Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

mosi come Toni Negri i "settari", iperorganizzativisti, "avanguardia" della classe, giu giu fino a deformare nel modo piu grottesco la parola e il concetto dell'autonomia operaia; e ben insediati nel CC del PCI o nel CC di "Repubblica" altri come Tronti e Asor Rosa, tornati presto agli ovili e convinti della loro funzione di possibili consiglieri dei principi, in realtà di scarsa influenza, se non come (il secondo) predicatori da quei pulpiti elevati e sorretti per ben precisi Ìnteressi proprio da quel capitale che tanti anni fa intendevano vigorosissimamente contribuire a distruggere, loro e la "Classe". Ci si è chiesti spesso, tra coloro che Panzieri hanno conosciuto e frequentato, che cosa avrebbe fatto Panzieri, che ne sarebbe stato di lui - per esempio nei cruciali '68 e '69 - se non fosse morto cosi giovane, a 43 anni, nel 1964. Stefano Merli avanza nella prefazione alle Lettere una risposta che ci sembra la meno convincente di tutte: quella di un suo ritorno .;1llatradizione con la quale i Quaderni avevano, grazie a lui, cosi radicalmente rotto, della sinistra (anche socialista) istituzionale. Che Panzieri fosse troppo intelligente per considerare chiuso ogni dialogo con la sinistra istituzionale e col sindacato, non c'è motivo di dubitarne; ma che potesse rientrarvi, come nelle ipotesi di Merli e nelle convinzioni di Merli e Libertini, beh, ci permettiamo davvero di dubitarne. È piu probabile che egli avrebbe continuato a svolgere in altri modi, forse con altre persone ancora, la sua funzione di "Socrate socialista", come lo chiama Merli, in un certo BibliotecaGino Bianco Raniero e Pucci Panzieri a Roma, negli anni '50. DISCUSSIONE difficile equilibrio tra le molte trappole che hanno fatto degli eredi dei Quaderni qualcosa di variamente mediocre, quando non sconcertante. Ma non è qui il punto, anche se ricostruire una vicenda storica che appare oggi lontanissima ai suoi stessi sopravvissuti è certo importante per capire meglio da dove veniamo, chi eravamo e che cosa siamo diventati. Tra i destinatari di queste lettere figurano, oltre i citati, Ernesto De Martino, Fortini, Bobbio, Nenni, Montaldi, Guiducci, Giovanni Pirelli, gli einaudiani "merluzzi lessi in frigorifero", eccetera, oltre ad alcuni membri dei Quaderni, in sostanza i non torinesi perchè con i torinesi non c'era bisogno di scriversi. Quel che appare in verità ormai lontanissimo è proprio il discorso politico di fondo; e solo l'insistenza panzieriana sull'inchiesta, il suo privilegiamento della componente "sociologica" del marxismo su quella politica dei suoi cultori di allora, idealistica o "terzina", fideistica e ovviamente "scientifica", può far pensare a una presenza agente di Panzieri oltre quegli anni, qualora egli non fosse morto. Ma resta il fatto che troppe cose sono cambiate perché queste dispute possano sembrare attuali. Il proletariato di fabbrica, la "classe", ha avuto dure batoste ed è, nelle sue forme piu "classiche", marginalizzato; ma soprattutto, ha lottato per il benessere, e non per il socialismo; la società vede oggi composizioni corporative cui rispondono interessi diversi mediati dalla politica e dai sindacati; la prepotenza dei mezzi di comunicazione di massa ha inverato molte previsioni orwelliane, anche se non nei termini di 1984; e ancora ricordiamo, alla rinfusa, ché c'è solo da scegliere, la distanza tra primi e terzi mondi; la massima internazionalizzazione di un capitale sempre piu finaziario; le nuove tecnologie e la rivoluzione elettronica e computeristica; il fallimento dei movimenti o il loro recupero, e il recupero in primis di quelli giovanili, degli stessi giovani (mai come oggi cosi vecchi e beati); il fallimento perfino di quei leader "terzini" che dei movimenti hanno in vario modo tentato il recupero e la egemonizzazione, nonostante successi piccoli e provvisori sulle loro "avanguardie"; i nostri sventurati anni Settanta; la progressiva distruzione della natura e, sì, l'insieme di cose definibile come "l'atomica'' (l'ipotesi concretissima di "fine del mondo"). Sono tutti elementi di una trasformazione rapida e allora, nei primi Sessanta, imprevedibile. O forse, piu che imprevedibile, di una incomprensibilità e oscurità determinata oltre che da vivaci dati di fatto "positivi" splendidamente analizzati da certo Panzieri, da altri piu sotterranei sui quali non si era capaci di approfondire lo sguardo proprio per il peso della tradizione marxista e partitica, dell'idealismo su "capitale" e ''operai''. Vediamo, per esempio, la tipicissima reazione di Panzieri ad Anders documentata da una lettera a Tronti del 18 dicembre 1962. In essa si riferisce di un incontro-scontro dei Quaderni Rossi con Giinther Anders al centro Go betti di Torino, dopo la pubblicazione di Essere o non essere di Einaudi, incontro organizzato da Renato Solmi. Anders è per Panzieri "quello che sostiene che ormai siamo tutti alienati, 9

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