STORIE/ORKÉNY rigonfi, che nereggiavano di lontano. Arrivava tre volte la settimana. Noi tutti, ottomila, la guardavamo sempre. Qualche volta portava delle teste di cavallo scuoiate, che già di lontano digrignavano verso di noi i loro denti gialli. Altre volte del pesce salato, o del miglio, o dei cibi in scatola. Era piacevole stare a guardarla, anche se la contemplazione era del tutto inutile, perché la slitta, davanti all'ingresso del campo, svoltava in direzione dei magazzini, dove la maggior parte dei viveri veniva rubata. Quel giorno le cose andarono diversamente. In conseguenza di qualche miracolo il portone si aprì e il piccolo cocchiere dal berretto di pelo entrò dritto nel lager. In quell'istante si levò nel campo un sordo brontolio, come quello che fa la terra quando si spacca in due. Nel campo c'erano quattro vie. Le baracche, sommerse dalla neve, stavano acquattate in otto file. Le porte si aprirono, le vie si animarono, nere termiti affluirono verso il portone principale. I punti neri si assieparono intorno alla slitta, gettandosi e arrampicandosi su di essa come l'onda di un mare di vermi. Calpestandosi a vicenda, brulicarono per qualche minuto, poi sciamarono di nuovo verso la via principale, si sparsero nelle vie laterali e scomparvero nelle baracche La slitta era rimasta là. La slitta era rimasta là, ma non c'era più il pane, né i due cavallini dalla lunga criniera, né il piccolo cocchiere dal berretto di pelo. Soltanto la slitta vuota, il manico della frusta e quelle parti dei finimenti che non erano di pelle: qualche catena, qualche fibbia, qualche anello. Ah sì, anche un mazzo di chiavi. Soluzione definitiva Ho ventisei anni, sono un po' ossuta, spigolosa, ma comunque carina di aspetto. Eppure finora mi hanno avvicinato soltanto tre uomini in tutto; tutti e tre poi si chiamavano Erno, forse per caso. Adesso però il telefono squilla in continuazione, sento una voce maschile impaziente e aggressiva, perché sta zitta, dice, è lei, Lulika, pronto, non mi dice neanche una parola? ... Non so proprio che pesci pigliare. Devo rispondere o mettere giù il ricevitore? Qual è la cosa più intelligente, più opportuna da farsi? Ho passato la trentina, ma finora solo un uomo mi ha detto di amarmi. L'ultima volta ho detto che erano tre, ma non era vero, è stato uno solo e non si chiamava neanche Erno. Poi il telefono ha suonato tante volte, anche questo l'ho già detto, ma hanno mandato un operaio, l'ha smontato tutto, adesso non sbaglieranno più numero, ho detto, ed effettivamente adesso è la prima volta da anni che il telefono suona. Ahimé, che cosa accadrà se cercano Lulika, devo dire "prego, sono io Lulika" Oppure devo dire "c'è uno sbaglio, perché mi importuna, io mi chiamo Edit Steier." Passano gli anni, passa la vita, io sono sempre vergine, quando sta per piovere mi fanno male gli occhi. Una volta ero sicura che un uomo di nome Erno mi amasse, ma avesse tanta paura di essere rifiutato che osava soltanto telefonare. 87 liotecaGino Bianco Neanche quello però era amore. In seguito si è scoperto che era soltanto l'apparecchio che non funzionava. C'è mancato poco che mi venisse un collasso nervoso, ma poi ho capito che posso accontentarmi di molto meno, basta che sia una soluzione definitiva. Fu allora che ingoiai la chiave dell'ascensore. Prima vi legai uno spago sottile assicurandone un capo al mio canino inferiore, che è solo, non ha denti vicini, né a destra, né a sinistra. Poi però mi venne in mente che ai raggi lo spago non si vede. Stupidina, mi sgridò il medico dopo l'operazione, perché non l'ha detto che l'aveva legata al dente, avrei potuto tirarle fuori facilmente la chiave dalla bocca. Ma io gli spiego che non volevo dar fastidio a loro, chi pensava a un'operazione, io volevo soltanto trovare una soluzione definitiva, di cui non mi potessero privare, ma neanche però che mi facesse morire. Spes ultima dea - Del resto una tomba non costa mica poco, - disse l'impiegato. - Meno che mai poi lungo il percorso principale. - Non c'è bisogno che sia sul percorso principale, - disse il cliente.- Quel che importa è che sia di cemento armato. - Di cemento armato?- fece stupito l'impiegato.- È inusitato, se mi permette. Ma si può fare. Mise da parte i listini dei prezzi battuti a macchina. Fece dei rapidi calcoli sul foglio di un notes; il prezzo della tomba di cemento, esclusa la lapide, lungo un percorso laterale, era ancora piuttosto salato. Il cliente dichiarò tuttavia che non importava. Si mordeva le unghie. Stava riflettendo. - E poi, - disse, - dentro ci vuole un tubo. - Che tipo di tubo? - chiese l'impiegato vestito di nero. - Non lo so neanch'io. Una specie di camino. Come sulle navi. O come nelle cantine. L'ingegnere, che l'impiegato convocò, era un tipo lento nel ragionare. Si fece spiegare la cosa due volte e dopo si limitò a bofonchiare. - Posso chiedere, - fece, - di che materiale dev'essere questo tubo? - Questo devono saperlo loro, - disse il cliente, un po' spazientito. - Di ardesia andrebbe bene? - chiese l'ingegnere. - Oppure di mattoni? O semplicemente di metallo? - Lei cosa consiglia? - chiese il cliente. - Io non ci capisco niente in tutto questo, - disse l'ingegnere. - Ma la cosa più normale sarebbe l'ardesia. - E vada per l'ardesia, - disse il cliente, guardando pensieroso l'ingegnere duro di comprendonio. - E poi, - disse ancora, - bisognerebbe farci arrivare la corrente. - La corrente? - fecero i due, guardandolo con stupore. - Per farci cosa, la corrente? - Che domanda, - disse irritato il cliente. - Perché dentro non sia buio. (Traduzione di Giampiero Cavaglia)
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