Linea d'ombra - anno V - n. 22 - dicembre 1987

STORIE/CEDERNA che il cane non se n'accorgesse, se no restava inquietissimo e non riusciva più a prendere sonno. Così De Chirico e sua moglie fingevano d'andare a letto anche loro togliendosi le scarpe e dirigendosi ognuno nella propria stanza, dove facevano quei soliti rumori che fa chi si sveste per coricarsi. (Il cane riposava in una stanza intermedia). Quando lo sentivano sbadigliare fragorosamente e di lì a poco russare in pace, sempre con le scarpe in mano e in punta di piedi i due padroni si dirigevano verso la porta d'uscita, ma il cane se n'accorgeva, oppure sentiva che quell'odore familiare stava svanendo, e allora si svegliava in singhiozzi. Questo rituale l'amico lo vide ripetersi anche nove o dieci volte per sera, finché, fattosi tardi, il pittore e sua moglie si svestivano per davvero andando finalmente a dormire. Uno dei pochi animali invece che De Chirico non sopporta è il millepiedi, e lui che, appena può, cerca di risparmiare anche una mosca davanti al millepiedi suda freddo e non rinuncia a sopprimerlo. "Perché sembra della spazzatura che corre, perché non ha forma". Ugualmente detesta anche le ostriche, che non hanno forma neppure loro, e perciò gli ricordano la pittura moderna. Come niente siamo arrivati alla bestia più nera di tutte, ma il gran pittore ne parla con un certo distacco che è fatto di spregio e alterigia insieme. "Dire che la pittura di oggi è decadente è dir poco; è in grave collasso, direi, è caduta nel fango, è in stato di completo disfacimento. È anche una gran truffa internazionale e un caso di flagrante amoralità". E qui un sospiro, un moto impaziente della testa che gli fa oscillare la ciocca bianca a metà della fronte color cera. Quindi egli riprende a parlare affermando che la vera pittura è difficile farla, che bisogna nascerci e possedere un'intelligenza speciale, mentre i pittori d'adesso non hanno né l'intelligenza in genere né quella là in particolare. Non solo, ma non capiscono niente, la pittura non la amano, non vanno mai nei musei, si limitano a guardare certi libri editi in Francia e pieni zeppi di sgorbi orrendi, lì sopra ispirandosi perché sanno che quegli imbrattatele hanno fatto un mucchio di quattrini. Secondo lui però un simile andazzo sta per finire, per mancanza di ossigeno, cioè di danaro. "Picasso? Lo conosco da molti anni, lo stimo, lo considero un fenomeno a parte, ma non lo si può dire un gran pittore. Benché in tutto quello che fa ci sia qualcosa di strano e di misterioso, qualcosa che indiscutibilmente attira. Si oiblioteca Gino Bianco Camilla Cederna in una foto di Vincenzo Cottinelli. direbbe che solo lui abbia la chiave di una camera dove ci sono oggetti che lui solo va a vedere, e poi getta la chiave e amen. L'unica cosa però che non ha mai tentato è un pezzo di vera pittura. Essendo poi qualcosa al di fuori della pittura stessa, non può assolutamente fare scuola ed è per ciò che mi fanno ridere i picassiani, ridere di cuore; ma in nome di Dio cosa possono mai essere i copiatori di qualcuno che in certo modo non c'è?" Quanto a ridere, solleticano la sua ilarità soprattutto i critici d'arte, tutti falsi intellettuali che non hanno mai avuto influenza né sul fatto artistico né su quello commerciale, che non hanno ragione di esistere, a cui la gente non bada assolutamente più. Quando si faceva della vera pittura, secondo de Chirico, i critici non c'erano e tutt'al più Baudelaire che era poeta e scrittore, ogni tanto scriveva qualcosa su un amico pittore. Quando mai un artista migliora o peggiora dopo aver letto gli incoraggiamenti o i vilipendi di un critico? I critici formano ormai una massoneria internazionale, ecco tutto, anche loro detestano la pittura, hanno un vero terrore del quadro dipinto bene ("io ho il dono di irritarli profondamente"), e non dicono mai male invece della pittura sfatta e deforme, perché generalmente temono di farsi dei nemici, mentre a sentire de Chirico, più nemici ha e più lui si diverte. "Se i critici avessero avuto una qualche influenza, avrei dovuto morire di fame almeno dieci volte", prosegue, "perché erano contro i miei quadri metafisici (che essi definivano freddamente cerebrali, e in quel periodo usavano contrappormi Spadini), poi, quando cambiai genere, detestarono anche quello, affermando che erano soltanto i miei quadri metafisici ad avere qualche valore. Questa è la misura della loro sciocchezza, perché un uomo veramente intelligente non può essere ostile a me", e qui il padrone di casa mi guarda accennando quello che potrebbe definirsi un'ombra di sorriso. Siccome invece per la maggior parte gli sono ostili, i critici si sentono a disagio di fronte a lui e appena possono cercano di sfuggirlo. Nessuno comunque è riuscito a scoraggiarlo né a far sì che vendesse un po' meno, e anche adesso lui lavora tutto il giorno, perché quando passa tutta la giornata a dipingere, la sera è fresco come una rosa. Se voglio vedere un quadro che ha finito da una ventina di giorni, appena, eccolo là sopra il divano nella prima sala: una gran natura morta con oggetti d'argento, frutta e una testina dell'Apollo del Belvedere. La difficoltà era di far riflettere nella caffettiera, naturalmente ridotte di proporzioni, tanto l'arancia che la mela, e nella zuppiera invece quel lembo di tovaglia candida. Ottimamente riuscito, non è vero? Continua inoltre a far copie dei suoi quadri, come facevano gli antichi naturalmente, e le fa su commissione, perché si trova sempre gente che si ostina a volere un suo quadro preciso a quello di un'altra epoca, lui allora glielo fa, "e la copia magari è migliore dell'originale per il semplice fatto che io progredisco sempre". A sentire un altro parlare così, probabilmente l'ascoltatore s'irriterebbe. Con de Chirico invece è diverso, perché

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==