Linea d'ombra - anno VI - n. 23 - gennaio 1988

DISCUSSIONE di inizio in quella del suffragio universale, perché con il suffragio comincia la democrazia e non perché Kelsen lo ha detto allora. E se Barcellona pensa che "l'affermazione del principio democratico" apre così l'epoca della "dismisura", in quanto eliminazione di ogni soggetto in senso forte (eroico, prometeico ecc.) titolare di un potere normativo, di un sapere ordinante di una misura "universale" generale può avere torto, anche sulle date. Perché non necessariamente deve essere un soggetto il titolare della norma; la norma può esistere, o essere posta, o concordata al di fuori di lui, o di loro; e perché non necessariamentee i soggetti in senso forte sono_ eroici, prometeici. I cafoni che scappavano davanti agli armigeri di Bonifacio di Canossa, poco dopo il mille, dubito che lo facessero per via del suo essere eroico e prometeico, e così anche tutti gli infiniti cafoni che si sono piegati agli eserciti e agli armigeri dei re e ai bracci secolari degli inquisitori. Quella dell'individuo prometeico che produce la norma è una teoria, non un fatto e, in quanto a questo, è, nella forma citata, una teoria recente. Per concludere. Non è esistita nel passato un'età dell'oro della totalità, della comunità, della fede. Anche nelle epoche in cui erano più diffusi i valori tradizionali, lo erano sempre in classi, aree e periodi assai frammentati. Si ricordi il Peasants intrJFrenchmen di Eugen Weber, e l'interà opera di Puesch. È esistito invece, ed è stato dominante_ nella cultura del novecento, il totalitarismo. Ogni nostalgia della totalità rischia perciò di presentarsi come nostalgia del totalitarismo, e richiede una esplicita considerazione degli autori che ne furono i profeti e qualche volta i ministri. Si legga una recente (ultima, per ora, in italiano) raccolta di scritti di Cari Schmitt, che anche nella prefazione illustra bene il facile passaggio tra totalità e totalitarismo. Non ci sembra quella la strada d'uscita dai problemi dello stato di cose presenti. Ma allora come si comincia? Per esempio studiando e accettando la pluralità senza rinunciare a cambiarla, anche se non come soggetti assoluti. È stato pubblicato di recente da Comunità un libro di Luciano Gallino che raccoglie sotto il titolo Della ingovernabilità numerosi saggi su questi problemi pubblicati negli ultimi anni o inediti. Il quadro di riferimento usato, che ha certo un impianto di base funzionalista, ospita però ampiamente la disfunzione e il conflitto, la molteplicità degli schemi di riferimento usati dai vari gruppi o individui o dagli stessi gruppi e individui in differenti occasioni, la possibilità di un'azione razionale, ovviamente limitata dalla materialità del mondo e dalle eredità culturali, ma non evanescente. In sostanza il volume prosegue, certo con minori ambizioni di unità e forza interpretativa, il lavoro dei Kelsen o dei Keynes o dei Myrdal. Non è un libro ottimistico, anzi, a volte, sembra un libro disperato, se l'aggettivo non suona troppo drammatico per un autore così dotato, forse troppo dotato, di senso della misura. Ma al lettore serve per orientarsi un po' meglio. B lioteca Gino Bianco Penso che, se si vuole mutare lo stato di cose presente, non si possa che procedere così, senza correre troppo rapidamente a sintesi o denunce assolute; senza aspettarsi illuminazioni o soluzioni assolute. Non siamo disperati solo per le parol~, che usiamo per parlare de_llasocietà e_~el m?ndo; e non c e parola che possa toglierci dalla cond1Z1one m cm siamo. Meno che mai la totalità. LE LETTERE DI PANZIERI Goffredo Fofi L'importanza della figura e dell'opera di Raniero Panzieri nella storia della sinistra italiana e nella nascita della nuova sinistra, tra gli anni della guerra e i primi anni Sessanta, non è piu da dimostrare; ma sembra ormai riguardare soltanto gli stocici, e i ricordi e le opinioni di intellettuali militanti, o ex tali, di certe generazioni. Gente d'età. Il lavoro di Stefano Merli, curatore prima presso Einaudi e poi presso Marsilio delle opere di Panzieri, e ora, in collaborazione con Lucia Dotti, dell'epistolario (Lettere 1940-1964, Marsilio, pp. 430, L. 55.000), giunge a rinverdire i ricordi, forse anche le polemiche, e a gettare nuova luce sulla personalità e sulle opinioni di uno dei piu appassionati e acuti protagonisti "minoritari" della nostra storia politica. · Tessitore di ricerche e di gruppi, fondatore e direttore dei "Quaderni Rossi" e nel suo lavoro editoriale (documentato da Luca Baranelli ~roprio su "Linea d'ombra") propositore di molte, moltissime cose nuove e importanti della cultura internazionale filosofica ed economica, sociologica e politica degli anni di grandi trasformazioni (fine della guerra fredda, "neocapitalismo") - Panzieri ha scritto bensi relativamente poco e non amava in particolare scrivere lettere. Per questo è ;isultato difficile spiegare, negli anni dei movimenti, le ragioni della sua importanza a chi non avesse avuto la ventura di conoscerlo. Queste Lettere sono una buona occasione per accostarsi a Panzieri, e permettono oltre a ciò di capire forse meglio conflitti e dilemmi di una lunga stagione. Si tratta di una consistente parte di storia della sinistra: il PSI quando era ancora partito del proletariato; poi l'incubazione e vita dei Quaderni rossi, e la fine di questo gruppo-rivista diviso nei due tronconi detti allora dei "sociologi" (rivendicanti la conoscenza della classe e delle sue trasformazioni nell'intervento e nella lunga scadenza) e degli alleati, almeno provvisoriamente divisi in "settari" e "politici". Non mi pare che la generazione dei Quaderni abbia resistito efficacemente alla prova del tempo. I destini dei membri del gruppo non sono forse esemplari, e hanno finito per assomigliare a quelli di molti altri intellettuali, tra università e centri del potere politico, sindacale o partitico ma comunque molto "istituzionale". Piu in ombra e smortini i "sociologi"; mentre sono diventati leader sciaguratamente fa-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==