Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

NARRARE LA SCIENZ:A/BOHME "La questione della qualità della vita deve essere sempre riproposta ex novo. La scienza e la tecnica ci hanno dato progresso sociale, ma in altri casi hanno significato passi indietro, perdite." ta da me accentuata appositamente, esagerata, per differenziarmi, distanziarmi nettamente dalla idea del progresso. Certo non volevo affermare che la nostra società è segnata in modo determinante dalla angoscia. Ciò che mi sembra realmente essere giunta al suo termine è l'idea di progresso infinito. In questo saggio, che Lei ha menzionato, ho cercato di mostrare che per l'umanità, vista nel suo complesso, l'idea di progresso ha fino a oggi determinato solo un breve periodo della sua storia: in fondo solo dal Rinascimento europeo fino a oggi, e solo nell'ambito culturale europeo e americano. Altre culture non si sono affatto definite con il principio del progresso. Si tratta dunque di un periodo piccolo e breve che non dovrebbe caratterizzare l'umanità in quanto tale. In questo saggio sottolineo inoltre che l'idea di progresso è soprattutto legata alle nuove scienze naturali e alla tecnica. È praticamente con il programma di Bacone e Descartes che si è affermata l'equivalenza tra sviluppo tecnico-scientifico e progresso umano e sociale. È questa idea che si è frantumata nel corso del nostro secolo. Certo, si continua a constatare progresso tecnico-scientifico, ma è sorto il dubbio che questo tipo di progresso significhi realmente progresso sociale e umano. La mia considerazione finale in quel saggio è: noi ci muoviamo verso un futuro tecnico, viviamo nella civiltà tecnica, ma la questione della qualità della vita deve essere sempre riproposta ex novo. Non si dà che con la semplice esistenza della tecnica la qualità della vita sia migliore rispetto ai periodi precedenti. La tecnica ci dà le condizioni quadro. Come pure non si deve perdere di vista il fatto che la scienza e la tecnica in determinati casi ci hanno dato progresso sociale, ma in altri hanno significato passi indietro, perdite. Questo è un dato di fatto che non va dimenticato. Direi che l'idea baconiana di progresso, che ha per lungo tempo determinato la cultura europea, è giunta alla sua fine nel nostro secolo. In questo senso va letta e interpretata la frase da Lei menzionata. Abbiamo visto finora che la scienza è influenzata dalla società, e in modo così stretto che l'ulteriore sviluppo delle scienze della natura è determinato dai rapporti sociali. D'altra parte a me sembra che le metodologie di sistematizzazione di cui fanno uso gli scienziati sociali, per esempio il concetto di complessità, di autoorganizzazione, come pure il concetto di sistema, traggono la loro opinione dalle metodologie delle scienze della natura. Come vede Lei questo rapporto di scambio e influenza raciproca? Ho già sottolineato che le strutture della società derivano concretamente dalla esistenza delle scienze della natura e della tecnica. Ora Lei, invece pone la questione della formazione delle teorie, della costituzione dei concetti nelle scienze sociali. Mi sembra che Lei abbia ragione, e ciò dipende in parte dal fatto che il concetto di scienza, che è dominante nella nostra società, è quello di scienza della natura. Per cui le scienze sociali hanno cercato, fin dal loro inizio, cioè da Auguste Comte, di strutturarsi sul modello di quelle. Per Comte la sociologia è la fisica della società. Il modello delle scienze della natura ha profondamente segnato quello delle scienze sociali. Certo, ci sono state opposizioni a questa tendenza e si è mostrato che i fenomeni sociali hanno bisogno di metodologie diverse da quelle delle scienze della natura. Molto importante è stata, in questo senso, l'opera di Dilthey e l'idea delle scienze dello spirito. Un altro momento molto importante è l'ermeneutica, con Gadamer e Habermas soprattutto, e tutta la scuola che vi sta intorno. Questa scuola rappresenta una forte opposizione alla commistione tra scienze sociali e scienze della natura; si oppone alla "naturalizzazione" della società. Anche se mi sembra che ci sia un atteggiamento di riconciliazione che lentamente si fa strada. Lo si vede per esempio nel dibattito Habermas-Luhman: da una parte la società è concepita come sistema e dall'altra, per dirla con Habermas, la società è Lebenswelt (mondo della vita). In un approccio è applicabile la metodologia delle scienzedella natura, nell'altro quello delle scienze dello spirito. Non è quindi solo l'oggetto società e le sue prospettive che differenziano le m~todologie. Habermas formula la questione così: si può avere la prospettiva del soggetto osservante, nel qual caso la società è concepibile come sistema, ovvero si ha la prospettiva del soggetto partecipante, allora la società è intesa come Lebenswelt. In Habermas, mi sembra di vedere un tentativo di conciliare i due momenti e le due metodologie. Una cosa che mi sembra più problematica, forse drammatica, è che è in atto un tentativo di modificare la società stessa, il concreto oggetto società in direzione di una migliore applicabilità del pensiero scientifico e tecnico. Ciò significa che nella società i rapporti vengono standardizzati in modo tale da potere applicare a essa le metologie delle scienze della natura e della tecnica. Non è che la società sia sistema, bensì viene fatta sistema. Questa tendenza è stata definita scientifizzazione del pensiero e della società o, per dirla con Habermas, ci troviamo di fronte a una colonizzazione della Lebenswelt. Questa questione dei due approcci metodologici è presente in Habermas anche se nel senso di opposizione tra soggetto osservante e soggetto partecipante. Le scienze naturali e le scienze sociali si vanno sempre più integrando metodologicamente: qual è, secondo Lei, il loro comune denominatore? Io lo vedrei nel concetto marxiano di appropriazione. Le condizioni di validità delle scienzedella natura dipendono fortemente dal fatto che il loro modo di sapere è prodotto nei laboratori. La scienza della natura presuppone, nelle sue procedure di ricerca, una appropriazione materiale della natura. Ciò significa creare una situazione che esclude le influenze esterne e diffuse, i fenomeni marginali. Si creano insomma fenomeni ideali e sostanze pure, condizioni per una misurazione precisa con esclusione di determinate variabili ecc. Prima che la scienza della natura possa esistere ha la necessità di appropriarsi materialmente della natura stessa: solo dopo può dedicarsi a costruire l'appropriazione intellettuale della 63

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