SULREALMERAVIGLIOSOAMERICANO Afejo Carpentier Alejo Carpentier (L'Avana /904-Parigi /980) è uno dei maggiori romanzieri di lingua spagnola. Fra i suoi numerosi articoli culturali fa spicco De lo real maravilloso americano tradotto qui per la prima volta in italiano. Il testo, come ricorda una nota dell'autore, è la versione ampliata e leggermente corretta del prologo a El reino de este mundo (Il regno di questa terra, Longanesi, 1959), ·romanzo breve con cui Carpentier esordì nella narrativa nel 1949 (il suo primo libro Ecué-Yamba-O, 1934, non lo aveva soddisfatto e per molti anni si era tenuto fuori dal circuito editoriale). Tale prologo è considerato come il manifesto della nuova narrativa latinoamericana e ha circolato in varie forme negli anni del "boom" come un testo imprescindibile. Nel 1961, Carpentier fece un lungo viaggio in Asia e nell'Europa dell'Est come capo-missione di una delegazione ufficiale della Repubblica di Cuba. Da quell'esperienza scaturirono i paragrafi 1,2,3,4 e parte del 5 del testo che presentiamo, paragrafi che il critico Emir Rodriguez Monegal giudicò prescindibili (" Revista Iberoamericana", n. 76-77, luglio-dicembre 1971) e che furono pubblicati nel 1966 in Tientos y diferencias. Non siamo d'accordo con Monegal, e non doveva esserlo nemmeno Carpentier che, poco prima di morire, aveva licenziato per le stampe una sua raccolta di saggi (Ensayos, La Habana 1980) in cui ripubblicò l'articolo nella versione del 1966. ignora la spigolosità occidentale degli incroci. Ho visto, dal lungomare della città, per ore, passare le giunche dalle vele quadrate, e dopo, sorvolando a bassa quota, sono riuscito a capire il ruolo enorme che nebbie e nebbioline, brume e nubi aleggianti svolgono sulla prodigiosa immaginazione paesaggistica dei pittori cinesi. Ho pure capito, contemplando le risaie, osservando il lavoro dei contadini vestiti di giunchi intrecciati, la funzione che svolgono il verde tenero, il rosa, il giallo, i colori pastello, nell'arte cinese. Eppure, avendo passato qualche ora davanti alle bancarelle di acqua calda, servita in bicchieri, ai banconi di pesci colorati e sfumati allo stesso tempo dal movimento coprente delle loro pinne lievemente sventolanti; dopo aver ascoltato i racconti dei narratori di racconti che non capisco; dopo essermi sorpreso davanti al capolavoro, per bellezza e proporzioni, di una sfera armillare che, montata su quattro dragoni, combina portentosamente l'armoniosa geometria degli astri con l'incresparsi araldico dei mostri tellurici, nel museo di Pechino; dopo aver visitato i vecchi osservatori, irti di apparecchiature singolari, sorprendenti per un'operazione di misurazione siderale la cui trascendenza sfugge alle nostre nozioni kepleriane; dopo essermi rifugiato sotto l'ombra fredda delle grandi porte, della quasi femmi- · nea Torre-Pagoda di Shanghai, enorme e tenera pannocchia di finestre e grondaie sporgenti, essermi sorpreso per l'orologesca efficienza dei teatri di marionette, torno verso il poAlessandra Riccio nente con una certa malinconia. Ho visto cose profondamente interessanti. Ma non sono sicuro di averle capite. Per capirle veramente - e non con l'acquiescenza di uno sciocco, del turista che, in fondo, sono stato - sarebbe stato necessario L a-bas tout n 'est que luxe, calme et volupté. L'invito al conoscere la lingua, avere chiare nozioni di una delle culture viaggio. Il remoto, il distante, il diverso. La langoureuse più ricche del mondo: conoscere le parole chiare del dragone Asie et la brillante Afrique di Baudelaire ... Torno dalla Re- e della maschera. Mi sono assai divertito, certo, alle incredipubblica Popolare Cinese. Sono stato sensibile alla null'af- bili acrobazie degli attori di un teatro che, per il consumo fatto fittizia bellezza di Pechino, con le sue case nere, i suoi Qell'occidente, si fa chiamare opera, mentre in realtà è la reatetti di tego[é vetrificate di un arancione intenso dove caprio- · _1iziazione somma di quel che si è cercato di ottenete con lo leggia una favolosa fauna domestica di picc.,olidragoni tute- spettdé'oto totale - ossessione geperalmente insoddisfatta dei lari, di grifoni increspati, di graziosi penati zoologici i cui nostri autori drammatici, dei nostri registi e dei nostri scenomi ignoro; mi sono soffermato, sorpreso, davanti alle pie- nografi. Ma le acrobazie di coloro che interpretavano opere tre issate su piedistalli, offerte alla contemplazione come ope- che mai si erano sognate di essere opere, erano solo il comre d'arte, conservate in uno dei cortili del Palazzo d'Estate: plemento di una materia verbale che mi sarà inaccessibile per affermazione, nei fatti e in concreto, di una nozione non fi- tutta la vita. Dicono che Judith Gautier dominasse la lettura gurativa dell'arte, ignorata nelle dichiarazioni di principio de- della lingua cinese dall'età di vent'anni. (Non credo che "pargli artisti occidentali non figurativi, esaltazione del lasse il cinese", perché il cinese non si parla, giacché il peready-made di Marce! Duchamp, cantico delle tessiture, del- chinese, per esempio, non è piò capito a cento chilometri da le proporzioni fortuite, difesa del diritto di scegliere che spetta Pechino, e non ha nulla a che vedere con il pittoresco cantoall'artista, persecutore di realtà, su certe materie o materiali nese o con il dialetto semimeridionale di Shanghai, anche se che, senza essere stati lavorati dalla mano dell'uomo, sorgo- la ·scrittura è la stessa per tutti gli idiomi esistenti, elemento no dal loro proprio ambito con una bellezza originaria che di comprensione generale). Ma, quanto a me, so che non rni è la bellezza dell'universo. Ho ammirato la finezza architet- basterebbero gli anni che mi restano da vivere per arrivare tonica, misurata e leggera, di Nanchino; le forti muraglie sino- a una comprensione vera, globale, della cultura e della civilmedioevali di Nang-Chang, orlate di bianco sull'austera oscu- tà della Cina. Mi manca, a questo scopo, la comprensione rità delle pareti difensive; mi sono immerso nella moltitudi- cjei testi. Dei testi scritti nelle stele che sulle loro' corazze di ne chiassosa di Shanghai, ginnica e divertente, che vive-fot::::pietra innalzano le enormi tartarughe - simbolo di longeviuna città dagli angoli arrotondati che, proprio -p~r quésto, tà, mfha.nno detto - che popolano, camminando immobili, ibliotecaGino Bianco 25
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