Linea d'ombra - anno VI - n. 24 - febbraio 1988

IL CONTESTO CONFRONTI STORIEDALMAGHREB Fabio Gambaro Uno dei temi dominanti nelle opere della moderna letteratura maghrebina sembra essere quello della ricerca d'identità, sia essa personale o collettiva, storica o culturale, religiosa o linguistica. Tale ricerca è sicuramente la risposta a un bisogno molto sentito, a un problema assai vivo tra gli intellettuali - e non soltanto tra loro - che sono cresciuti e si sono formati a metà strada tra la cultura tradizionale araba e quella "moderna" dei colonizzatori francesi; non a caso molti di loro scrivono n francese e alcuni hanno addirittura scelto la Francia come luogo di residenza. Inoltre;oggi tutto il mondo arabo è percorso da tensioni e conflitti che inevitabilmente spingono alla riflessione intorno al senso e al valore dell'Islam, per spiegarne il fascino e l'importanza, ma pure per denunciarne gli arcaismi e le promesse non mantenute. Alcuni romanzi pubblicati in Italia di questi tempi ci offrono l'occasione per comprendere meglio quanto appena detto e per verificare il grado di maturità raggiunto della letteratura maghrebina di lingua francese. È il caso ad esempio dell'ultimo romanzo del marocchino Driss Chraibi, Nascita all'alba (Edizioni Lavoro, pp.161, L. 15000). Qui l'autore, vivendo ormai in Francia da diverso tempo, si volge alla sua terra d'origine per scandagliarne il passato e ritrovare le radici dell'uomo islamico del ventesimo secolo. Di conseguenza la scelta del romanzo storico è un modo per rispondere alla crisi d'identità di un presente segnato dalla decadenza, a cui va contrapposto un passato lontano legato al sogno di una civiltà splendente e pura, che nel nome dell'Islam tentò di costruire un'utopia. Il romanzo narra infatti le gesta leggendarie di Tariq, capo berbero islamizzato che nel 712 condusse gli eserciti musulmani alla conquista della Spagna e che, edificando Cordova, volle innalzare la sfolgorante testimonianza di un Islam riportato alla grandezza e alla purezza originarie, dopo che la brama di potere degli Omayyadi aveva annegato nel sangue la pace e la giustizia, distruggendo l'unità della Umma, l'unione di tutta la comunità musulmana. Al servizio di tale progeto Tariq mette tutto se stesso con una fede incrollabile, dimostrandosi capo astuto e spietato, saggio e valoroso, interamente preso dalla grandezza della sua missione, per la quale riesce a riunire attorno a sé arabi, berberi, greci ed ebrei, uniti nel progetto di una nuova Umma pacifica e 22 tollerante, unione di oriente e occidente, giardino rigoglioso di scienze, tecniche e arti. Tariq però non vedrà concretizzarsi il suo sogno, nel buio di una prigione sarà costretto a domandarsi come mai quel regno, ancora prima di nascere, stesse già divorando i suoi figli: la mistica utopia e il miraggio della città del sole ancora una ·volta si scontrano contro la cieca brutalità della lotta per il potere. Ma a chiudere il romanzo è la nascita di Abdallah ibn Yassin, nelle cui vene scorre un poco del sangue di Tariq insieme a quello di Azwaw Ait Yafelman, l'uomo che incarna la sapienza, la tradizione e la fede magica del popolo berbero: al piccolo erede toccherà un giorno non lontano conquistare il Maghreb e la Spagna, dando origine alla dinastia berbera degli Almoravidi che durerà quasi un secolo, "lo spazio di un rinnovamento, un'infima primavera nell'eternità siderale". Così il romanziere marocchino conclude il suo ritorno al passato nel nome di una grande civiltà, raffinata e potente, le cui origini sono nascoste nel cuore dell'Atlante presso quel popolo berbero che ha interpretato la fede musulmana con slancio mistico e forza dirompente. Chraibi ha costruito un romanzo sapiente e visionario, in cui lirismo e realismo si mescolano senza pausa, grazie ad una lingua ricercata e precisa che conferisce spessore ad una narrazione che a tratti acquista un respiro epico. Foto di Fabio Gambaro. Diversa è la prospettiva di Assia Djebar, la scrittrice algerina autrice di Donne d'algeri nei loro appartamenti (Astrea Giunti, pp. 220, L. 15.000). Nei sei racconti che costituiscono il libro la storia recente dell' Algeria - i drammi e le sofferenze, ma anche le gioie e le speranze della guerra di liberazione - si mostra solo fuggevolmente, di scorcio, molto spesso come memoria, come esperienza fondamentale che però sulla pagina lascia sempre la scena a situazioni quotidiane: la complicata trama dei rapporti interpersonali della moderna borghesia algerina, un funerale, la triste quotidianità del1'esilio, la pratica del digiuno durante il ramadhan. La storia del paese è una traccia comune da cui nessuno dei personaggi può prescindere, ha toccato tutti direttamente o indirettamente, ha marchiato la coscienza e le carni del popolo algerino. Ma ora le donne di questi racconti fanno i conti con la propria storia, s'interrogano sul proprio destino di madri, di figlie, di mogli; cercano le ragioni della loro esistenza in una società che non consente loro una piena realizzazione e che le imprigiona in ruoli subordinati e silenziosi, rinchiudendole nel fondo dei loro appartamenti, come nel celebre quadro di Delacroix che dà il titolo al libro. Emergono allora le loro voci, i monologhi, i dialoghi, le mille parole appena sussurrate che formano "le bolle d'aria della speranza o i gorghi dell'ansia"; prende corpo la coscienza che la liberazione dal colo-

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