Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

· L ingue &ialle. Fuoco. Un uomo che attizza soffiando in _unimbuto. E scuro di pelle, ha occhi gialli e lunghi ricci neri. E vestito di panno rosso, ha scarpe dorate con le punte all'insù. Sorride e fa un cenno d'invito con la mano - Avvicinati, non aver paura - è la voce dell'uomo che parlava a casa della vecchia. - lo sono Arrafiebi. Sei ancora spaventato ... La strìa non ti è piaciuta. Le si è spaccato il cuore, vedendoti fuggire. - Dimonius, dimonius malarittus -, si lamentava, eh? -. - Dimonius, signore? -. - Il demonio assume mille forme, per indurre l'uomo in tentazione. Ogni volta è diverso. - La voce è quella del bambino piagnucoloso. - Ogni volta? -. - Appunto. Ma non startene appollaiato lassù. Il fuoco riscalda, e ho cibi e bevande a sazietà - gracchia-. Il demonio è cane bianco, testa di cavallo o culo di bue. O pecora, agnello, capra dorata, o un ciabattino su uno scoglio in mezzo al mare, il vento che sussurra sconcezze alle orecchie, o un bambino coi piedi d'asino. Vieni qua, fammi vedere i piedi -. Luisu guarda i suoi stessi piedi, temendo che un maleficio li tramuti in chissà cosa. Se potesse non respirerebbe, e pensa - La strìa l'ha detto, ci sono uomini cattivi, lei stessa, per esempio, e Giona Porcu e i cavalieri di San Francesco ... altri sono stupidi e incantati, i cercatori di erbaluzza ... e ce n'è buoni, indifesi e pieni di magia, mammai, prete Saddi ... Questo è diverso. È un demonio? Una volta qualcuno ha disegnato un demonio col carbone, pareva una capra e una donna, assieme. No. Diverso da quest'uomo... Ha trattenuto la strìa perché fuggissi, e avrebbe potuto lasciarmi a quelle unghie ... Forse può incenerirmi con un dito, anche ora -. Arrafiebi sorride, annuisce. - Legge i pensieri. .. Sta provando il mio coraggio ... La danza di un demonio, negli occhi di Isaia, mi ha rivelato la strada ... -. - È così, Luì - la voce di mammai, calda, profumata, scura, esce dalle labbra di Arrafiebi. - Smettila, demonio. Zitto! Scenderò da cavallo e ti ascolterò. Mangeremo e berremo, ma parlerai con una voce sola, la tua, se hai una voce tutta tua -. Un coro di grida e risate di dimonius, e urla ... Il cielo si abbassa in convulsioni, la terra trema e le pietre danzano il ballo tondo e la notte sfolgora di luci e canti a tenore come se anche i dimonius del giorno dopo volessero partecipare a quella festa, e il sole. - Ho capito - grida Luisu per farsi sentire in quel baccano. La risata tace, di colpo com'è cominciata. Appaiono dal nulla un tavolo tarlato, tre sedie nere e un camino che protegge il fuoco dal vento. - Scenderò solo se giurerai di non parlare con la voce di mammai -. - D'accordo. Scelgo quest'altra voce -. , - Sì -. Luisu siede coi piedi al fuoco e beve un bicchiere di vino rosso. Arrafiebi gira lentamente uno spiedo e parla: - Giona Porcu era uomo. Cattivo, chiuso, dominato da sogni di ricchezza, e corrotto da vizi che lo rendevano feroce come un cane rabbioso, scesi nel sangue da parte di madre. Forse era pazzo. Ma uomo, non demonio. Un demonio ti ha portato sulla schiena, l'hai chiamato Araj -. Luisu cerca il respiro del cavallo nella pianura silenziosa, e la sua forma, ma oltre il fuoco è buio pesto. Dall'ombra esce una donna. È scalza, i piedi anneriti dal sole. La bocca è rossa. Nasconde gli occhi con le palpebre abbassate e coll'orlo del mantello. - Voglio una tavola imbandita con tovaglie di batista ricamate e piatti di porcellana - ordina, la voce è un 81 liotecaGino Bianco STORIE/ATZENI canto sommesso - e fiori di tutti i colori in caraffe bianche, e alberi verdi carichi di limoni, e una fontana che abbia sul fondo un mosaico di cigni e principesse e al centro uno zampillo alto come Luisu, e una voliera gialla con un corcoro giapponese, una mattina di primavera senza vento, e che dalle guance e dalle mani di Luisu spariscano le spine dei cardi -. Mentre parla tutto si avvera, il sole di primavera, la voliera gialla e la tavola imbandita. Quando tace tornano notte e vento, camino e capra sul fuoco. Le spine dei cardi non tornano. Nell'aria profumo di capra che cuoce, di rosmarino e di lardo infuocato che sfrigola in cima a un bastone mosso da Arrafiebi, che spiega. - Anche la strìa è una donna. Voleva ucciderti per prendersi il cavallo e venderlo al mercato. Sperava di ricavarne un buon prezzo. Nasconde il fillindeu avvelenato in una botte piccolissima incuneata fra grandi botti di abardente. Sotto la sua casa c'è una fossa dove ha sotterrato cento e cento viandanti. Li avvelenava per derubarli, ma anche per il gusto di vederli agonizzare. Un tempo viveva in un paese di montagna, e possedeva uno scrigno pieno zeppo di smeraldi, rubini, zaffiri e monete d'oro. Sua madre si è ammalata, aveva bisogno di medicine costose e cibi dispendiosi, brodo di oca e ventresca di tonno. La strìa ha giurato di aver perduto la chiave dello scrigno, e ha detto di non volerlo forzare per amore dell'uomo che gliel'aveva regalato e perché comunque non conteneva che muffa e lettere d'amore. Era zeppo d'oro, l'aveva comprato da un mercante di passaggio e la chiave stava nella tasca di un grembiule nero che portava sempre addosso, notte e giorno. La madre si contorceva sul letto e la strìa la guardava, aspettando paziente che morisse. L'hanno bandita dal paese. È scesa in pianura e ha costruito quel camposanto che chiama osteria. Ma è donna, non demonio -, Arrafiebi allunga un pezzo di capra succulenta. Il bambino addenta e domanda : - Tu eri a casa della strìa. Perché? -. - Prepara intrugli portentosi. Per te è stata una fortuna: ho potuto sfilarle la maschera da santa vecchiarella innocua, intenta al minestrone, con cui cercava di ingannarti -. - D'accordo: Giona Porcu era uomo, la strìa è donna. E voi due? -. - Noi due? - risponde Arrafiebi dispiaciuto e sognante-. In un certo senso, o per modo di dire. Se proprio vuoi saperlo, mi è proibito diventare cavallo e falco, chioccia e maialino, elefante e ... -. - Basta! - interrompe la donna, argento tintinnante. - Non vorrai farci ascoltare il tuo elenco tutto intero! Arrafiebi non può trasformarsi in bestia né in pesce né in insetto, e ha l'abitudine insopportabile di recitare elenchi infiniti di ciò che non sarà mai, per farsi compatire, per rendersi interessante o saprà lui il perché. Eppure può parlare con ogni voce creata e inventarne di nuove, e cambiare naso, età, colore dei capelli, e diventare grasso, untuoso e puzzolente come un mercante, o alto, chiaro, elegante, profumato, barone, lo, che pure ho la vita del gatto, della nube e del fiato sospeso, ho una faccia sola, una voce e sempre questi stessi occhi -. Uno è nero, notte senza luna, l'altro giallo, mezzogiorno d'estate. - Siete diversi uno dall'altra. Potete trasformarvi in bestia e mercante. Ma io non posso diventare lupo né parlare con la voce di mammai, e non ho occhi di cielo. Perché? -. - Perché è tutto buio, ora? Dov'è il fuoco? Arrafiebi? Perché la strìa non aveva occhi? -. - È la mia voce che chiede perché? - pensa Luisu, e si sveglia, aggrappato al sottogola di Araj, che vola sulla pianura. Ha la guancia sulla criniera, come un cuscino. L'aria è fredda, i capelli bagnati dall'umido della notte. Una strada grigia e polverosa continua fino a un orizzonte grigio e polveroso. Si tocca le guance e le mani. Non una spina. 73

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==