Dopo l'edizione nei Supercoralli di Einaudi, se ne fecero altre negli Struzzi, e nella terza comparve un 'introduzione non firmata ma di penna de/l'autrice, che più tardi ella volle venisse tolta dalle edizioni successive, perché datata o forse perché non rispecchiavapiù le sue idee, sulla possibilità di una salvezza venuta dai "ragazzini". Si tratta di un testo di cui anche molti lettori della Morante ignorano l'esistenza. Esse ci pare bello e rappresentativo; lo riproponiamo per ricordare i vent'anni di un grande libro di poesia, che invitiamo tutti a rileggere o a·leggere, e insieme, naturalmente, i vent'anni del '68. (Linea d'Ombra) Sulla funzione della poesia nel mondo, e in particolare nel mondo nostro contemporaneo, Elsa Morante ha esposto le proprie idee in varie occasioni (per esempio, nel 1959 in un suo saggio sul romanzo, nel 1965 nella sua conferenza Pro o contro la bomba atomica, ecc.). A riassumerle in breve, essa considera il poeta come "centro sensibile" del dramma, naturale e storico, degli altri viventi: ma non, ovviamente, in qualità di semplice spettatore, o strumento di registrazione. Attraverso il disordine apparente del dramma, il poeta deve restituire continuamente agli altri la realtà, intesa come il valore sempre vivo e integro che è nascosto nelle cose. Per arrivare a scoprirla e a renderla, deve affrontare "per così dire, a occhi aperti" e senza smarrirsi, la vicenda paurosa, davanti alla quale gli altri si accecano e si perdono, arresi al caos. Deve partecipare alla loro esperienza, attraversare la loro stessa angoscia. E simile destino apparenta il poeta-cavia della Morante da una parte al voyant di Rimbaud, e, dall'altra, all'intermediario "che nei miti affronta il drago notturno, per liberare la città atterrita". Nella nostra epoca, il dramma collettivo, storicamente inteso, ha acquistato una evidenza e un'estensione senza precedenti. Oggi, a nessun individuo cosciente sarebbe permesso di non sapere. I mezzi della scienza pratica pongono anche l'uomo più comune, quotidianamente, in presenza di tutta l'innumerevole miseria e strage che affolla il mondo in ogni sua parte. Anche l'uomo più comune oggi ha, davanti ai suoi propri occhi, la prova che tutti i viventi della terra sono suoi uguali nella sostanza e nel dolore. Ma davanti a questo spettacolo, che dovrebbe aprirgli la coscienza, spesso l'individuo e la colDIICUUIONI/MOIIANTI lettivitàreagisconoinvece, forseperunadifesamalaugurata, con la scelta opposta. La scienza stessa, mentre fornisce i mezzi fisici per vedere, offre il sistema per accecarsi. A tutti i mali cheda sempreappartengonoallanatura,oggi sovrastal'infezione dell'irrealtà, che è contro natura, e porta necessariamente alla disintegrazione e alla vera morte. Le nostre tribù contemporanee, una dopo l'altra, si fanno suddite e schiave del regno dell'irrealtà. E la funzione dei poeti, che è di aprire la propria e l'altrui coscienza alla realtà, è oggi più che mai difficile (fino all'impossibile) eppure più che mai urgente e necessaria. Nessun poeta, oggi, può ignorar~ la disperatadomanda,ancheinconscia,deglialtriviventi.Piùche mai, la ragione della sua presenza nel mondo è di cercare una risposta per sé e per loro. Il presente libro (che qui si ripropone alla lettura in una edizione più accessibile) vuol essere la rappresentazione di una simile ricerca. In una serie di poesie, poemi e canzoni, una coscienza di poeta, partendo da una esperienza individuale (Addio della Prima Parte), attraverso una esperienza totale che si riconosce anche nel passato millenario e nel futuro confuso (poesie della Seconda Parte, e in particolare il poema, in forma di dramma La serata a Colono) tenta la sua proposta di realtà comune e unica (canzoni della Terza Parte). Si capisce allora perché Elsa Morante definisca il suo libro, fra l'altro, romanzo e autobiografia: non intendendo questi come un séguito di fatti particolari o personali; ma come l'avventura disperata di una coscienza che tende, nel suo processo, a identificarsi con tutti gli altri viventi della terra. Il mondo salvato dai ragazzini, scritto in gran parte nel corso del 1966 e terminato nell'estate del 1967, è uscito in prima edizione nella primavera del 1968. Sono gli anni cruciali del grande movimento giovanile contro le funebri macchinazioni del mondo attuale organizzato: e la corrispondenza delle date non è casuale. Un'analoga rivolta disperata e inarrestabile (che si definisce, secondo i suoi termini reali, "rivolta contro la morte") è alle origini di questo libro e ne disegna il destino: risolvendosi, come suo tema liberatorio (unica possibile risposta alle domande) nell'Allegro della sua terza parte, le "Canzoni popolari", fra le quali si trova la serie di canzoni che dà il titolo al volume. Il significato di questo titolo non è davvero frivolo (come ha presunto forse qualche consumatore di passaggio, che non ha letto il libro). Chi siano, in ultima analisi, secondo l'autrice, i ragazzini, è spiegato nella prima delle "Canzoni popolari", la ormai quasi famosa Canzone degli F.P. e degli l.M. Essi si identificano, in sostanza, coi Felici Pochi (F .P .), nei quali consiste i/ sale della terra, e che saranno sempre, infine, i veri rivoluzionari. Che questi poi oggi si trovino (quando si trovano) in ispecie fra i giovanissimi, è un fatto significativo delle società attuali, le quali non tardano a sopprimere, in varia maniera, il non assimilabile, o a corrompere tutto quello di cui si appropriano. Il rischio, oggi più che mai, è "diventare adulti". E questo spiega non solo l'impegno estremo e urgente di tanti ragazzi ma anche la "fuga dalla vita" di tanti 11

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