SAGGI/BERTI NETTI "In modo sorprendente per noi abituati a sentir parlare di riflusso, la produzione dei drammaturghi inglesi è caratterizzata dal suo stretto legame con la realtà politica e sociale." indovinati colpi di scena. Simili pregi e limiti li ritroviamo nel successivo The Lucky Ones (1982), dove i fortunati del titolo sono quelli che un lavoro ce l'hanno: ma che lo perdono se hanno un minimo di dignità e che comunque non faranno carriera, anche umiliandosi, se non vengono dalle scuole "giuste", dall'ambiente sociale privilegiato. Nella vecchia Inghilterra la struttura di classe è ancora cosi forte che non si può neppure diventare yuppies. Welcome Home, del 1983, ha invece come protagonisti un gruppo di giovani parà al ritorno dalle Falkland. Questa volta il senso di identità, e di professionalità, c'è ed è fortissimo, ma è fornito dall'esercito, dall'esasperazione nazionalistica, con l'aggravante, per alcuni, di voler prolungare in patria la propria dimostrazione di efficienza. Ma di questo testo ci preme soprattutto sottolineare la persuasiva acutezza con cui ci rivela il recupero, da parte delle ultime generazioni, di idee e valori del vecchio mondo che si immaginavano da tempo sconfitti e scomparsi (e questo discorso non riguarda soltanto l'Inghilterra). Doug Lucie (nato nel 1953) sembra invece soprattutto sottolineare l'indifferenza, il vuoto, della sua generazione. I personaggi di Hard Feelings (1982) hanno qualche anno di meno dell'autore, sono colti, di estrazione piccolo-medio borghese, meschini nella loro spregiudicatezza, preoccupati soltanto della loro immagine, del saper corrispondere ai modelli imperanti in un tessuto sociale in cui gli unici valori sono il denaro e la prepotente affermazione di sé. A questi indifferenti, che ricordano i personaggi di certi racconti minimalisti americani, Lucie affianca nel successivo Progress (1984) un buffo stuolo di progressisti sui trent'anni, la cui vuotezza ci appare altrettanto squallida e certo piu colpevole. Doug Lucie ha indubbiamente un sottile fiuto sociologico e una grande padronanza dei meccanismi linguistici e comportamentali attraverso cui emerge l'identikit della sua generazione (un po' come il Moretti di Ecce Bombo); ed è anche un abile costruttore di dialoghi fatti in gran parte di "battute" che gli hanno garantito un clamoroso successo di pubblico (come ancora nel recente Fashion, 1987, la dimostrazione di come la pubblicità sia la vendetta del commercio sulla cultura). Resta il sospetto che Lucie si tenga volutamente un po' in superficie, che non voglia scavare troppo a fondo nelle miserie dei suoi emblematici personaggi. Non è certo stata questa la preoccupazione di Jhon Gaunt, autore e regista di Hoo/igans (1986), uno spettacolo di una violenza angosciosa costruito con intelligente essenzialità (scene ridotte al minimo, musica rock, trovate visive folgoranti nella loro semplicità). Il testo ha qualche caduta, ma nell'insieme le tragicomiche imprese dei tre personaggi fanno emergere tutta la noia, la frustrazione, la povertà di esperienza umana (e quindi la sotterranea carica di violenza) di questi giovani incerti tra ribellione e idiota fierezza nazionalistica. La tensione che si sprigiona nelle concitate, rapide scene dello spettacolo, piene di urla, di sudore e di sputi, trova il suo sfogo imbecille nel teppismo calcistico. Spettacolo terrifi8 blioteca Gino Bianco cante, hanno detto i critici. Certamente, ma ciò che soprattutto è terrificante è la sostanziale normalità della condizione proletaria giovanile che i tre personaggi incarnano. L'altro grande tema della drammaturgia degli anni Ottanta è stato quello antinucleare, a partire dal vasto movimento di protesta contro l'installazione dei missili Cruise e Pershing che ebbe il suo strumento piu efficace (se non altro rispetto ai mass-media) nel "campo della pace" che il movimento delle donne organizzò davanti alla base aerea di Greenham Common. Proprio lì termina Maydays (1983) di David Edgar, un dramma che cerca di tracciare un quadro delle speranze, delle conquiste e delle sconfitte della sinistra attraverso alcuni momenti chiave del dopoguerra (la vittoria laburista nel I945, i fatti d'Ungheria nel 1956, i primi passi del CND, il movimento pacifista britannico, nel 1962, il '68 e la vittoria dei Vietcong nel 1974, l'elezione della Thatcher e le dimostrazioni a Greenham Common). Il testo regge abbastanza bene alle sue enormi ambizioni, in quanto Edgar riesce a evitare abilmente i toni predicatori. Ma non è un caso che gli accenti piu convincenti del dramma vengano dalla scena davanti a Greenham Common, nell'incontro tra una dimostrante e un suo ex-compagno, un sessantottino pentito che ha fatto carriera. Quella antinucleare, sembrava dire Edgar, è una battaglia che si può ancora combattere, che forse, chissà, si può persino vincere. Un diverso aspetto dello stesso problema è invece affrontato da Brenton in The Genius (1983), dove, sull'onda del suo adattamento del Galileo di Brecht, il dibattito sui missili si sposta su quello della responsabilità della scienza. Già l'anno prima Terry Johnson con Insignificance un testo sorretto da una brillante invenzione (tutto si svolge nel 1953in un hotel di New York che ospita Einstein e Marilyn Monroe), aveva fatto qualcosa del genere, scaricando però la responsabilità sui cattivi, CIA e politicanti. Nel dramma di Brenton il ruolo del potere militare e politico (nonché di quello accademico) è altrettanto schiacciante e ricattatorio; ma questo non assolve né pone gli uomini di scienza al di sopra della mischia. Il professore cede ai ricatti e consegna alle autorità la pericolosa formula da lui scoperta, la sua geniale studentessa ne passa una copia ai russi; ma l'ultima scena li vede entrambi davanti a una base militare (forse Greenham Common) in un ambiguo finale che comunque indica nell'opposizione antinucleare l'unica possibilità di riscatto per loro e di tenue speranza per l'umanità. La strada scelta da Edward Bond è stata invece quella di mostrarci l'olocausto nucleare in una trilogia, The War Plays (1985), di grande vigore teatrale e complessità tematica. Muovendosi avanti e indietro nel tempo, tra gli inizi del conflitto atomico e l'era dei sopravvissuti con il tentativo di una piccola comunità di costruire un fragile "mondo nuovo", Bond ci mostra come la disumanizzazione totale che istinto di sopravvivenza e legittima difesa portano con sé non sono altro che il prolungamento dello stato di cose presente, i~ cui per 69
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==