Linea d'ombra - anno VI - n. 24 - febbraio 1988

SAGGI/MAFFI "Dello scarto fra il sogno e l'ognigiorno è pieno il Midwest americano." Nel tepore dolciastro della stalla, accanto alle mucche che scrutano senza smettere di ruminare ed evocano in me tanti ricordi d'infanzia, questo piccolo agricoltore ha un'aria come sperduta e intimidita, il classico berretto di tela verde con la lunga visiera, il classico giaccone a scacchi dai colori vivaci, i classici stivalacci al ginocchio. Accanto a lui, quasi a sostenerlo, sta la moglie robusta, infagottata in un impermeabile e in un foulard, le labbra truccate d'un rosso improbabile, una risata cristallina che maschera l'imbarazzo per questa visita d'estranei. Più volte, nel quarto d'ora o poco più che trascorro alla fattoria, negli occhi azzurro-cielo di questo piccolo agricoltore del Midwest colgo un lampo di quell'angoscia che dev'essere compagna di vita sua e di tanti altri come lui. E subito, su quel volto segnato e colorito, si sovrappongono i volti degli agricoltori della storia e della finzione, delle lotte nelle campagne dell'800 come delle storie quotidiane di Garland, Norris, Steinbeck: e mi pare che cent'anni siano trascorsi senza avere in realtà mosso un solo passo. Quel lampo d'angoscia è il timore di non farcela: lui, la moglie, il figlio, il paio di lavoranti, quella trentina di mucche e i macchinari ormai invecchiati, in mezzo a quella terra fertile ma spietata, dentro quel vento arrogante, sotto la spada di Damocle della crisi. Ed è lo sconforto per qualcosa che non è successo, la sensazione d'essere stato in qualche modo tradito e ingannato, nel corso d'una battaglia epica. Perché hanno lavorato e hanno lottato, questi piccoli contadini d' America, da sempre la spina dorsale dell'America, i protagonisti della sua mitologia. Gli hanno insegnato che il loro è un grande paese, che è la terra il fondamento di quella grandezza morale e materiale, che è il loro lavoro - la fatica quotidiana della gente comune e sconosciuta - a rendere ricco e forte il paese. Ci hanno creduto, e hanno continuato a lavorare e a lottare. Ma poi, attraverso gli anni, l'oggi del raccolto s'è rivelato sempre tragico e misero, ed essi si sono ritrovati con poco o con niente, nella solitudine di questi campi del Midwest che sembrano non finire mai, avvolti da un orizzonte di polvere e di nubi, con un vento che non dà tregua. E così negli occhi hanno quella luce d'angoscia. Perché qualcosa non ha funzionato. L ascio l'Illinois con sentimenti confusi. Dico l'Illinois, ma avrei potuto dire altri luoghi d'America: per certi versi, smalltown America - 1'America delle piccole città, della provincia - è ovunque simile a se stessa. Eppure, il Midwest possiede qualcosa di speciale, di misteriosamente quintessenziale. D'altra parte, per decenni e decenni prima della Guerra Civile, fu questo il "vero West", non quello - successivo - del mito e dell'agiogr:afia hollywoodiana. Fu qui, in quest'ampia fascia compresa fra gli Appalachi e il Mississippi "padre delle acque", che risuonò l'ascia della colonizzazione ed ebbe luogo lo scontro supremo con la civiltà pellerossa; fu qui che si fondarono i primi avamposti stabili e s'aprirono i sentieri, le strade, le vie ferrate; fu qui che si cominciò a solcare le acque dei fiumi maestosi, a scavare i nuovi canali, a coltivare e allevare su grande scala, a costruire le metropoli del futuro, a innalzare ciminiere e altiforni, ad attirare masse straniere che parlavano lingue sconosciute ... Era questo il cuore pulsante, il caleidoscopio di culture, la tela alla Jackson Pollock dei percorsi individuali e delle fortune collettive. Forse tutto ciò, il suo passato di "vero West" e la sua posizione di territorio di mezzo, ha conferito al Midwest quest'aspetto precario: la sensazione che tutto sia in qualche modo provvisorio, in superficie, a fior di pelle, senza radici. E non mi stupisce dunque che a ciò s'accompagni, oltre al radicalismo populista e al grido dell'insoddisfazione e della ribellione individuali (quanti autori del Midwest se ne sono fatti interpreti: Mark Twain, William Dean Howells, Hamlin Garland, Booth Tarkington, Sherwood Anderson, Willa Cather, Thornton Wilder, Theodore Dreiser, Edgar Lee Masters, Sinclair Lewis, per dirne solo alcuni), anche l'anelito di stabilità e sicurezza che tanto spesso hanno fatto del Midwest la riserva di pesca del conservatorismo politico. Grandiosi e imponenti sono i suoi scenari. I grandi fiumi procedono solenni, con un volume d'acque che incute rispetto e dispone al silenzio chi si fermi sulle loro rive. Le pianure si srotolano davanti all'occhio senza soluzione di continuità. Il cielo alto e smisurato è, come ebbe a dire qualcuno, il più spoglio e il più solitario. Le foreste sono fitte di alberi altissimi e di fronde intrecciate. I colori sono limpidi, intensi, felici. Qui, in questi spazi aperti e sconfinati, l'irrequietudine e la precarietà sono forse inevitabili. E forse, di fronte a questi scenari, è facile o addirittura necessario sognare, abbandonarsi alla fantasia del domani ... Ma poi quei sogni, quelle fantasie, si scontrano con l'oggi dell' "ognigiorno", e si frantumano in mille schegge luccicanti ma inutili. Perché quest' "ognigiorno" è grigio e banale, gretto e piccino, la qualità della vita è ben misera cosa, e il senso di esistenze frustrate serpeggia un po' ovunque. Di questo scarto fra il sogno e l' 'ognigiorno' è pieno il Midwest. L ungo lo strip d'una cittadina ignota mi sono lasciato catturare da una tavola calda. Sono entrato e mi sono seduto a un tavolo accanto alla finestra: ho ordinato una Budweiser un hamburger, e mi sono messo a guardare gli ultimi giochi e fuochi d'un lungo giorno, in attesa dei riflessi meccanici delle luci al neon contro il muro della notte. Le automobili sfrecciano sulla highway dirette chissà dove nel gran corpo d'America, e nella luce dorata spingo lo sguardo fino all'orizzonte lontano. Mentre penso a questo Midwest che sto per lasciare, alla sua irrequietudine e alla sua mancanza di radici, alle sue illusioni e delusioni, dal juke-box della tavola calda, nella bellissima e struggente The River, Bruce Springsteen si chiede: "È una menzogna o è qualcosa di peggio un sogno che non s'è avverato?" 75

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==