Linea d'ombra - anno VI - n. 24 - febbraio 1988

SMALLTOWANMERICA Mario Maffi - E ormai sera inoltrata, e con alcuni compagni di viaggio cammino lungo lo strip di Rock Falls, Illinois. Ci avvolge il delirio pulsante e occhieggiante delle luci al neon, delle insegne, delle scritte: intorno a noi, tutto è un po' Luna Park, un po' flipper, un po' Disneyland. Mentre procediamo solitari a piedi e le auto ci sfrecciano accanto, ci rendiamo conto di quanto abbia ragione chi sostiene che lo strip è uno dei contributi più caratteristici dell'architettura statunitense. Non è facile spiegare che cosa sia uno strip. Come tanti altri elementi della cultura americana d'ogni giorno, esso possiede infatti qualità essenzialmente visive, sfugge a semplici descrizioni verbali. È comunque quel tratto di arteria stradale che si sviluppa in corrispondenza d'uno svincolo o d'una cittadina (o, più raramente, che conduce dentro una éittadina): un rutilante succedersi di tabelloni, insegne luminose, locali. La strada si allarga d'improvviso, cinematograficamente, e l'occhio è afferrato dalle immagini, mentre~ a destra e a sinistra - si moltiplicano i negozi, i supermercati, i distributori di benzina, le tavole calde, gli spacci, i motel, i ristoranti dai mille nomi e mille colori, in un caleidoscopio di forme cangianti. Sulle insegne, il cowboy prende al lazo la mucca, misteriosi numeri cabalistici s'accendono e si spengono, gli svolazzi più pittoreschi offrono un buon riposo per la notte, il cuoco porge un hamburger smisurato, l'inevitabile Coca Cola incombe, e fumante si libra nell'aria uno hotdog. È il trionfo delle luci fredde, dei colori privi di sfumature, dei ritmi visivi elementari e ipnotizzanti, dei sedili di plastica e dei ripiani di formica, dell'iperealismo fatto realtà: un altro tassello dell'onnipresente kitsch americano. Sembra quasi che la vita e la fantasia della cittadina sconosciuta che sorge poco più in là siano state risucchiate e travasate alla bell'e meglio qui, nel suo strip, grido nel deserto della provincia d'America: come a dire alle automobili che passano "Ci siamo anche noi ... ". Oltre che trionfo delle luci al neon, lo strip è infatti a un'ulteriore celebrazione del Dio Automobile. Non si dà l'uno senza l'altro, sono due elementi legati a filo doppio: lo strip non è fatto per il pedone (ma esiste ancora, nella provincia americana, una specie umana simile?), non ci si avventura, non ci si dovrebbe avventurare a piedi lungo uno strip. Ecosì stasera abbiamo la netta sensazione di compiere quasi un'arrischiata trasgressione, la sbadata dissacrazione d'un qualcosa di intoccabile, l'ingenua e un po' sprovveduta disobbedienza a una norma vincolante: un pugno d'europei a spasso lungo uno strip, nel buio della notte ... Lo strip è dunque fatto per l'automobilista. O è l'automobilista a esser fatto per lo strip? Comunque sia, questa brillante scenografia è strutturata per catturare l'occhio suo e non d'un pedone. Proprio per questo si prolunga a volte per centinaia e centinaia di metri, bombardamento visivo e subliminale che prima o poi sortisce l'effetto cercato: rallenti, metti la freccia, svolti, freni ... Ma sei tu a scegliere il cowboy (o il cuoco o lo hotdog) o è viceversa? In realtà, avviene lungo lo strip quello che si verifica di norma lungo le navate ad aria condizionata di quelle imponenti cattedrali americane che sono i supermercati, specie del genere mastodontico. Qui, s'intonano gli inni alla merce, si celebrano i riti quotidiani dell'utile e del superfluo: esattamente come lungo lo strip. Ti aggiri per quelle navate e sei sommerso dai richiami, dagli inviti, dalle sollecitazioni. Come in una fuga di specchi, ogni prodotto è moltiplicato per dieci, venti, trenta. Ah, l'abbondanza! La possibilità di scegliere! La varietà!. .. T'incammini, fiducioso ed entusiasta, accompagnato dal dolce organo della filodiffusione: rigiri fra le mani la prima scatoletta, soppesi un paio di barattoli, studi l'etichetta di un prodottto, la confronti con quella del prodotto vicino. Poi, ti arrendi. Come scegliere? Come decidere a favore di questo o di quello? Sei sommerso dalla quantità, il superfluo ha la meglio. E scegli a caso, nella pura e semplice incapacità e impossibilità di scegliere. L'elementare machiavellismo dell'essere scelti nell'illusione di scegliere. Così funziona lo strip. Non ci sono sostanziali differenze nel cibo offerto dalle sue tavole calde. Il servizio è praticamente identico nei suoi ristoranti. Le stanze dei suoi motel sono tante fotocopie. Gli spacci espongono la medesima mercanzia. Cambiano i nomi, cambia l'accento di chi ti parla, cambiano le divise, cambiano - a volte: non sempre - gli arredamenti: nulla più. Lungo lo strip, ogni cosa è la replica di se stessa. Così, pressato dall'impossibilità di scegliere, sei catturato dal lazo del cowboy. Sfavillano le luci, ammiccano le insegne: quest'enorme flipper è davvero uno dei simboli della provincia americana. Il nulla che si stende a volte per decine e decine di chilometri è interrotto d'improvviso da un'esplosione di fuochi d'artificio. Ma nella notte e nel giorno, dietro lo strip giace muta e sconosciuta una cittadina, ed è inquietante pensare che di essa - dei suoi abitanti, del reticolo delle sue vite, dei suoi odori e colori e atmosfere ~ nulla si conosca: solo queste instancabili luci al neon. M a forse così deve essere. Forse è bene non spingersi al di là delle luci al neon, alla scoperta delle cittadine sconosciute. Perché, in gran parte d'esse, c'è ormai ben poco da scoprire e non sempre quel poco è piacevole. Ovunque andiate, da una costa all'altra dell'interminabile provincia americana, respirate aria di "piccola città": la main street, le vetrine dei negozi come occhi spalancati e indagatori, il cinema, la sala da biliardo, la vita d'ogni giorno. Subito vi tornano alla mente le pagine di Mark Twain, di Sherwood Anderson, di Edgar Lee Masters, di Thornton Wilder, di Sinclair Lewis, di Grace Metalious, di Larry McMurtry, le scene di film come L'ultimo spettacolo di Peter Bogdanovich. Sapete bene dell'intrico che s'annida viperesco in questi luoghi, fatto di adii, gelosie, frustrazioni e invidie: che strangola, sfibra e svuota. Sapete anche che, nel mito e nel ricordo, la "piccola città" viene poi vissuta e rivisitata con un acuto e struggente senso di nostalgia: per un 69

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