Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

SAGGlnURCKE Sia Habermas che i suoi contraddittori non fanno mai riferimento a Hiroshima, che pure s'impone come termine di confronto perché ha in comune con lo sterminio degli ebrei la decisione dall'alto e l'impiego del grado più elevato di tecnologia. mente equivalenti alle camere a gas tedesche. E allora a che si riduce la differenza? All'aspetto quantitativo. E già siamo, che lo si voglia o no, sul piano inclinato di quel pareggiamento con cui, fin dal 1945, si minimizza in modo indegno la colpa tedesca. Dresda contro Auschwitz, i profughi tedeschi delle regioni orientali contro gli ebrei, Stalin contro Hitler. Giudicare i delitti tedeschi in relazione ad altri significa minimizzarli; confrontare in questo caso significaannacquare. Qui vale il principiis obsta, cioè bisogna insistere sull'unicità dei fatti tedeschi, sull'ossessione burocratica dei tedeschi per il perfezionamento dell'orrore, che supera ogni capacità umana d'immaginazione. Con il che si è tornati al punto di partenza e lo scambio di colpi potrebbe ricominciare da capo. Il lettore avrà riconosciuto da tempo nella sua struttura logica lo schema fondamentale del recente dibattito in cui emergevano i nomi di Nolte e di Habermas. È grande merito di quest'ultimo l'avere attirato l'attenz\one su una nuova tendenza e un nuovo tono della storiografia tedesca. Là dove i delitti di Hitler e dei nazisti vengono designati come "crimine asiatico", commesso "forse solo perché essi consideravano se stessi e i propri simili vittime potenziali o effettive di un crimine asiatico" (2), il vocabolario della razza dei signori e la volontà di cancellare il passato si congiungono nei termini di una molteplice offesa. Perché che cosa vuol dire l'espressione nazista "crimine asi.atico" se non questo: che gli asiatici commettano simili orrori è terribile, ma non sorprendente, perché si sa che sono fatti così. Che li commettano i tedeschi è terribile, ma non è degno dei tedeschi. Gli eccessi nazionalsocialisti non derivano in fondo affatto dall'anima tedesca, bensì dal sottouomo asiatico che la plagiava e in qualche modo agiva in essa; con il che l'anima tedesca è salva e la Nato giustificata come alleanza per la difesa della civiltà. Quando un tedesco parla imperturbabile del "crimine asiatico" di Hitler, s'impone di suonare l'allarme come quando qualcuno contrappone allo "abbattimento" del Reich tedesco la "fine" degli ebrei europei (3), quasi il primo fosse il risultato di un'aggressione unilaterale, la seconda un lento estinguersi senza intervento esterno. Dal loro linguaggio li riconoscerai. C'è ragione di sospettare che il nuovo trend a "storicizzare" finalmente il nazismo, cioè a inserirlo in connessioni di storia universale, sia dovuto meno al desiderio di comprendere la disastrosa storia tedesca che a quello di liberarsi del suo peso traumatico e di metterci una pietra sopra: "una sorta di risarcimento danni", per dirla con Habermas. Eppure la sua protesta contro questo trend indica solo una faccia dell'antinomia suesposta. Poiché alla domanda capitale se lo storico possa o no fare dei confronti, Habermas risponde di sì e fa il contrario. Con "i divieti di porre domande alla scienza, Dio sa che lui non vuole" aver nulla a che fare", ma quando Fest e Nolte lo prendono in parola, confrontando dettagliatamente i crimini stalinisti e nazisti e non potendo fare a meno di riscontrarvi terrificanti analogie, che a loro sembrano più importanti delle differenze, lui considera questa una pura mancanza di tatto, una legittimazione di "quella specie di paregBibliotecaGino Bianco giamenti che finora hanno circolato solo negli ambienti dell'estrema destra" (L'uso pubblico della storia). La scienzadella storia è libera, ma guai se fa un uso illimitato della propria libertà. Oppure, con le parole di Friedlander (4), la storicizzazione è legittima, ma non "a qualsiasi prezzo". E qual è il punto in cui diventa illegittima? È l'argomento che si eccettuano determinati avvenimenti tedeschi dalla libertà degli storici di far confronti? Questo argomento non esiste. Dovunque si affermi l'inconfondibilità degli avvenimenti tedeschi, tale affermazione è il risultato di un confronto; solo in quanto altrove non si trova nulla di comparabile si possono chiamare unici i crimini tedeschi. Habermas, Friedliinder e Jiickel devono quindi ricorrere a confronti non meno di Nolte, Fest, Hillgruber e Stiirmer. Che ci siano stati campi e deportazioni di massa in URSS prima che Hitler cominciasse a ricorrervi, come Nolte non si stanca di ripetere, è un fatto indiscutibile. In questo senso il terrore staliniano è più "originario" [ursprunglicher] di quello nazista, ma più originario solo nel senso di anteriore. Che questo prima sia anche la causa del dopo non è affatto detto, e la dimostrazione di Nolte consiste semplicemente nel presupporlo, come se non ci fosse un'altra logica interna che collega un altro prima con un altro dopo, e cioè la dottrina nazista con il terrore nazista: logica che davvero non aveva bisogno di modelli asiatici per organizzare l'orrore con radicalità tedesca (5). Tanto più colpisce il fatto che il confronto, che dovrebbe mettere in luce l'elemento specifico dei crimini nazisti, lo mette invece spaventosamente in ombra. Se ci sono campi di concentramento di qua e di là, deportazioni di massa di qua e di là, stermini di massa di qua e di là, la differenza tra qua e là si riduce a un accidente, intendendo la parola nel suo senso rigorosamente filosofico: non come quisquilia o bagatella, ma come "ciò che si aggiunge". L'elemento specifico del terrore nazista si aggiunge all'essenza del moderno dominio fondato sulla violenza [Gewaltherrschaft], di cui entrambi fanno parte in egual misura. Ciò che si aggiunge, cioè la radicalità tedesca, veramente unica, nll'organizzare e tecnicizzare l'orrore, è qualcosa di mostruoso, che supera le facoltà d'immaginazione; eppure non è l'essenza stessa del terrore bensì "soltanto" una differenza all'interno di esso. Anche se il divario tra il terrore nazista e quello staliniano non si limita, come pensa Nolte, alla liquidazione nelle camere a gas; anche se esso, come suggerisce Jiickel, consiste piuttosto nel modo in cui "uno Stato con l'autorità del suo capo responsabile aveva deciso e annunciato di voler sterminare totalmente un determinato gruppo di persone, ponendo in atto questa decisione con tutti i mezzi possibili" (6), anche così la differenza rimane accidentale. Fino a questo punto Fest e Nolte hanno semplicemente ragione. Solo che la loro constatazione reclama automaticamente circostanze attenuanti per i crimini tedeschi: neanche gli altri erano angeli. Così però si fa scattare il ben noto meccanismo tedesco di discolpa che va dal caffé democratico fino alla stampa di estrema destra e si fa sentire molto bene nel tono spavaldo che la "nuova spregiudicatezza" tedesca adotta nello storicizzare il nazismo. Habermas ha ra49

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