Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

SAGGI/CARPENTIER tore di cucchiai d'ermellino, di lumache nel taxi piovoso, di una testa di leone nella pelvi di una vedova, delle esposizioni surrealiste. O, ancora, il meraviglioso letterario: il re della Juliette di Sade, il supermaschio di Jarry, il monaco di Lewis, il ciarpame da brivido del romanzo gotico inglese: fantasmi, sacerdoti murati vivi, lupi mannari, mani inchiodate alle porte dei castelli. Ma a forza di voler suscitare la meraviglia ad ogni costo, i taumaturghi si trasformano in burocrati. Invocato per mezzo di formule arcinote che fanno di certe pitture una monotona bancarella di orologi sciropposi, di manichini da sarta, di vaghi monumenti fallici, il meraviglioso si riduce a ombrelli o aragoste o macchine da cucire, o qualunque altra cosa, su un tavolo anatomico, in un interno triste, in un deserto di rocce. Povertà immaginativa, diceva Unamuno, è imparare i codici a memoria. E oggi esistono codici del fantastico, basati sul principio dell'asino divorato da un fico, proposto dai Canti di Maldoror come suprema inversione della realtà, ai quali siamo debitori di molti "bambini minacciati dagli usignoli", o "cavalli che divorano uccelli" di André Masson. Si badi, però, che quando André Masson ha voluto dipingere la selva dell'isola di Martinica, con l'incredibile intrico delle sue piante e l'oscena promiscuità di certa frutta, la meravigliosa verità della cosa ha divorato il pittore, lasciandolo poco meno che impotente davanti al foglio bianco. E doveva essere un pittore americano, il cubano Wifredo Lam, a insegnarci la magia della vegetazione tropicale, la sfrenata creazione di forme della nostra natura - con tutte le sue metamorfosi e le sue simbiosi - in quadri monumentali di un'espressione . unica nella pittura contemporanea. Davanti alla sconcertante povertà immaginativa di un Tanguy, per esempio, che da venticinque anni dipinge le stesse larve pietrificate sotto lo stesso cielo grigio, mi vien voglia di ripetere una frase che ren"devaorgogliosi i surrealisti della prima sfornata: Vous qui ne voyez pas, pensez à ceux qui voient. Ci sono ancora troppi "adolescenti che provano piacere a violare i cadaveri di belle donne appena defunte" (Lautréamont), senza accorgersi che la cosa meraviglìosa sarebbe violarle da vive. Il fatto è che molti dimenticano, mascherandosi da maghi da quattro soldi, che il meraviglioso co- ' mincia a ess~lo in maniera inequivocabile quando sorge da un'inaspettata alterazione della realtà (il miracolo), da una : rivelazione privilegiata della realtà, da un'illuminazione sorprendente o singolarmente rivelatrice delle inavvertite ricchezze della realtà, da un ampliamento delle scale e delle categorie della realtà, percepite con particolare intensità in virtù di un'esaltazione dello spirito che lo spinge verso una specie di "stato limite". Per prima cosa il meraviglioso pressupone una fede. Chi non crede ai santi non può sanare con miracoli di santi, e quelli che non sono dei Chisciotte non possono dedicarsi anima e corpo al mondo di Amadigi di Gaula o di Tirante il Bianco. Prodigiosamente degne di fede appaiono certe frasi di Rutilio ne / travagli di Persi/es e Sigismondo, a proposito di uomini trasformati in lupi, perché ai tempi di Cervantes si credeva che la gente fosse vittima di manie lupesche. fbliotecaGino Bianco Lo stesso per il viaggio del protagonista, dalla Toscana alla Norvegia, sul mantello di una strega. Marco Polo ammetteva che certi uccelli volassero portando elefanti fra gli artigli, e Lutero vide in faccia il demonio contro la cui testa scagliò un calamaio. Victor Hugo, tanto sfruttato dagli appassionati di libri sul meraviglioso, credeva nelle apparizioni, dato che era convinto di aver parlato, a Guernesey, col fantasma di Leopoldina. A Van Gogh bastava aver fede nel girasole per fissarne la rivelazione sulla tela. Ecco perché il meraviglioso evocato senza fede - come hanno fatto i surrealisti per tanti anni - non è stato altro che un artificio letterario, tanto noioso, a lungo andare, come certa letteratura onirica "truccata", certi elogi della pazzia, dei quali ci siamo abbondantemente stufati. Non per questo si dovrà dar ragione, naturalmente, a determinati sostenitori di un ritorno al reale - un termine che acquista, in questo caso, un significato gregariamente politico-, che non fanno altro che sostituire i trucchi del prestigiatore con i luoghi comuni del letterato "arruolato" o l'escatologico diletto di certi esistenzialisti. Però è indubitabile che vi sia scarsa difesa per poeti e artisti che lodano il sadismo senza praticarlo, ammirano il supermaschio per impotenza, invocano gli spettri senza credere che rispondano alle giaculatorie, e fondano società segrete, sette letterarie, gruppi vagamente filosofici, con tutti i dati opportuni ed i sottili arcani - mai svelati -, senza essere capaci di concepire una mistica valida o di abbandonare le abitudini più meschine per giocarsi l'anima sulla temibile carta della fede. Tutto ciò mi è parso particolarmente evidente durante la mia permanenza ad Haiti, dove mi sono trovato in contatto quotidiano con qualcosa che potremmo chiamare real meraviglioso. Mettevo piede su una terra dove migliaia di uomini ansiosi di libertà hanno creduto nei poteri licantropici di Mackandal, al punto che questa fede collettiva produsse un miracolo il giorno della sua esecuzione. Conoscevo già la storia prodigiosa di Boukman, l'iniziato giamaicano. Ero stato nella Cittadella La Ferrière, opera senza precedenti architettonici, annunciata unicamente dalle Prigioni immaginarie di Piranesi. Avevo respirato l'atmosfera creata da Henri Christophe, monarca di incredibili impegni, molto più sorprendente di tutti i re crudeli inventati dai surrealisti, troppo inclini alle dittature immaginarie e mai vissute sulla pelle. A ogni passo trovavo il real meraviglioso. Ma pensavo anche che questa presenza, che questa vigenza del real meraviglioso non fosse un privilegio unico di Haiti, bensì patrimonio del!' America intera, dove ancora non si è riusciti a stabilire, per esempio, un bilancio di cosmogonie. Il real meraviglioso è presente in ogni passo delle vite di uomini che hanno scritto date nella storia del continente e hanno lasciato cognomi ancora risonanti: dai cercatori della fontana dell'eterna giovinezza, della città d'oro di Manoa, fino a certi ribelli della prima ora o a certi moderni eroi delle guerre d'indipendenza di stirpe assolutamente mitologica come la colonnella Juana de Azurduy. Mi è sempre sembrato significativo il fatto èhe nel 1780, degli spagnoli sani di mente, partiti da Angostura,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==