Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

NARRARE LA SCIENZA/BOHME natura. Quando poi voglio applicare la scienza della natura vedo che ciò è possibile solo lì dove vi sono condizioni relativamente pure, e questo significa che le devo creare. Siamo così in presenza della tecnica moderna. Per poter fare funzionare la scienza, si devono costruire situazioni del tutto simili a quelle del laboratorio. Una cosa analoga la possiamo vedere nello sviluppo della scienza sociale. Questa esce dal contesto di orientamento intuitivo della società per diventare una scienza-strumento, in modo del tutto analogo a quanto è accaduto alla scienza della natura. La scienza sociale può diventare sapere per il dominio e il controllo solo nella misura in cui si autoappropria della società stessa. Questa auto appropriazione corrisponde, da molti punti di vista, alla appropriazione materiale della natura. Vengono anche qui create condizioni pure, esclusi i fattori di disturbo, ecc... Cosa significa ciò per la scienza sociale? Significa che nella società gli uomini non appaiono come generici esseri umani, bensì sempre di più in relazione a determinate funzioni, quali il lavoro, lo scambio, l'informazione ecc... , per cui vengono definiti in modo preciso e determinato. Con lo sviluppo sociale gli uomini vengono costretti a comportarsi secondo ruoli definiti. Questo significa che la società si autoappropria, creando in se stessa rapporti strutturati e ben definiti: per esempio il lavoratore alla catena di montaggio può solo fare determinati movimenti. Durante il tempo di lavoro l'uomo si deve comportare e muovere solo secondo variabili definite e circoscritte e deve escludere la sua umanità diffusa. L'automobilista che è immerso nel traffico deve annullare quasi tutto ciò che è parte della sua umanità. Tutta la sua capacità percettiva deve essere concentrata nell'osservazione dei segnali che regolano il traffico, i suoi movimenti corporali e affettivi devono essere quasi del tutto esclusi, per cui l'automobilista si comporta già quasi come un oggettotecnico. Solo nella misura in cui gli uomini si comportano in modo disciplinato, tecnologico e civilizzato, sono applicabili alla società teorie tecnologiche, quale quella dei sistemio teorie simili. In questo contesto mi viene in mente GeorgSimmel, che, nel saggio Metropoli e vita spirituale, vede la possibilità di una vita spirituale e intellettuale reale, solo lì dove sono date norme fisse, regole da seguire - quelle del lavoro e del traffico, per esempio - che contengono, oltre allacostrizione, anche elementi di libertà. Ma ancora un punto: per averescienza della natura, si deve ridurre il fenomeno naturale afenomeno da laboratorio, lo stesso vale per lascienzasociale. A me sembra però che una differenza ci sia. La naturasi lascia/orse ridurre in modo docile, mentre gli uomini si oppongono alla riduzione, alla tecnologizzazione della loro esistenza, per cui nascono fenomeni di ribellione. Non potrebbe, questa differente reattività, essere quasi una messa in crisi del comune denominatore dell'appropriazione? Ciò che Lei dice con Simmel è vero, ed è naturale che quanto ho detto vada visto in modo dialettico, per cui della autoappropriaziorie sociale va anche vista l'altra faccia, che è quella della extrasocialità. Se gli uomini sempre più masB lioteca Gino Bianco sicciamente vengono considerati nella loro esistenza sociale semplici punti di collegamento del sistema tecnologico, è ovvio che gran parte della loro esistenza reale sia esterna alla società: ma ciò non significa che sia uguale a zero, bensì che è asociale, che si concentra nel privato. Quindi, la società borghese si organizza sul binomio pubblico-privato. Se una società razionalizza il suo momento pubblico è ovvio che si formi un altro polo di vita sociale, questo è il privato. È un processo dialettico di delimitazione e di contemporanea esclusione. È naturale allora che, nel processo di autoappropriazione della società, ci siano dei momenti della vita umana che sono esterni a questa appropriazione. Questi momenti si diffondono poi socialmente e nascono nuove forme di vita privata. Oppure anche la società viene contagiata dalle nuove forme di vita privata, per cui, per dirla con Habermas, si possono dare nuove forme di vita pubblica? Questo non lo so, non ne sono molto informato. In un certo qual senso, la teoria dell'agire comunicativo mi sembra essere nostalgica. Essa trova la sua applicazione proprio in quegli ambiti che sono esterni alla razionalità sociale, la famiglia per esempio. Il mettere in discussione, ai voti, una proposta, per creare consenso ha luogo in quei contesti pratici in cui non si è sviluppato la società umanitaria. E anche quei momenti di discussione pubblica, che sono così importanti nella concezione di Habermas - per esempio il dibattito tra gli storici - sono degli avvenimenti marginali, da accademici del XVIII secolo, se li confrontiamo con la rilevanza e la portata sociale che hanno oggi i mezzi di comunicazione di massa. A me sembra che questa teoria sia molto bella, affascinante, ma in realtà si muove verso la tecnicizzazione sociale, in cui non vi è posto per la formazione del consenso e per l'agire comunicativo. La società viene razionalizzata e tecnologizzata; noi veniamo ridotti a semplici terminali di una complessa rete tecnologica. Se non siamo parte di questa rete siamo esclusi dal contesto sociale. Non le sembra una visione del mondo un poco pessimista? Non in modo assoluto. Dobbiamo vedere l'aspetto dialettico di questa faccenda, che Lei stesso ha sottolineato. In questo processo sono presenti anche dei momenti di liberazione. Vorrei fare alcuni esempi. Gli sviluppi delle società industrializzate rendono sempre più irrilevante il corpo umano: per una gran parte delle azioni sociali non è necessaria la presenza .fisica, tutto avviene per mezzo della rete tecnologica. Si potrebbe quasi dire, e questo è terribile, che il corpo umano è diventato socialmente inutile. Ma contemporaneamente vediamo che ci troviamo in un'epoca in cui ha luogo una radicale riscoperta del corpo umano, un'epoca di ricordi, ma anche di esperienze nuove. È chiaro che questa riscoperta non avvi_ene in ambiti lavorativi, o solo in quelli tradizionalmente deputati a questo, come lo sport, ma anche nello yoga, nella meditazione e nella bioenergetica ecc.

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