Linea d'ombra - anno VI - n. 24 - febbraio 1988

CONSIGLI/SCONSIGLI foto di Fulvia Farassino LETTERE FANTASMI Grazia Cherchi Tre numeri fa ho scritto qui sulla necessità di aumentare il numero dei contenitori in modo che possano accogliere anche i supplementi dei giornali, i "regali" dei settimanali e dei mensili, ecc. Estendevo così a tutti il bisogno che provo io di sbarazzarmene al1'istante. Venerdì scorso sono stata decisamente smentita. Ho infatti dovuto fare una coda più lunga del solito all'edicola perché il cliente che mi precedeva non finiva mai di ficcare in un suo capace zaino una quantità incredibile di merce di vario genere - supplementi e regali inclusi. Alla fine ha pagato: 43700 lire. Incuriosita, grazie al fatto che il cliente è un mio condomino (di professione idraulico: tutti o quasi i .mieiamici mi hanno detto in un momento o l'altro della vita: se rinasco faccio l'idraulico), gli ho chiesto che cosa mai aveva comprato per la cifra predetta. Ogni venerdì, mi ha raccontato placidamente, fa quella stessa spesa onde soddisfare le richieste dei cinque componenti · della sua famiglia. Grazie ad essa nel weekend lo lasciano tranquillo e può dedicarsi ai , suoi hobbies (quali, alla prossima occasione). Lui si accontenta della sua "Gazzetta", . mentre ben altre sono le esigenze dei familiari: dirò solo che la scelta più saggia mi è parsa quella dell'anziana madre ("La settimana enigmistica" e "La cucina italiana"), la peggiore quella del figlio quattordicenne: "Diabolik", "Sorrisi e canzoni" e - udite, udite! - "Gente Money". E libri? Per carità, con tutto quello che già c'è da leggere! No, dimenticavo, c'è anche un libro, un "Harmony" (per la figlia quindicenne, che promette male). Mentre l'idraulico si allontanava con la sua spesa proletaria, gli ho infilato surrettiziamente nello zaino "Il venerdì di Repubblica": ho così evitato anch'io per una volta i contenitori. Questi supplementi - e scusate l'insistenza - sono tra le altre cose una presa in giro del lettore, che vi ritrova le stesse firme logorroiche dei giorni precedenti: tuttalpiù quelle assordanti cicale si scambiano i personaggi, in primis quelli televisivi, peraltro consunti dall'uso al pari di loro. Così, anche se si è riusciti a sfuggire agli imbonimenti del leader televisivo del momento - operazione semplicissima, basta non accendere la TV - ecco che ci si ritrova il mostro sbattuto, e chiosato, in prima pagina. Non sembra esserci scampo: l'era del vuoto riempie tutto e i ghigni e gli sghignazzamenti della gente sporcata dal successo ci incalzano ovunque. I loro ceffi, vere facce da tiro al bersaglio, fanno venire in mente la frase del duca di Wellington a proposito dei suoi generali: "Può darsi che non facciano paura al nemico, ma, perdio, fanno paura a me!" Molta meno paura mi hanno fatto i diciannove godibilissimi racconti di Fantasmi e no (Theoria, L. 28.000), un'antologia di ghost-stories di autori britannici e americani che "hanno tentato di divertire spaventando" tra il 1880 e il I930. Suddivisi secondo un ordine tematico - "I morti che tornano"; "L'occulto, l'occultismo, la magia"; "Vampiri e vampirismo"; "Presentimenti e sogni premonitori"; "Il doppio"; "L'umorismo" - dal curatore Malcolm Skey, un grande esperto del "genere", al- . meno la metà sono racconti buoni di per sé, per cui sono veramente racconti di fantasmi e no, cioè anche ben altro. li meglio delle ghost-stories è comunque quando rappresentano con reticente ambiguità "il represso, il finito-nel-dimenticatoio, lo spazzato-viasotto-il tappeto", come ben dice il curatore. Si legga, incluso in questa raccolta, il mirabile L'allegro angoletto di Henry James, che anche a un'ennesima lettura fa sempre trasalire: di ammirazione. D'altronde, in questo scorcio di secolo "i morti-chetornano", perché da noi chiamati, sono - parlo per me - "presenze" spesso ben più confortanti dei vivi e di maggior compagnia. Nessuno scrive più lettere. E non solo perché manca il tempo (come per tutte le cose di un qualche senso e importanza), non solo perché dal I968 (eccolo ricordato l'anIL CONTESTO no rubatoci dai media!) c'è la teleselezione (come se telefonare non fosse tutta un'altra faccenda), ma anche perché scrivere una lettera richiede impegno e concentrazione: e la tendenza è il contrario. Così le lettere sono ormai relitti del passato, come il marxismo, l'amore, l'onestà, la gentilezza. Per la legge del compenso, mai come oggi si pubblicano le lettere degli altri: non a caso la nostra editoria ne sta sfornando a iosa (del che mi rallegro essendone ghiotta). Specializzata nel genere è Rosellina Archinto, che pubblica solo lettere (peccato che la sua elegante carta lucida renda un po' difficoltosa la lettura seral-notturna). Tra i suoi recenti volumetti consiglio Le tue lettere hanno occhi (L. 22.000), missive inviate da Ariadna Efron a Boris Pasternak negli anni I948-1957. Ariadna, figlia di Marina Cvetaeva, scrive da una sperduta località della Siberia, vicino al circolo polare artico, in cui è esiliata (ritornerà a Mosca, riabilitata, nel I955), e se dispiace scarseggino le lettere di Pasternak (tredici in tutto) la voce della Efron è di un tale sublime stoicismo da non farcele rimpiangere troppo (la Efron ci dà anche - lettera del 20 novembre I948 - una sua lettura del Dottor Zivago di grande acume). Quasi solo lo scrivere lettere e leggere frammenti di libri le danno la forza per reggere la vita subumana che le è inflitta: quattordici-sedici ore di lavoro pesantissimo e inutile al giorno, in un gelo tormentoso (-40° per tutto il lunghissimo inverno). Queste lettere, scritte "così come un cane inghiotte un boccone - in modo assolutamente convulso", stillano un coraggio e un dolore luminosi. Leggendole si ha l'impressione di toccare qualcosa di vivo e di nudo. 19

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