STORIE/GIUDICI "Questa volta" pensa il giovane timido, "è passata. Non certo per colpa mia, non è stato possibile per forza maggiore: è evidente, c'è la madre, diamine, non potrei nemmeno accostarla". Così il ragazzino imberbe che si ritira ai margini del campo, e guarda il campione al centro del terreno, che ha già raccolto il calcio d'inizio ed ha portato avanti il pallone di una decina di metri, scartando il mediano avversario. Ecco, il campione si ferma, guarda rapido intorno a sé: ma è lo spazio di un attimo. Gli altri giocatori si assiepano in disordine, agitati, guardinghi, pendono dal suo pensiero sconosciuto. Che cosa farà? E incomincia la giostra. Il campione ha calciato con forza, un magnifico traversone all'ala sinistra, che fugge lungo il margine di gesso bianco, raccoglie il passaggio preciso come un disegno, cerca la via della porta avversaria. Ma un terzino gli è sopra, gli soffia subito la palla e la butta via con un calcio disordinato: il giocatore dell'ala sinistra non è bravo come il campione, e nemmeno il terzino avversario. Tutt'altra cosa, tutt'altra classe. L'asso crolla il capo in segno di disappunto. "Non val proprio la pena", pensa di certo così. Il debuttante mancato scambia qualche commento con gli spettatori vicini: "È proprio sprecato per noi, questo campione", e pensa con ansia al giorno in cui lui, che oggi prende la via dello spogliatoio, potrà scendere in campo come titolare e farsi guardare dalle ragazze del quartiere. Poi si ritira nella baracca semibuia, dove assai scarsa penetra la luce del pomeriggio autunnale, indossa nuovamente gli abiti della domenica, annoda con cura la sua cravatta. Depone con altrettanta cura la maglia giallo-verde contrassegnata dal numero "otto" sul tavolino dello spogliatoio: nella ripresa dovrà indossarla il campione, che è entrato in gioco con una maglia così. Una vecchia maglia sbiadita, una maglia senza numero, da allenamento. Nel trambusto del frettoloso arrivo non ha potuto indossare la maglia del ragazzo che attendeva la sua sorte al centro del campo, timoroso, nervoso, in soggezione dell'abitro che giocherellava col fischietto alle labbra .. Il campione non ci farebbe caso alla maglia col numero o senza numero: ma, per il decoro della squadra, è assolutamente necessario non venir meno alla forma. Si sa che il campione non ci fa caso: a lui basta giocare, a lui basta sforbiciare passaggi formidabili sull'ala, o tirare in porta dal limite dell'area di rigore, come fa adesso che il ragazzino si è riaffacciato alle soglie della baracca. Il portiere respinge a mala6erìa il tiro, in-un tuffo disperato. Il centroattacco si lanci.No avanti, completamente libero, perché tutta la difesa avversaria è addosso al campione. Il centrattacco tira a portiere battuto: ma troppo forte, troppo alto ... La folla è delusa. Il campione'è deluso, scuote il capo, agita le braccia. "Ma non sapete come si fa?". Si fa così. Ecco la risposta: lui stesso fa vedere come si fa. Raccoglie un passaggio lento, scarta quattro avversari, tira in porta da dieci metri con una finta spettacolosa. Il portiere si butta a destra, il pallone entra in rete a liotecaGino Bianco sinistra. La folla va in estasi e in delirio ..Gli avversari sono sgomenti. Il campione si avvia al centro del campo a capo chino. I compagni vorrebbero abbracciarlo, come si usa, ma si sentono troppo inferiori. Quattro a zero: lui ha segnato una rete sola, ma le altre ... Tutte merito suo. Questa sera nel bar, aperto di recente, all'angolo del grande fabbricato a cubo, colore di caffellatte, farà le spese della conversazione. "Certo è tempo che trovi una grande squadra: magari nelle riserve. Certo è tempo ... " si dice. Poi lui entrerà d'improvviso, si farà un attimo di silenzio, subito interrotto da tanti "vieni! come va! raccontaci un po' ... " E lui si siederà a un tavolino , <lira: "sono proprio stanco", (e gli altri "prendi una birra?"), comincerà a raccontare: si farà dare una matita e un foglio di carta, ad un certo punto, per i;nostrare la tecnica di una sua discesa. Tutti diranno di sì. Lui scuoterà ancora una volta il capo non sapendo cosa fare. "Beh, buonasera a tutti", questo sarà detto verso le undici e mezza, "altrimenti chi s'alza domani mattina?" Il tram che lo porterà a casa si farà attendere per quasi dieci minuti: lungo il tragitto il campione si abbandonerà ai suoi sogni e l'indomani si "incollerà" la "cofana" di calce nel cantiere dove lavora. Il brigadiere e il centravanti Proprio un sabato a mezzogiorno, alla vigilia di una importante partita di campionato, venni arrestato per oltraggio aggravato e percosse a un pubblico ufficiale e condotto al più vicino posto di polizia. Il pubblico ufficiale era un controllore del tram, le percosse e gli oltraggi erano stati piu immaginari che reali, e il tram - questo senza alcuna immaginazione - era affollato e caldo come un forno: io avevo perduto il biglietto ed è ora perfettamente inutile perdersi in particolari. L'unico particolare interessante è che quel sabato mattino, oltre ad essere bello e pieno di sole, oltre ad essere la vigilia di una importante partita di campionato per la mia squadra, era - fra l'altro - anche la vigilia del mio rientro dopo cinque settimane di assenza, cinque settimane che alla mia squadra erano costate ben care: figuratevi che in cinque partite l'attacco non era riuscito a segnare più di tre gol, il che - tradotto in parole povere - significava una vittoria, un pareggio e tre sconfitte. Io, prodigiosa "punta di diamante", come una volta avevano scritto i giornali, ero atteso come una manna nel deserto. Ma - dicevo - venni arrestato da un brigadiere in borghese, vestito con una giacchetta avana, e abbellito da un inconfondibile paio di baffi neri; venni condotto via tra i commenti variegati degli altri passeggeri che non mi avevano riconosciuto, senza nemmeno che mi fosse dato il tempo di dire "ma lei non sa chi sono io", tutto per aver dato del cretino e una leggera gomitata - come quando si gioca - al
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==