RACCONTISPORTIVI Giovanni Giudici Le figurine Ecco, le figurine. Parlo delle figurine di cartone, di latta, di celluloide, figurine di molte varietà, che popolarono di calciatori i grandi verdi stadi dell'infanzia. Figurine raccolte in collezioni interminabili, prolungate per mesi dal miraggio di un premio importante (per trecento figurine danno un pallone numero due), poi interrotte così, di punto in bianco, perché il compagno fra tutti più autorevole le dichiarava improvvisamente fuori corso. "Non valgono più" diceva, "adesso valgono queste". E, così dicendo, mostrava alcune figurine, di un tipo assolutamente nuovo: nessuno osava mettere in discussione la sua parola. Certo - pensavamo - l'avrà saputo chissà da chi, chissà dove, in città o nei paesi vicino al nostro. Misteriosa era la centrale da cui pervenivano gli ordini che mettevano fuori corso le figurine pazientemente raccolte. Subito i bottegai del paese toglievano di commercio le caramelle con le vecchie figurine e facevano sapere - per tramiti altrettanto misteriosi - che erano provvisti di,cioccolate da venti centesimi con le figurine nuove. Era l'inverno, il "tempo" delle figurine: ci chinavamo su un ginocchio, coperto quasi sempre da lunghe calze di rozza ·1ananera, ci chinavamo su un ginocchio ai margini del marciapiede a giocarci le figurine valide, riga, a muro, anche a piastrella o alle biglie, proiettandoci ansiosi verso il traguardo delle trecento, prima che una nuova serie venisse a soppiantare quella in corso. I calciatori ci guardavano esterrefatti da quelle cattive riproduzioni a colori; facevano pensare a tanti "chi l'ha visto?", e in realtà nessuno li aveva mai visti. Volavano leggeri contro il muro, cedendo alla facile spinta delle dita, battevano, cadevano a terra, sul diritto o sul retro, e se capitavano sul retro le figurine erano perdute in partenza, non importava anche se più vicine al muro di tutte le altre. C'erano, naturalmente, figurine difficili e figurine facili. ' Che maledizioni, che rabbia e tante volte che tristezza da nuvolosa domenica dentro di noi, quando nello sfilare la cioccolata sottilissima dall'involucro di carta se ne ritraeva una figurina troppo diffusa, carica di doppioni: capitava così al calciatore Provera, che era portiere del Casale e che veniva effigiato senza il classico berretto dei portieri. Altrettanto capitava, in misura minore forse, alla figura di Cevenini III, vestito di una strana maglia color caffé. Gli scambi di calciatori erano facilissimi. Non c'erano liste di trasferimento, nessuno avrebbe mai immaginato che vent'anni dopo avrebbero comprato un certo Jeppson per 105 milioni, quando sembrava una favola dire che la "maglia gialla" al Giro di Francia prendeva 500 franchi al giorno . Si dava Meazza per Serantoni, Pitto per Monti e - se il compagno del baratto era simpatico - gli si regalava un Combi in sovrappiù. Piola non era ancora popolare, mentre popolarissimi erano Levratto e Volk, per la faccenda delle reti sfondate. Gli stadi veri erano perduti nelle lontananze leggendarie di settimanali sportivi illustrati. Nel campo sportivo del nostro 6 "bliotecaGino Bianco paese vedevamo tutt'al più la squadra dei pompieri del capoluogo: le squadre vere erano troppo lontane e le figurine ne erano il naturale surrogato. Così si disponevano sui lastroni del marciapiede; si faceva a gara per allineare la formazione migliore. Spesso, in mancanza di meglio, fummo costretti a schierare come terzino uno dei nostri troppi Provera e a non poter opporre al Combi del compagno più autorevole che un più modesto Cavanna, e un Allemandi al grande Caligaris. Anche fra quei ragazzi che noi eravamo, c'erano i ricchi e c'erano i poveri. Non saprei dire se il più povero di tutti fosse mai stato costretto a far scendere sul marciapiede tutta una squadra di undici Cevenini III, o se il più ricco avesse mai sfoggiato una intera "nazionale" in quattro o cinque esemplari. Dipendeva, sì, dalla fortuna: ma anche dal consumo delle cioccolate. Nei giorni di pioggia le squadre scendevano in campo sui pavimenti dei portoni calpestati da scarpe grondanti, impastati di fanghiglia e di segatura: le figurine di cartone, effimere e labili più delle altre, più della gloria dei calciatori esterrefatti e irreali che vi erano effigiati, incontravano spesso qui la loro fine. Venivano eliminate, gettate via, regalate, nei casi migliori, ai ragazzini più piccoli, spettatori meravigliati di quelle partite che si fermavano all'entrata in campo. Poi le figurine di cartone o di latta o di celluloide, trovavano tutte la loro fine improvvisa, quando anche ai più poveri apparivano facile conquista il Combi, i Caligaris, i Levratto, tutte le figurine più difficili. Il compagno più autorevole diceva "non valgono più", ed era finita. Cominciava la nuova serie, non più di cartone ma di celluloide, non più di latta ma di cartone: all'inizio erano tutte uguali; ma dopo tre giorni già erano evidenti le differenze di valori. I più poveri tornavano ai loro innumerevoli Provera, i più ricchi ai loro rarissimi Volk, gelosamente custoditi fino al giorno della decadenza. Un campo sul mare Il campo era vicino ai cantieri, tra il mare e la strada: era lo spazio, irto di pietre rosse, lasciato libero da un cantiere mancato, che avrebbe dovuto allinearsi fra gli altri, ma che nessuno aveva ancora pensato a mettere su. Quando giocava la squadra dei "liberi" calciatori del tuo paese, i ragazzi non giocavano, stavano a guardare i più grandi, fra gridi sciocchi di donne meravigliate, che per niente si spaventavano, ad ascoltare con la bocca aperta e stupiti quello che i celebri calciatori del capoluogo (che ogni tanto scendevano al paese nelle domeniche estive) dicevano dei "liberi", con l'aria di chi se ne intende. I giocatori del capoluogo, quando la loro grande squadra riposava, scendevano a veder la partita dei "liberi" del tuo paese, talvolta in compagnia delle mogli come ad una piacevole gita festiva. I ragazzi giocavano, e giocavi anche tu ch'eri di loro, nei giorni non di festa, con la scuola e senza la scuola, molto più spesso nei giorni d'estate: il caldo non importava. Le partite
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