DISCUSSIONE IL 11 PRINCIPIO DI MINORANZA'' Cesare Pianciola Vorrei svolgere qualche riflessione di carattere generale a partire dalla situazione particolare in cui mi trovo coinvolto, e cioè dalla scuola. Come tutti sanno, due sono le questioni che hanno maggiormente agitato le acque stagnanti dell'istituzione: i paradossi connessi all'insegnamento della religione cattolica (IRC) e l'esplosione del malessere degli insegnanti in aperta ribellione contro le centrali sindacali "maggiormente rappresentative". Apparentemente non c'è un nesso tra i due fatti. Le demarcazioni che si sono prodotte nei due casi sono diverse: i sindacati si sono divisi sull'JRC (per esempio la CISL si è schierata a sostegno del personale che insegna religione, la CGIL ha appoggiato attivamente i Comitati per la laicità della scuola); si sono compattati invece tra di loro e anche con lo Snals contro i comitati di base. I Cobas, sostanzialmente salarialisti, non si sono occupati in quanto tali dell'IRC. Eppure un filo che lega i due eventi c'è: nell'un caso e nell'altro si tratta di far valere il diritto al dissenso e come anche si potrebbe chiamare "il principio di minoranza" contro pretese totalizzanti di diversa natura. Non sarà inutile ricordare tre punti. Il primo è che se la democrazia si basa sul "principio di maggioranza", il rispetto delle minoranze e il diritto a comportamenti difformi da quelli della maggioranza nelle materie attinenti alla sfera delle libertà è storicamente la premessa stessa dello sviluppo della democrazia ed è permanentemente aspetto essenziale del suo esercizio reale (e non solo "formale"). In secondo luogo, ciò diventa tanto più urgente nell'attuale costituzione materiale delle democrazie di massa, con la caratteristica tendenza di forze di parte (partiti, sindacati) ad assumere consociativamente un ruolo totalizzante di apparati di Stato per l'assicurazione del consenso e per l'appropriazione dei vantaggi del sistema attraverso la loro spartizione negoziata (in modo palese e sotterraneo). Terzo: è tanto più rilevante poi in un paese come l'Italia nel quale storicamente la tradizione libertaria e garantista è stata estremamente esile rispetto a ben più corpose presenze di organicismi e integralismi di varia matrice politica e ideologica. La vicenda dei referendum è a questo proposito significativa. Mentre si fa un gran parlare di pluralismo politico e di complessità sociale, la possibilità di essere minoranza (implicita nelle regole elementari del gioco democratico) suscita nelle forze politiche democratiche un tale orrore da spingerle ad aggregarsi e a scoraggiare con ciò stesso la formazione di espressioni differenziate nell'opinione pubblica. Il sistema dei partiti sembra da lungo tempo impegnato soprattutto a evitare che si delineino alternative definite nella società civile. Nessuna forza politica tra quelle che contano vuole rischiare di essere effettivamente minoranza, reale forza di 4 opposizione. Nei ruoli stabiliti dalla democrazia consociativa, vogliono essere tutte, come "maggioranza" e come "opposizione", forze di governo. Ma torniamo alle questioni scolastiche e in particolare al1'insegnamento della religione cattolica. C'è il Concordato del 1984, fiore ali' occhiello socialista, ma approvato da tutti i partiti che contano, sempre in nome del non creare "pericolose" divisioni nel tessuto della società civile, dell'essere tutti, ciascuno a suo modo, forze di governo (del sociale). Con il nuovo Concordato la religione cattolica non è più religione di Stato; ma lo stato "tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano" (da intendersi probabilmente in senso giobertiano) assicura l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado (compresa la materna, dove vengono introdotte due ore di religione che prima non c'erano). C'è però anche il diritto di avvalersi o non avvalersi di tale insegnamento senza che la "scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione". È sempre stato chiaro al comune intelletto che l'unico modo di non effettuare discriminazioni è che l'IRC sia al di fuori. del normale orario scolastico, insegnamento facoltativo per chi ne ha fatto richiesta, e non dentro il normale orario scolastico come insegnamento opzionale, con connesso obbligo di altro insegnamento (le cosiddette attività alternative) per chi non segue le lezioni di religione cattolica. Questa è anche la sostanza della sentenza del TAR del Lazio del 17 luglio in seguito a un ricorso sostenuto dalla Tavola valdese (in tutta la questione i valdesi si dimostrano bravissimi: la legge 449/ I984 che regola i rapporti tra lo stato e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese è un monumento di spirito laico). Nel senso delineato dalla sentenza del TAR del Lazio si profila nel settembre un accordo parlamentare che Galloni traduce in una bozza presentata alla Commissione istruzione della Camera. La tragicomica sequenza degli eventi è ben nota: intervento pesantissimo della Conferenza episcopale italiana, urlo di dolore del papa, passo diplomatico della Santa Sede, .rapida marcia indietro del governo Goria, Craxi che si.candida a mediatore e interlocutore privilegiato del Vaticano, bizze senza costrutto dei laici minori, capitolazione vergognosa con dichiarazione conclusiva di un arruffato dibattito parlamentare che evita accuratamente l'aggettivo "facoltativo". Si farà una legge per disciplinare le attività alternative (a quanto pare, per colmo di ironia, saranno suggeriti i "diritti umani" come religione sostitutiva per eretici e non credenti). L'unico punto su cui probabilmente ci sarà una modifica dell'Intesa Falcucci-Poletti attuativa del Concordato riguarderà un assetto meno rigido dell'IRC nella scuola materna, magari come merce di scambio per l'assunzion_e degli insegnanti di religione in pianta stabile. Come ha fatto rilevare più volte Filippo Gentiloni, di fronte all'alternativa di essere riconosciuta quale realmente è, minoranza in un contesto ampiamente secolarizzato, la Chiesa cattolica non vuole rinunciare a essere fittiziamente mag-
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