Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

MUSICA va quelle stessissime_quattro arie, ogni notte di nuovo, lui che poteva cantare di tutto, letteralmente di tutto, e invece per mesi e anni cantò le identiche quattro arie, una cosa da impazzire, eppure la fece. Dicono anche - ma questo è così atroce che neppure viene voglia di raccontarlo - dicono che quando ormai la follia se l'era praticamente ingoiato, il re di Spagna osasse fare a gara col Farinelli, nel senso che mentre quello cantava, anche lui cantava, e cioè, poverocristo, urlava orrendamente, urlava dio sa con che voce terrificante, e immaginatevi che duetto da brividi: la voce più bella del mondo e il grido di un morto: morto dentro, che è ancora peggio. Una pena. E questo finché non morì, finalmente non morì davvero. Questo per dire che quando sarò re di Spagna chiamerò Jessye Normane ogni sacrosantissima notte mi farò cantare Lascia eh 'io pianga dal Rinaldo di Hiindel: recitativo ed Aria. Le offrirò il doppio, il doppio di qualsiasi cosa. E lei dirà: va bene. STINGEDINTORNI Marcello Lorrai Sottrattosi, sciolti i Police, alla coazione a ripetere una formula di successo (un successo clamoroso, paragonato a quello dei Beatles) e a perpetuare un automatico ruolo di rockstar convenzionale, con un'intelligenza che è anche segno di consapevolezza dei propri limiti, Sting continua a cercare la propria strada senza la pretesa di un 'assoluta originalità, senza la presunzione di un'autosufficienza çreativa, manifestando invece largamente amori e passioni, dichiarando debiti, rendendo omaggi, senza complessi. Dopo la singolare serata di questa primavera ad Amburgo, dedicata, in compagnia di Jack Bruce e Gianna Nannini, alle musiche di Kurt Weill, e l'apparizione di quest'estate a Umbria Jazz con Gil Evans, l'ex-bassista dei Police si ripropone discograficamente con Nothing Like The Sun (A & M), secondo lavoro a suo nome registrato in studio. Della formazione che aveva realizzato il primo, The dream of the blue turtles, restano, a parte le due coriste, Kenny Kirkland e Brandford Marsalis, a cui si aggiunge un largo ventaglio di altri musicisti, con molte collaborazioni di riguardo, da Andy Summers a Mark Knopfler, da Eric Clapton a Hiram Bullock, da Gil Evans a Rubén Blades, e risulta ridimensionato lo stretto affidamento al lucido postjazzismo di Marsalis, che in particolare dal vivo aveva finito per tradursi in un atto di umiltà nei conibliotecaGino Bianco fronti della musica nera anche piuttosto rischioso. Ma se l'insieme non risulta altrettando coerente e del medesimo impatto, è soprattutto perché in Nothing Like The Sun Sting non mostra di avere dato fondo a tutta quella grande capacità di invenzione melodica che da un punto di vista strettamente musicale rappresenta la sua carta più forte; rispetto al Sogno delle tartarughe blu la sua vena appare meno fine e nello stesso tempo di minor presa, tanto da lasciar risaltare per esempio la bellezza di The Secret Marriage,che altro non è se non Meine Kleine Radioapparat di Hanns Eisler: e qualche momento è francamente banalotto, come Englishman In New York e We'/1 Be Together. Mentre poi in The dream of the blue turtles gli arrangiamenti erano perfettamente adeguati, nel complesso qui la confezione dei brani curata interamente da Sting è di un'eleganza piuttosto superficiale: anodina la presenza dell'orchestra di Evans nell'hendrixiano Little Wing. Altro ex bassista di un altro gruppo rock inglese di larghissima popolarità in un decennio diverso, i Cream, chiuso il sodalizio con Eric Clapton e Ginger Baker, Jack Bruce ha faticato a ritagliarsi un nuovo spazio: finito praticamente nel dimenticatoio per anni, sta ora vivendo una seconda giovinezza artistica, in una collocazione sobria e trasversale. La sua voce, unica e sempre affascinante, rende ascoltabile il rock-jazz tetragono che Michael Mantler, con cui lo si trova di nuovo in Live (Watt), addobba intorno a testi di Samuel Beckett, Edward Gorey e Harold Pinter. Meglio ascoltarlo nei dischi (purtroppo di scarsa circolazione) nella cui sofisticata elaborazione lo ha coinvolto Kip Hanrahan, il musicista e produttore newyorkese che è stato il principale responsabile del suo recupero, qualche anno fa: il più recente è A Few Short Notes From The End Run (American Clavé, come gli altri). Novità da due degli esponenti più interessanti dell'onda d'oltre Manica indifferentemente e stupidamente etichettata cool. Con Surrender (Virgin), la musica dei Working Week, al loro terzo album, si presenta spiacevolmente involgarita. Inizialmente di Robin Millar (Sade, Everything But The Giri, ecc.), poi di Ben Rogan, la produzione è ora passata a Cari Beatty, collaboratore di George Benson e Luther Vandross, che, messa da parte la ricchezza di intrecci con la scena inglese, impone al mondo musicale di Simon Booth, Larry Stabbins e Julie Roberts una sterzata nella direzione americana di un funk e un easy-listening senza personalità: lo spesso amalgama di jazz, soul, rhythm and blues, musica latinoamericana, di una siIL CONTESTO LETTERE gnificativa originalità, fresco e sentito, che faceva la bellezza di brani come il famoso Venceremos o Thought l'd Never See You Again, diventa ora formuletta, messa al passo di un ritmo meccanico. Procede imperterrita invece Carme!: una forte sensibilità contemporanea e una solida autocoscienza di artista bianca impediscono al suo grande trasporto per il jazz e la tradizione della musica nera di condurre, attraverso un'adesione immediata, ad esiti ovvi. Vocalist di temperamento, con Every body's got a little soul (Londra) continua con sicurezza l'esplorazione di una propria severa dimensione. Distanti generazionalmente, altre due cantanti bianche si sono da poco rifatte sentire con album che si segnalano tra le uscite_ recenti: Marianne Faithfull con l'austero Strange Weather (lsland), Mathilde Santing con il raffinato Out of this dream (Megadisc). La prima non ha bisogno di presentazioni, la seconda è olandese, vive ad Amsterdam, è alla sua terza prova e stenta a trovare l'attenzione che non le andrebbe negata. Ma in entrambi i titoli è doveroso riconoscere anche la mano di Hai Willner, produttore americano già distintosi per riuscite operazioni discografiche, gli omaggi a Nino Rota, Thelonious Monk, Kurt Weill, e il gusto di Bill Frisell, chitarrista elettrico, talento postjazzistico giustamente tra i più richiesti. LETTERE Caro Fofi, a proposito del mio racconto Ultimo seminario, apparso su "Linea d'ombra" dell'ottobre scorso, vorrei pregarti di render noto un particolare di cui ti accennai a voce, e che non sarà inutile, credo, ai fini d'una migliore comprensione del suo significato: quel testo risale a una dozzina d'anni fa, dunque si colloca qualche tempo dopo l'esperienza del'68 (che io ho vissuto da 'professore") e poco prima dell'inizio del mio romanzo Fratelli. Grazie, tuo Carmelo Samonà 21

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