Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

SAGGI/BERTINETII Nelle pagine precedenti una scena da Hooligans. parte anche per i quattro autori piu noti vale un simile discorso e rimane l'impressione di un fervore creativo destinato a bruciare rapidamente le proprie migliori risorse. Per tutti gli anni Sessanta, comunque, questi quattro restarono gli Autori del teatro inglese, anche se Osborne e Wesker già avevano detto quasi tutto ciò che avevano da dire nei testi del decennio precedente. Osborne, da lungo tempo ormai, ha scelto di tacere. Wesker, spesso assorbito dalle sue battaglie culturali generose quanto fragili, ha continuato a scrivere e ancora in questi anni Ottanta ha ottenuto discreti consensi per Caritas, Annie Wobbler e Yardsale, testi inferiori alle loro ambizioni ma ben confezionati, forti di parti da "prima attrice" che hanno loro concesso una certa fortuna scenica. Anche John Arden tace da lungo tempo. Negli ultimi anni ha scritto saggi e testi radiofonici (ma tra questi c'è un bellissimo radiodramma, Pearl, • che, assai curiosamente, è stato dato in versione teatrale dal CUT di Torino): ma la sua è una storia diversa. Dopo essere stato, con Pinter, il piu interessante dei drammaturghi inglesi per l'elaborazione di una forma drammatica originale, che fondeva aspetti del teatro epico con elementi del teatro e della tradizione popolare inglesi, dopo aver ricercato ulteriori forme di sperimentazione in testi pensati per spazi tecnicamente non teatrali, dopo aver saputo affrontare attraverso il filtro della storia e del comico alcuni degli aspetti piu spinosi della vita politica e sociale inglese, Arden, nel 1972, ruppe definitivamente con il teatro ufficiale. Insieme alla moglie Margaretta D' Arcy aveva scritto The !stand of the Mighty, un testo di ampio respiro epico che, prendendo spunto dalla leggenda arturiana, stabiliva un accusatorio parallelo tra l'Inghilterra del sesto secolo ed il ruolo di distruzione e di sopraffazione culturale esercitato dall'Impero britannico nei confronti dei popoli delle colonie. La messinscena, a detta degli autori, tradiva totalmente le loro intenzioni: e quindi d'ora in poi avrebbero lavorato soltanto con gruppi teatrali alternativi, in Irlanda, scrivendo sulla questione irlandese e rivolgendosi ad un pubblico popolare. Dalla loro collaborazione, negli anni Settanta, nacquero tre testi, tra cui quel Non Stop Connolly Show (1975) che rappresenta il loro piu ardito tentativo di inventare un nuovo modo di pensare il fatto teatrale (lo spettacolo, fatto di sei drammi, durava un'intera giornata). Poi ci fu ancora Vanda/eur's Fo/ly, nel 1978, e dopo, purtroppo, soltanto il silenzio. Per quanto riguarda Pinter basti qui dire che la sua pro0 duzione negli ultimi tempi è andata sempre piu rarefacendosi: negli anni Ottanta ci ha distillato pochi testi, scritti con la sapienza linguistica che ne ha fatto uno dei maggiori drammaturghi contemporanei, e concentrati nel tempo breve dell'atto unico (anche in questo simile a Beckett, modello riconosciuto e indiscusso, la cui influenza su Pinter, o almeno sul primo e migliore Pinter, è molto maggiore di quanto generalmente si creda). Altri, dunque, sono stati i protagonisti della scena in- ~ bliotecaGino Bianco glese di questo decennio. Innanzitutto i due piu importanti drammaturghi affermatisi negli anni Sessanta, Tom Stoppard (un autore piu abile che profondo, formidabile costruttore di battute esilaranti e intelligenti e attento manipolatore del gioco del teatro, come dimostra quel The Real Thing visto di recente anche in Italia) ed Edward Bond, quello di Saved e delle battaglie per l'abolizione della censura, il "writer in residence" delle due maggiori istituzioni teatrali, il National Theatre e la Royal Shakespeare Company, e al tempo stesso lo scrittore impegnato mai disposto a scendere a compromessi, l'autore che da vent'anni, nella teoria e nella pratica, ha cercato di adattare ai nostri tempi e al suo paese la lezione di Brecht. E, accanto a loro due, quei drammaturghi emersi dall'esperienza del "teatro alternativo", Brenton, Hare, Edgar, Barker, gli autori il cui apprendistato, paradossalmente, ebbe luogo all'interno dell'unica, fecondissima esperienza teatrale inglese del dopoguerra che non poneva l'accento sul testo. Sull'esempio dei gruppi americani come il Living e grazie alla spinta del timido '68 britannico, nel giro di pochissimi anni nacquero in Inghilterra decine di gruppi teatrali portatori di un nuovo modo di fare e concepire il teatro. Erano organizzati su base collettiva, recitavano in sedi non teatrali (dai pub alle sezioni di partito), proponendo spettacoli altri sia per i temi politici affrontati, sia per l'intenzione di attaccare la borghesia attraverso la distruzione della sua "forma teatrale". Per molti gruppi (in particolare quelli agit-prop) contava soprattutto l'agilità dello spettacolo, l'assenza di apparato scenografico, la rapidità con cui intervenire sull'argomento giusto nei luoghi giusti. Per altri contavano soprattutto il lavoro collettivo degli attori, i lunghi periodi di prova, la sperimentazione di nuove forme espressive. In tutti i casi il testo "veniva dopo" e soprattutto, quando c'era, veniva dopo l'autore. Ne nacque un teatro vitale, vivacissimo, aperto a ogni innovazione formale e contenutistica: un immenso laboratorio e luogo di apprendistato da cui poi il teatro ufficiale attinse a piene mani, reclutando attori, registi, tecnici, riprendendo gli spunti inventivi piu riusciti, aprendo le proprie sedi a compagnie alternative disposte a una qualche forma di istituzionalizzazione. Ma la forza della tradizione autorale fu tale che persino un teatro cosi lontano da quello di parola produsse una non piccola schiera di drammaturghi, felicemente costretti a pensare il testo in modo del tutto originale. E anche a questa nuova scrittura teatrale si aprirono le porte del teatro ufficiale, magari con qualche graduale passaggio attraverso le istituzioni piu progressiste, come il Royal Court di Osborne e Arden. Per tutti gli anni Settanta, comunque, il teatro alternativo costitui il punto di riferimento centrale dell'intera scena inglese. E ha continuato ad esserne un elemento importante, sebbene con un peso minore, anche negli anni Ottanta. La svolta risale all'avvento del governo Thatcher nel '79. Neppure in Inghilterra il teatro può sopravvivere senza sovvenzioni. E se già prima la disparità tra i miliardi concessi alle

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