Linea d'ombra - anno VI - n. 24 - febbraio 1988

. IL CONTESTO CONFRONTI L'ALLIEVOSEGARELLI Goffredo Fofi Domenico Starnone insegna, e di questa sua primaria e ostinata attività professionale (che sembra meno importante che non l'altra per cui è noto, di scrivere sul "Manifesto", ma inveceè più importante e anche più politica e più "culturale") ha in passato certamente creduto che dovesse trattarsi di vocazione. Poi, da membro, come dice di essere, della "sinistra patetica" residuale dei caldi Sessanta, ha scoperto, anno dopo anno, che nella scuola la norma è diventata "la noia, la fatica, e il naturale manifestarsi lungo tutto l'arco dell'anno scolastico di una sorda inimicizia tra scuola, docente e studente". Per "Il Manifesto" ha tenuto settimanalmente il diario di un anno scolastico - l'anno del meschinello "movimento dell'85", di Sigonella, di Cernobyl, che però poco hanno inciso nelle coscienze di allievi e docenti ormai ben rinfrognati nel loro ruolo e nella loro maschera. L'Italia contemporanea (è ignorata solo da chi chiude gli occhi e non vuol vedere) sembra essere stata inventata dagli autori della '' commedia di costume''. Tutti siamo stretti in particine (alcuni, rari, in grosse parti) che ricalcano un copione fisso con ruoli fissi, e ben poche innovazioni. Così, nella "commedia di costume" che è la scuola ritroviamo perenni: l'odioso primo della classe pieno di buona volontà e risibile seguace del suo insegnante, il preside coglione, l'anziano collega Sparanise, il feroce precario, il dinamico padre Mattozzi, la Stefy Martinelli fascista, il maniaco di computer e rock, i colleghi fedifraghi, il sindacalista pompiere piccista, ecc. ecc. Come in libri già noti (Starnone dimentica di citare solo quello di Mazzaglia) il mondo della scuola è il microcosmo delle piccole viltà e dei piccoli vizi italici di adulti e di minori. È un repertorio di "facce conosciute" e di situazioni canoniche. È un copione di una commediaccia scema. L'importante è bensì che Starnone intervenga in questa materia nota non per fornir parti e pretesti ai vecchi o ai nuovi comici, a Manfredi o a Moretti o a 1Paolo Rossi, ma per scrivere una propria coìnmedia, secondo una tensione e con uno sguardo eminentemente politico-morali. Nati come rubrica svagante e riposante, come pezzi di humor, gli aneddoti e le osservazioni su un anno di scuola sono rapidamente diventati cosciente o no che Starnone ne fosse - una metafora di qualcosa di più, insieme una com30 media alla seconda potenza, una commedia critica della commedia squallida che ci opprime tutti. Diciamo la verità: questo libro non ci ha fatto granché ridere (da questo punto di vista funzionava meglio la lettura di un pezzo per volta sul giornale). Non arrivo a dire che faccia piangere ma certo non fa ridere. Ridere è sempre più difficile, in un paese in cui tutti si divertono pazzamente, e le grandi dispute ideologiche riguardano ormai quasi soltanto (anche in questo, "Il Manifesto" docet) la divisione del popolo scolarizzato e intellettuale senza più destra e sinistra tra fans di Celentano, di Arbore, di Baudo, di Bongiorno e di Drive-in. In questo balletto dalle cadenze svaccate, dalle battute prevedibili, dalle "novità" che non sono mai tali, e dalla finale esaltazione da parte di ciascuno del proprio immediato "particulare", si salva solo un personaggio che "non sta a copione" - l'unico su cui si possa nutrire qualche speranza che, domani, e domani subito non domani l'altro o l'altro ancora, possa essere semplicemente attivo, presente a qualcuna delle responsabilità che spetterebbero a tutti: è l'allieva Menegozzi Maria Concetta detta Ketty, di cui l'autore si affretta alla fine a sostenere - forse con una punta di masochismo, ma forse con ragione - che "sarebbe stata così anche se io non fossi mai stato il suo insegnante". Man mano che scriveva o man mano che raccoglieva e rivedeva in funzione del libro, Starnone ha senz'altro potuto pensare di avere per le mani qualcosa di più che un libro sulla scuola. Forse ha addirittura pensato che questa commedia dei ruoli fissi più o meno sbracati si svolgeva in modi simili anche in altri luoghi di lavoro e di frequentazione sua. O nostra. È per questo che il suo libro - di cui mi accorgo di non aver ancora detto i dati, che sono i seguenti: Ex-cattedra, pp.131, L. 15.000, con disegni superflui e generici di Staino, edito da Rossoscuola e il Manifesto e distribuito dalla PDE - mi sembra uno dei più interessanti del quacquaracquoso '87, e un ottimo commento e antidoto alle mille scemenze che tanti reduci del '68 arrivati in cima alle colline di dove meglio si gode la luce trionfante del Successo, ovverosia il Fiat Lux Agnelliano, hanno cominciato a propinarci. Viene da uno di base che nella base è stato e della base si è occupato dai tempi di San Chirico Raparo dal nome forse immaginario (comune del Sud in cui ha vissuto già da insegnante, come narra nel libro, un '68 provincialissimo ma assai ruspante e moderatamente glorioso) attraverso anni bui e anni grigi. Non c'è in lui rabbia o aggressività (e un po' non avrebbe stonato, per la verità), c'è una sorta di purgatoriale accettazione permessa da una distanza, da un humour, da un atteggiamento, come dire?, solidamente sconsolato. Nonostante l'evidente voglia di piantar tutto, Starnone è di quelli che resistono e non accettano più che tanto la corsa al nuovo dei suoi vari colleghi, o la loro voluttà del rincretinire, o il loro passaggio alla schiera degli arrampicatori. Certo, può arrivare a dire che ''non ce ne importa niente delle passioni dei giovani, sempre tra i piedi, eccoli qui per tutta la durata della nostra vita (giovani per sempre), sostituiti da altri giovani, non Ii vediamo mai invecchiare. Mentre noi infrolliamo nella carne e incupiamo la voce e tra noi e loro lentamente cresce una parete di vetro e le voci non si sentono più ... ". Ma non siamo pochi quelli che sono arrivati a dirsi, come quel tale: "che cosa hanno fatto i posteri (dunque anche i giovani)per noi" che si debba ancora preoccuparsene? E il bello di Starnone è che - né vinto né vincente - continua, nonstante certi colleghi e certi allievi, e nonostante, soprattutto, le centinaia di migliaia di Segarelli Matteo che immancabilmente glielo e ce lo eccetera.

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