Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

IL SUONODELMARTELLO Osamu Dazai E gregio Signore, mi spieghi per favore una cosa, una sola. Mi trovo nei guai. Ho ventisei anni. Sono nato a Teramachi, nella città di Aomori. Forse Lei non ne è al corrente, ma a Teramachi, accanto al tempio buddhista Seikaji, c'è un piccolo negozio di fiori, chiamato Tomoya. Io sono il secondo figlio di Tomoya. Ho frequentato la scuola media di Aomori e poi sono entrato in uno stabilimento militare di Yokohama. Ho lavorato per tre anni, poi sono stato nell'esercito per altri quattro e, al momento della resa senza condizioni, sono ritornato al mio paese; la mia casa era stata distrutta dal fuoco, mio padre, mio fratello e la moglie di questi vivevano in una misera baracca. costruita sulle rovine. La mamma era morta quando frequentavo il quarto anno della scuola media. Naturalmente, mi sembrava scortese andare anche io a vivere nella stessa piccola abitazione e, dopo essermi consultato con mio padre e mio fratello, ho deciso di impiegarmi presso l'ufficio postale di terza categoria del villaggio A., che si trova sul mare, a circa otto chilometri da Aomori. L'ufficio postale apparteneva alla famiglia di mia madre e suo fratello ne era il direttore. Da quando ho cominciato a lavorare è già passato più di un anil coraggio di metterlo in pratica. Nel frattempo, sono stato richiamato alle armi e mandato ad una postazione di difesa sulla costa, nella prefettura di Chiba; fino al termine della guerra, tutti i giorni, sono stato costretto a scavare. Se solo avevo una mezza giornata libera, andavo in città, cercavo le Sue opere e le leggevo. Pensando di scriverLe, non so quante volte ho preso la penna in mano, ma non appena scrivevo: "Egregio Signore", non sapevo piu cosa dire; in fondo, non avevo uno scopo preciso e per Lei ero un perfetto estraneo. Quindi, restavo pieno di perplessità, con la penna fra le dita. Poco dopo, il Giappone si arrese senza condizioni, e anche io tornai al mio paese e iniziai a lavorare all'ufficio postale di A. Qualche giorno fa, mentre ero ad Aomori, ho dato un'occhiata alle librerie in cerca dei Suoi libri; da una Sua opera ho quindi saputo che anche Lei aveva subito danni ed era tornato al paese natale, Kanagi; nuovamente ho avuto l'impressione che il cuore mi si spezzasse. Non avevo però il coraggio di venire a trovarla all'improvviso nella casa dove era nato e, alla fine, dopo aver meditato a lungo, ho deciso che Le avrei comunque mandato una lettera. Questa volta, dopo aver scritto "Egregio Signore", non mi sono no e ogni giorno di più mi accorgo che in me c'è qualcosa di sbagliato; ciò mi dà molto fastidio. "Fu proprio in quel momento. sentito in imbarazzo. La mia lettera av~va infatti uno scopo. Per di •più, era uno scopo urgente. Ho cominciato a leggere i Suoi romanzi quando ero impiegato nello stabilimento di Yokohama. Dapprima ho letto un racconto che era apparso sulla rivista "Buntai", poi ho preso l'abitudine di cercare tutti i Suoi lavori e, mentre li leggevo, ho appreso che Lei era stato mio compagno, di qualche anno maggiore, alla scuola media di Aomori, e che, da studente, aveva frequentato l'abitazione dei signori Toyoda, a Teramachi; mi è sembrato che il cuore mi si Dalle baracche che stavano alle mie spalle si udì fievole il suono di un martello Vorrei che mi spiegasse una cosa. Sono davvero nei guai. Forse non si tratta di un problema che riguarda !Jlesolo, ma anche altre persone che si tormentano per lo stesso pensiero, e La prego di dare una spiegazione a tutti noi. Quando ero in fabbrica a Yokohama, quando ero nell'esercito, ho continuato a pensare che avrei voluto scriver Le, ed orafinalmente posso farlo, ma non avrei mai immaginato che questa prima che qualcuno batteva su un chiodo. Fu come se mi cadesse una benda dagli occhi: la solennità, la tragedia si dileguarono ed io mi sentii vuoto, come liberato da un'ossessione demoniaca." spezzasse per l'emozione. Se si trattava del negozio di tessuti del signor Toyoda, che si trova nello stesso isolato di casa mia, io lo conoscevo bene. Il padre, Tazaemon, era un uomo abbastanza robusto e il nome gli si addiceva a meraviglia; l'attuale Tazaemon è piuttosto magro ed elegante al punto che mi sembrerebbe più giusto chiamarlo Uzaemon, come il famoso attore di kabuki. Comunque erano brave persone. Con gli ultimi bombardamenti la loro casa è andata in fiamme e sembra che anche il magazzino sia stato distrutto; questo mi ha veramente rattristato. Quando ho saputo che Lei aveva frequentato la casa dei Toyoda, ho pensato di rivolgermi all'attuale proprietario, Tazaemon, e di farmi scrivere un biglietto di presentazione per venire a trovarLa; poi, siccome sono molto timido, mi sono limitato a immaginare tutto questo, senza avere BibliotecaGino Bianco lettera avrebbe contenuto così poca gioia. A mezzogiorno del 15 agosto 1945, ci hanno ordinato di metterci in riga sulla piazza davanti alle baracche militari, e ci hanno detto che l'imperatore in persona avrebbe parlato alla radio. Ci hanno fatto a,_scoltarela trasmissione, disturbata da rumori, per cui non si udiva pressoché nulla, e quindi un giovane tenente è salito di corsa sulla pedana. "Avete sentito? Avete capito? Il Giappone ha accettato la dichiarazione di Potsdam e si è arreso. Questa però è una faccenda che riguarda i politici. Noi soldati continueremo a combattere fino all'ultimo e poi, tutti, senza eccezioni, con il nostro suicidio, chiederemo perdono all'imperatore. Io, fin dall'inizio mi sono preparato a questo, e anche voi, siate pronti al sacrificio. Siamo d'accordo? Va bene. Sciogliere le file". 39

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