IL CONTESTO me Paul Klee; da ciò è derivata la necessità di trasferire nella forma il contenuto che possedevano. Essi hanno sempre esposto la complessità dell'esistenza umana e Klee per noi è come qualcosa di miracoloso, che ha anticipato e espresso da solo la potenza di una corrente come quella metafisica, col grande de Chirico. Ricordo una mostra di opere di Klee a Dresda tre anni fa, dove migliaia di persone facevano la fila al gelo per visitare le stanze itineranti della vita di Klee, fino agli ultimi giorni di dolorosa malattia in cui appare scarnificato e tuttavia vitale in quei suoi potenti occhi azzurro chiaro. Klee è l'arte di diventare giovani attraverso l'arte. Egli era la coscienza operante sia della vita, sia del ludibrionismo di Ladislav Klima. Nel gioco che mira al trascendente la vita umana ha senso dovunque e comunque. Klee ha fatto la guerra come tanti altri artisti, come il cèco Grucka che è caduto il primo giorno di guerra o come Franz Mare nel '16. Stessa sorte è toccata al Apollinaire per la ferita al capo e anche il mio amato Hemingway ha partecipato a entrambe le guerre. Nella memoria del poeta, dell'artista, la forma circolare e spiraliforme della vita che ritorna sempre sui propri passi prevede una precisa e sensibile riflessione sull'infanzia. Senza infanzia e senza ricordo dell'infanzia saremmo perduti. La poesia dell'uomo è ritorno e riscoperta continui, è una sonda verticale - profonda tanto quanto ciascuno riesce ad andare indietro nella sua memoria - da cui sgorga non soltanto il poeta come teoria ma anche la nazione, il popolo, la Heimat. C'è un aneddoto del Caffè Hungaria di Budapest per cui degli scrittori volevano decidere quale fosse la lingua più bella. C'era chi diceva la tedesca, chi la francese, chi l'italiana finché entrò un poeta ebreo di nome Schapiro, richiestogli un parere, rispose che la lingua più bella è quella materna. Siamo verso la fine di questa lunga serata; si avvicina l'ora di chiusura del locale e i bicchieri vuoti di birra si sono accumulati attorno alle ruvide mani di Hrabal che tuttavia ne stringe sempre uno pieno. Ancora non riusciamo a mettere a fuoro quell'iniziale associazione simbiotica tra Venezia e Hrabal. È a Venezia per la prima volta, o c'è stato qualche precedente? Sono a Venezia per la terza volta, solo che durante le altre visite ero molto più giovane e sciocco e non facevo altro che seguire le tracce di grandi pittori come Tintoretto, Bellini e gli studi architettonici. Ma adesso 18 LETTERE che sono qui e sono andato a piedi a San Marco ho scoperto che mi piace molto di più la vita nelle strade e nelle calli e i tipi che si aggirano per questa semideserta Venezia; sicché non voglio vedere nessun grande Rinascimento, nessuna grande chiesa o grande mostra. Voglio camminare per le calli e osservare la gente. Credo che la gente e la sua vita, come la vedo io, sia molto più interessante di tutti gli stili e le opere. Buona notte signor Hrabal e arrivederci a Praga. Se ne tornerà col dubbio che avrebbe potuto far o vedere qualche altra cosa in Italia? L'unico desiderio che vorrei si avverasse è che il sogno della mia vita, si compirà domani; quando andrò finalmente a Padova a inchinarmi davanti a Giotto, il pastore diventato pittore. IL CIELOSOPRAWENDERS Gianfranco Bettin Cara Linea d'Ombra, forse visto a Cannes, in estate e in edizione originale, li cielo sopra Berlino di Wim Wenders è diverso dal film che ho visto io, doppiato, a Natale e a Venezia. Alberto Barbera, da Cannes appunto, lo ha segnalato con gran consenso sul nostro numero 19. Vorrei dire con questa breve lettera, che io Gli angeli di Wim Wenders. ho visto proprio un'altra cosa. Dunque mentre forse si apprezzerebb"e di più un novello Angelo Sterminatore, che seminasse scompiglio nella stirpe di Faraone, Wenders ci propina angeli che scoprono il bello di essere uomini. Si è così umani! Come dice l'ex angelo Peter Falk: si può fumare, insieme; se si ha freddo si possono sfregare le mani insieme, e scaldarsele; si può fare la Comunione, insomma. E se poi si è adocchiata dal1'alto una donna (essendo maschile il sesso degli angeli) si ha pure, pronto, lo scopo della vita. Amarsi, e vivere felici e contenti, con tanti bei bambini (''È una favola" si è detto a suo pregio: ma almeno nelle vere fiabe, di solito, e come condizione del lieto fine, si fa un bel repulisti dei cattivi - orchi, matrigne ecc. - e degli ipocriti). Non si capisce, in realtà, se questo cielo sia sopra Berlino o invece sopra Paris (Texas), il luogo struggente della nostalgia (familista), dei sensi di colpa (verso figlio e moglie, divisi e lasciati) e dell'opportunismo (il maschio, ricongiunti madre e figlioletto e placati i rimorsi, se ne va per la sua strada. Mica è scemo). O forse, ancora, si tratta del cielo sopra Lourdes e dopo anni di tormenti interiori e "on the road" i personaggi wendersiani hanno preso sul serio le indicazioni di Woody Allen in (credo) Manhattan: "Sono tre anni che sto in analisi. Ancora uno e poi vado a Lourdes". Non c'è la Madonna, qui, bensì la mano vitalizzante dell'angelo, non mariologia ma angelologia (di cui è fresco maestro, combinazione, Massimo Cacciari), ma sempre tra i miracoli siamo. Al contrario dell'Angelus di Klee (e di Benjamin) questo di Wenders non guarda al passato, alle rovine e ai morti della Storia, e non procede nella tempesta. Guarda avanti, con sguardo coglione (ma tanto innamorato! tanto umano!), sorridente e beota, tra dialoghi e pensieri (dovuti a Peter Handke) che sembrano citazioni da Emozioni di Mogol-Battisti (le cose belle e suggestive dell'essere umani), Siamo la coppia più bella del mondo di Celentanò e Claudia Mori (la riflessione finale sull'amore, da parte della trapezista), Fin che la barca va di Orietta Berti (la morale ultima: "Siamo tutti sulla stessa barca" - campo lungo, Berlino·dall'alto, cielo, dissolvenza, e scritta: "A suivre"). Forse l'edizione originale era meglio, non so. Oppure non ho capito il film. Fatto sta che, uscendo dal cinema in un fiume di gente per lo più ammirata e complimentosa, ho sentito la mancanza dell'immortale Fantozzi e della sua sentenza massima: "Per me è una boiata pazzesca!".
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