Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

SAGGI/CARPENTIER nunciando la vittoria momentanea del latino di Roma sulla lingua popolare, nazionale, praghese, più che altro, dei salmi e dei cantici ... Più in alto, nella cittadella, le finestre della famosa Defenestrazione; in basso, nel Mala Strana, il palazzo di Wallestein, nella cui sala delle udienze l'ultimo condottiero ha lasciato, scolpita nel soffitto, tutta la strepitosa sinfonia della Guerra dei Trent'Anni, con una profusa rappresentazione di c:Or1'.ette,di tamburi e di trombe, confusi c°<.)gnli arnesi, i pennacchi e gli stendardi delle aUi-gorie belliche. Lì mi riesce più facile capire Schiller e lo spirit'O.èhe l'ha portato, nella prima parte della sua famosa trilogia, all'insolita impresa di scrivere un dramma senza protagonisti, dove i personaggi si chiamano: "dei croati", "degli ulani", "un trombettiere", "una recluta", "un cappuccino", '?un furiere" ... Ma non è tutto: se riforma e controriforma sono presenti nelle pietre di Praga, i suoi edifici e i suoi luoghi ci parlano di un passato sempre sospeso fra i poli estremi del reale e dell'irreale, del fantastico e del concreto, dell'idea e del fatto. Sappiamo che Faust, l'alchimista, fa la sua prima apparizione - immaginaria? - in quella Praga in cui le generazioni future avrebbero toccato gli strumenti astronomici, esatti o quasi, di Ticho Brahe, prima di visitare la casa di quel contemplatore di stelle chiamato Giovanni Keplero, mentre i cercatori della pietra filosofale, i preparatori del mercurio erme.tico, conservano la loro strada, ancora, con storie e alambicchi, nel borgo di Carlo il Grande. Viene da evocare la leggenda del Golem, quell'automa che un rabbino sapiente faceva lavorare a suo profitto, nelle vicinanze del cimitero ebraico e delle superbe sinagoghe. E la cosa più straordinaria è che l'antico cimitero ebraico con le sue drammatiche stele del millecinquecento e seicento, confitte una a fianco dell'altra o una dietro l'altra, in disordine, come in una vendita all'ingrosso - in una fine di marzo che ne illuminava le iscrizioni ebraiche con pennellate di tramontana - convivono, su un piano di parità, con l'angusto Teatro Tylovo dove, un certo giorno del 1787, ebbe luogo la prima del Don Giovanni di Mozart, opera faustiana, auto sacramentai curiosamente catapultato dal genio in un secolo dei lumi che non crede',(a affatto in convitati di pietra, anche se li sfioravano dappresso vescovi e dottori di brònzo nel sontuoso scenario teologico della chiesa del Clementino. Non esiste pietra muta a Praga per chi sa capire le allusioni. E per questo intenditore sorge, da ogni angolo, da ogni incrocio, la sagoma silenziosa, felpata, senza ombra, come il personaggio di Chamisso, presente in tutte le circostanze, in dibattiti che dalla letteratura trascendono alla politica, di Franz Kafka, che nel suo "tentativo di descrizione di un combattimento" ci ha dato, senza volerlo, forse per via metaforica, indiretta, la più stupenda sensazione di un'atmosfera praghese vissuta nei suoi misteri e nelle sue possibilità. Quando nel Diario dice (nel 1911) di sentirsi commosso dalla visione di una scala situata a destra del ponte Cech, riceve "attraverso una piccola finestra triangolare" (solo in questa città asimmetrica, in cui si coniugano tutte le trovate di un'architettura fantastica, ci può essere unàjinestra triangolare... ) tutta la grazia liotecaGino Bianco e la vigenza barocca delle scalinate che ascendono all'illustre finestra della Defenestrazione ... Da Kafka, facendo un salto nel passato, montando su una diligenza immaginaria, senza tempo, arriviamo a Lipsia, dove ci aspetta l'organo dietro il quale Ànna Magdalena scoprì, emozionata, la presenza tremenda - quasi un dragone ispirato - di Giovanni Sebastiano, e ricordiamo che lì vennero cantate, con poche voci e un'orchestra minima, quelle Passioni che ci riguardano assai direttamente e che, da due secoli, continuano a crescere, a riempirsi di un numero maggiore di figure, ad attraversare l'Atlantico per raggiungere le sponde americane, per la partitura, l'esecuzione o il disco, suggerendo ad Heitor VillaLobos, per merito dei suoi allegri, la possibilità_ di intitolare bachiane alcune composizioni ispirate ali' allegro - movimento continuo, perpetuum mobile - delle batucadas carioche o di Bahia ... Da Lipsia l'immaginaria diligenza col suo cocchiere che fa suonare una tromba ben conosciuta da Mozart e perfino da Morike, ci porta nella Weimar di Goethe, nella casa del quale ci attendono le mostruose copie di sculture greche eseguite a dimensione eroica, degne di figurare nell'ambito di un tempio, e che l'autore di Faust ha fatto collocare in stanze così piccole che il visitatore è obbligato a scansare anche un tavolino per gli scacchi. Quelle enormi divinità greche piazzate nelle esigue stanze della casa di Weimar mi ricordano certe retoriche eponime, molto usate in America Latina, che sono i vestiboli ministeriali presieduti da statue di eroi che li gonfiano, li ingrandiscono, li elevano, li innalzano a due o tre taglie superiori a quelle che corrisponderebbero alla loro esatta statura umana, arrivando all'assurdo di una Repubblica che si erge, nel Campidoglio dell'Avana - con seni di bronzo che pesano tonnellate - in una dimensione così scioccamente ciclopica che, in confronto, la povera gigantessa di Kafka passerebbe quasi inosservata. 11 viaggiatore latinoamericano torna alle sue terre e comincia a capire molte cose. Scopre che, se il Chisciotte gli appartiene di fatto e di diritto, attraverso il Discorso ai caprai ha appreso parole, in un bilancio epocale, che gli ven-

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